Timidezza e assertività: Il comportamento passivo

Timidezza e assertività: Il comportamento passivo

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Le persone timide e quelle afflitte da altre forme di ansia sociale sono sostanzialmente anassertive. I loro comportamenti dominanti si muovono nell’ottica delle modalità passiva o aggressiva.

Paul Delvaux – il silenzio

Il soggetto passivo antepone i bisogni altrui a quelli propri, pensa soprattutto ad accontentare gli altri piuttosto che sé stesso, anche se ciò gli genera sofferenza e insoddisfazione: in termini transazionali è il tipo “io non sono ok, tu sei ok”.

Egli è interessato non al mondo esterno, ma di sé di fronte al mondo esterno; così come si trova a preoccuparsi non di sé, ma di sé di fronte al problema.

È in questa modalità che si presentano gli effetti peggiori, l’essere sostanzialmente accondiscendenti e quindi, subire la volontà altrui e reprimere la propria, subire l’aggressività degli altri come il dileggio, l’ironia, il bullismo, il diventare soggetti che ricevono consigli da altri che si pongono con un ruolo di superiorità. L’essere passivi abbatte parecchio la propria autostima.

Tuttavia non tutti i comportamenti espressi in modalità passiva sono necessariamente espressione di timidezza o di altre forme di ansia sociale. L’anassertività è molto più diffusa delle forme di disagio sociale, è anche

Il senso e l’importanza dell’accettazione per la timidezza e l’ansia sociale – prima parte

Il senso e l’importanza dell’accettazione per la timidezza e l’ansia sociale – prima parte

Pubblicato da: Categorie: Affrontare l’ansia sociale e la timidezza, autostima

 

PRIMA PARTE

Quest’articolo e quello che segue, nasce da lettere e commenti al blog, nei quali si evince una difficoltà nella comprensione del senso del ricorso all’accettazione. Un mio gentile lettore ha recentemente commentato con questa frase: “come è possibile accettarsi, se la timidezza di per sé è una cosa del tutto negativa?”  Comprendo perfettamente la difficoltà che può provare una persona timida, o comunque soggetto a una qualsiasi forma di ansia sociale, nel considerare l’accettazione come qualcosa di antitetico al desiderio di liberarsi dalla propria condizione limitante. Infatti, tale pratica è di difficile attuazione, ma non impossibile, per chi vive condizioni di disagio nel mondo delle relazioni umane.

Salvador Dalì – il miele è più dolce del sangue

Per chiarire meglio il senso dell’importanza dell’accettazione, mi sembra opportuno svolgere delle considerazioni secondo due aspetti essenziali, uno è legato all’esperienza della ricerca clinica, l’altro è il senso e il significato dell’accettazione.

Diciamo subito due cose di base:

La non accettazione della propria forma di sofferenza interiore, e in definitiva di sé stessi, è un portato dell’ansia sociale stessa. La condizione dell’essere soggetti all’ansia sociale, alla timidezza, è generata dai pensieri disfunzio
L’accettazione come conquista dell’autostima

L’accettazione come conquista dell’autostima

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Il modo di percepire la propria persona come soggetto sociale in termini di capacità, abilità, amabilità, potenzialità, determina il livello di fiducia che un individuo ha, verso sé stesso.  Egli può operare delle scelte (o non scelte) e attuarne i comportamenti conseguenti, facendo affidamento sulle proprie qualità la cui valutazione è espressa dal grado di autostima.

Dali – nascita di un nuovo mondo

Tuttavia, l’autostima non  esprime necessariamente il valore oggettivo di un individuo, proprio perché questi si affida alla percezione di sé, che è sottoposta a fattori emotivi contingenti o di fondo e, principalmente, alle credenze di base cui fanno riferimento tutte le attività cognitive.

Se le credenze non sono percepite in modo diretto dal livello cosciente, l’autostima è una valutazione dello stato cosciente: essa, in un certo senso, è la sintesi delle credenze di base espresse in termini di valore.

L’autostima rappresenta solo le convinzioni interiori del valore personale ma non la propria oggettività.

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Comunicazione verbale e assertività

Comunicazione verbale e assertività

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Le persone timide, così come accade in tutte le forme di ansia sociale, hanno generalmente scarse abilità nelle comunicazioni verbali. Problemi che i soggetti timidi vivono con notevole disagio che induce, in loro, ad avere comportamenti astensionisti nelle situazioni di gruppo in cui vi sono attività conversative. 

Max Ernst – la prima parola chiara

L’astensione verbale nelle attività discorsive non è, però, l’unico effetto di tale disagio; infatti, l’individuo timido tende a sviluppare disinteresse verso molte tipologie di conversazione e temi di discussione, soprattutto verso gli argomenti leggeri e d’intrattenimento in cui maggiormente si manifesta la difficoltà comunicativa. 

Altro fenomeno indotto è l’estraniazione mentale dal contesto, l’ansioso sociale comincia a macinare pensieri che nulla hanno a che vedere con la discussione in atto, attività tipica delle persone che stanno da sole. 

Insieme al disinteresse talvolta si sviluppa un sentimento di repulsione verso alcune tipologie di conversazione, generalmente, nei confronti delle chiacchierate frivole e su cui, il soggetto timido, costruisce teorie riguardanti il loro scarso valore culturale, la banalità, l’inutilità; a essere oggetto di queste teorie finiscono con l’essere anche le persone coinvolte in queste chiacchierate e considerate superficiali.  Le teorizzazio

Timidezza e autostima

Timidezza e autostima

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Dietro l’autostima c’è il concetto di sé, l’interpretazione che ciascun individuo fa della propria persona. Quest’attività interpretativa è un processo che dura tutta la vita, ma la fase più determinante si verifica nel periodo adolescenziale in cui si ha una più incisiva relazione tra il fattore somatico e quello psicologico, interrelazione che trasforma – attraverso una serie di mutamenti – l’adolescente in uomo/donna.

Lucas Cranach – La fontana della giovinezza

L’adolescente smette di riconoscersi nel bambino/a che è stato/a e si trova proiettato in una diversa percezione della propria identità, sia in termini fisici, sia in quelli psichici.

Se negli adolescenti, la definizione della stima di sé è influenzata, oltre che da fattori derivanti dal sistema cognitivo, anche – come emerge uno studio della dr.ssa Susan Harter – da elementi quali, l’accettazione sociale da parte dei coetanei, l’aspetto fisico, le capacità scolastiche, l’abilità atletica; già nel periodo post adolescenziale e nell’età adulta, l’autostima tende a riferirsi – in particolar modo – alla percezione delle proprie capacità di relazione interpersonale, e abilità operative in determinati campi considerati dal soggetto di particolare importanza.

L’autostima, dunque, esprime la convinzione interiore del val