Che fare con i bimbi timidi? 1
La causa principale della timidezza è l’ambiente familiare ma può anche avere una concausa genetica.
Un bambino che nasce ansioso e cresce in un ambiente familiare assertivo, riesce a superare l’handicap iniziale, così come un bambino che nasce non ansioso ma che cresce in un ambiente non confacente ai suoi bisogni emotivi, sviluppa processi ansiosi.
Ma come si può intervenire quando il bambino è timido?
L’accettazione: il bambino ha bisogno di avvertire uno spirito solidale intorno a sé. Accettatelo per quello che è senza riserve, egli non deve essere l’oggetto delle personali ambizioni, sogni e desideri del genitore. Non si può nemmeno pretendere che si comporti come se fosse un adulto. Bisogna sempre fargli capire che gli si vuole bene a prescindere.
Il disagio va compreso: innanzi tutto va evitata l’ironia e la presa in giro; non vanno sottolineati, anche se in modo scherzoso, gli elementi che caratterizzano la sua timidezza, i disagi, le ansie e le preoccupazioni. Un problema, che per un adulto, è banale o insussistente, per un bambino assume grande importanza, cercare di risolvere la questio con frasi del tipo “è una cosa da niente”, “è una sciocchezza”, serve solo a farlo sentire solo e incompreso, egli ha bisogno di essere rassicurato, aiutato, di avvertire il sostegno dei genitori e la loro comprensione.
Non dire in sua presenza che è timido: quando un bambino sente affermare dai genitori o da altre persone adulte che è timido, si convince che quello è il suo carattere e che tale resterà, ne assume la condizione come caratteristica stabile e di riconoscimento della sua persona, ne ripete i comportamenti in modo sistematico, può anche accadere che ritenendosi timido non faccia più alcun sforzo di socializzazione, utilizzando il suo ritenersi timido come alibi per evitare le situazioni ostiche, non solo, sa che quello è il giudizio che gli altri (e soprattutto i genitori) gli danno, chi ha letto il mio e-book “addio timidezza”, sa quanto incide negativamente, nelle persone timide, l’idea del giudizio altrui. La parola “timido” va bandita dal vocabolario di un genitore.
Queste conseguenze sono ancora più gravi se si pensa che la timidezza infantile può anche essere solo temporanea e scomparire del tutto nel giro di qualche anno o con l’adolescenza. Spesso accade anche che si confonde la naturale e normale ritrosia del bambino, nei confronti degli sconosciuti, come segno di timidezza. Se a dire, in presenza del bambino, che è timido non è il genitore, ma un parente o un estraneo, bisogna intervenire negando con fermezza l’affermazione correggendola con frasi del tipo “no, è solo che ci mette un po’ a scaldarsi”, “non è vero, te ne accorgerai quando si scatena”, “no, è prudente”, “no, è sensibile”. Va evitato anche l’uso di sinonimie, tipo “è molto tranquillo”, “è remissivo”, “ha un carattere chiuso”.
Non forzare: questo è un errore frequente da parte dei genitori. Il bambino non va mai forzato a vivere situazioni per le quali non si sente pronto, né bisogna mai buttarlo nella mischia. Da evitare assolutamente è il volerlo porre al centro dell’attenzione, ponendolo come protagonista di performance di vario genere.
Incoraggiare la socializzazione: buona cosa è favorire dei momenti in cui il bambino si incontri con altri bimbi, anche organizzando delle feste ad hoc. Naturalmente, giacché ci riferiamo a fanciulli timidi, ci vuole gradualità; si può cominciare con un solo amichetto, e poi pian piano, quando si avverte che è pronto, si prova con due o tre bambini. Un altro elemento da tenere in considerazione è la scelta di bambini da affiancargli, è bene che abbiano un’età non superiore perché ciò potrebbe metterlo in difficoltà o in una condizione di sudditanza, che siano amichetti caratterialmente non aggressivi, in breve tranquilli compagni di gioco.