Vie per superare la timidezza

Vie per superare la timidezza

Pubblicato da: Categorie: accettazione, Affrontare l’ansia sociale e la timidezza

È importante non colpevolizzarsi per ciò che si fa e per quel che si è: È la timidezza che induce a certi comportamenti e a certi pensieri, non la persona in sé.

Domenico Dell’Osso – Accettando i limiti ci si rende liberi

Così come va tenuto conto che i pensieri non sono la realtà e nemmeno te, sono solo pensieri. La non consapevolezza di cadere nel “tranello” teso dalle paure e dai pensieri disfunzionali, ha il suo peso. Infatti, se hai consapevolezza, hai anche una maggiore possibilità di scelta e quindi di decisione.

Tuttavia s’incontrano delle difficoltà sulla via al cambiamento, non si affronta solo l’inconsapevolezza, ma anche la paura del nuovo, di ciò che, non essendo mai stato vissuto, non si conosce; e poi la paura di fallire: “Sarebbe terribile se fallissi anche in questo”.  La resistenza al cambiamento trova la sua ancora in quei comportamenti e a quelle strategie cognitive di difesa cui si è abituati. Si evita per evitare una sofferenza, per non vivere un’intensa ansia, per liberarsi dalla paura e perché, per l’immediato, l’evitamento cognitivo e comportamentale ha i suoi effetti benefici.  E questi sono i lati positivi dei comportamenti disfunzionali e delle strategie cognitive di difesa; ma hanno il rovescio della medaglia: per evitare certe sofferenze ci si condanna a una sofferenza permanente e subdola, ci si condanna a una vita sociale

La paura di non essere accettati dagli altri

La paura di non essere accettati dagli altri

Pubblicato da: Categorie: accettazione

L’uomo mira a stabilire relazioni, a delineare una propria identità sociale, ad affermare un proprio ruolo all’interno del gruppo cui appartiene o a cui tende ad appartenervi; aspira a trovarsi nella condizione di poter agire in un ambiente aperto, rassicurante e in cui possa godere della fiducia altrui.

Nicoletta Spinelli – la maschera 3 – particolare

Tali scopi implicano il suo impegno per farsi accettare nel gruppo ed evitare di essere rifiutato o escluso dagli altri. Proprio qua sta il problema principale riscontrabile nelle ansie sociali. Nell’interazione relazionale, l’uomo sposta la sua attenzione verso l’interno o verso l’esterno secondo le esigenze che richiedono le situazioni: il suo obiettivo è trasmettere un’immagine positiva di sé. Nelle persone timide il problema non risiede tanto nel voler dare una buona impressione di sé, cosa che appartiene alla normalità, ma nel fatto che dirigono l’attenzione in direzioni auto referenti: verso sé stesse nell’intenzione di monitorare il proprio comportamento e gli stimoli interni per valutarne la congruità e verificare la presenza di minacce provenienti da sé stesse; verso gli stimoli esterni ritenuti minacciosi per l’immagine di sé.  In breve, la loro coscienza sociale si auto focalizza su aspetti rilevanti per il sé e alla ricerca di conferme delle proprie credenze disfunzionali.

Ciò comporta una n

Il desiderio di riscatto sociale nella timidezza

Il desiderio di riscatto sociale nella timidezza

Pubblicato da: Categorie: accettazione, I problemi delle persone timide

In tutte le forme di ansia sociale, e quindi anche nella timidezza, il problema fondamentale è quello di sé rispetto agli altri, di sé nelle relazioni con gli altri, di sé visto dagli altri.

Telemaco Signorini – la sala delle agitate

Non a caso le ansie sociali sussistono proprio soltanto se relative alle relazioni con gli altri. Nell’affermare che l’uomo è un animale sociale, si sottolinea una caratteristica fondamentale, insita nella natura umana, che ha notevole importanza e incidenza nella psiche, nel pensiero e nel comportamento.

Maslow, nella piramide di bisogni umani, indica “amore e bisogni di appartenenza” tra i fattori primari che determinano la motivazione nell’uomo.  Sin dalla nascita, la nostra mente lavora alla formazione della definizione del sé in rapporto agli altri, alla definizione degli altri in qualità di soggetti interagenti, alle qualità di sé in chiave di accettazione e partecipazione sociale. In pratica, costruisce una propria identità sociale. Il bisogno di appartenenza nasce dalla necessità di esigenze fondamentali che l’essere umano sa di non poter soddisfare compiutamente come individuo senza danneggiare, in minima o in grande parte, il proprio equilibrio fisico e/o psichico. Già nella teoria dell’attaccamento si pongono in evidenza alcuni bisogni fondamentali che l’uomo, ha, dalla nascita fino alla morte: la certezza di essere acce

La mindfulness come strategia per affrontare la timidezza – parte quarta

La mindfulness come strategia per affrontare la timidezza – parte quarta

Pubblicato da: Categorie: accettazione, Affrontare l’ansia sociale e la timidezza

ALLA PRIMA PARTE

ALLA SECONDA PARTE

ALLA TERZA PARTE

Quarta Parte In conclusione

Nella psicoterapia cognitivo comportamentale, il ricorso alla mindfulness, si pone l’obiettivo di riuscire ad ottenere un processo di distanziamento critico dagli schemi cognitivi disfunzionali, mediante le tecniche di consapevolezza e accettazione.

Henri Matisse – la gioia di vivere

L’esercizio della meditazione consapevole, aiuta a considerare i propri pensieri, come eventi temporanei dai significati relativi, anziché come rappresentazione esatta della realtà oggettiva o del proprio sé.

Con la meditazione consapevole classica, lo scopo è di ancorarsi al presente, al qui e ora; di instaurare una diversa relazione con le proprie esperienze interiori, accettandole come parti del proprio paesaggio interno e ponendosi in una posizione di astensione dall’agire sulle cause.

Giacché la meditazione è una tecnica finalizzata all’approfondimento dell’attenzione e all’acquisizione di una lucida consapevolezza, le persone timide e stressate, possono apprendere a osservare pensieri, sensazioni, emozioni ed eventi, in modo oggettivo.

Non solo; possono apprenderlo a farlo senza reagire a tali stimoli, acquisendo così, una maggiore capacità d’introspezione e accettazione delle esperienze e

Meditazione consapevole e accettazione – parte seconda

Meditazione consapevole e accettazione – parte seconda

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Nella parte prima ho trattato di due dei tre elementi di base interdipendenti  della  mindfulness  e dell’accettazione.  Oggi tratterò del terzo e di cosa s’intende per meditazione consapevole.

Il restringimento del repertorio comportamentale 

Rene Magritte – scoperta

Così come le credenze disfunzionali sono rigide e prevedono un numero molto ristretto di opzioni interpretative degli eventi e di sé stessi, anche i comportamenti delle persone soggette all’ansia sociale, hanno un repertorio comportamentale molto ristretto.  L’abitudine ad attuare comportamenti evitanti non danno spazio all’apprendimento o all’esercizio di altri modelli di comportamento.  Sia il mancato apprendimento, sia il mancato esercizio, fanno sì che l’insieme dei comportamenti in uso si restringono a pochi modelli che diventano, per il soggetto ansioso, atteggiamenti standard e, in gran parte, automatici.

Ciò è dovuto al fatto che gli individui, soggetti alle varie forme d’ansia sociale, tendono ad attuare quel repertorio dei comportamenti che permette loro di evitare d’incorrere in esperienze di sofferenza. 

Va ricordato e sottolineato che questa tarantella accade perché l’individuo, memore delle esperienze trascorse, durante il processo di previsione degli eventi, associa alle esperienze sofferte, la situazione presente che sta valutando, in questo modo

Meditazione consapevole e accettazione – parte prima

Meditazione consapevole e accettazione – parte prima

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Con quest’articolo e con quello che seguirà, tratterò di acceptance e mindfulness, nuove tecniche psicoterapeutiche emerse, da qualche decennio, all’interno della psicologia cognitiva.

Questi modelli, pur partendo dagli assunti teorici di base della terapia cognitiva, concentrano l’attenzione terapeutica non sui contenuti espressi da credenze e pensieri automatici, bensì ai processi mentali, ponendo l’accento sulla libertà di scelta e il perseguimento degli obiettivi personali.

Si fondano su tre elementi di base strettamente collegati tra loro: la relazione con le proprie esperienze interne, l’evitamento esperienziale, il restringimento del repertorio comportamentale.

La relazione con le proprie esperienze interne

René Magritte – presenza della mente

Un fenomeno piuttosto tipico che ciascuno di noi sperimenta nella propria vita, è l’identificazione di sé con i propri pensieri, emozioni, immagini mentali o sensazioni fisiologiche, cioè con l’insieme delle proprie esperienze interiori. Per comprendere meglio questo concetto, basta pensare a quando ci capita di tornare, con la mente, al ricordo di esperienze passate: comportamento ed emozioni sono proiettate in quella dimensione temporale, tale che ne riviviamo la tragicità o la piacevolezza, sul nostro viso può abbozzarsi un sorriso o un’espressione triste.

Il senso e l’importanza dell’accettazione per la timidezza e l’ansia sociale – seconda parte

Il senso e l’importanza dell’accettazione per la timidezza e l’ansia sociale – seconda parte

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SECONDA PARTE

Sia la psicoterapia cognitivo comportamentale di prima e seconda generazione, sia quella di terza generazione, non si dispiegano nella logica del muovere “contro” ma “verso”.  Coloro che hanno vissuto l’esperienza della psicoterapia cognitivo comportamentale avranno notato che non si punta certo alla repressione di idee e comportamenti disfunzionali, ma a verificare la validità o utilità di pensieri e comportamenti o ad apprendere a convivere con i contenuti disagianti decentrandoli e de-identificandosi con le proprie esperienze interne.

Paul Delvaux – il dialogo

Porsi nella logica del muovere “contro”, comporta  un’attività mentale tutta orientata a ciò che si vuole rimuovere e che implica, inevitabilmente, lo stazionamento del pensiero proprio su quanto si vuole abbandonare. In parole povere ci si dà la zappa sui piedi. Infatti, la timidezza, o l’ansia sociale in generale, e con essa i pensieri disfunzionali che la caratterizzano, restano il tema centrale delle proprie attività mentali. Ciò significa che tutto ciò che è disfunzionale (pensieri e comportamenti) resta attivato e operante. Anche di questo fenomeno non si ha consapevolezza.

È importante puntare a una decentralizzazione dei pensieri disfunzionali. Fare, cioè, in modo che i pensieri automatici negativi perdano la