Le persone timide, così come accade in tutte le forme di ansia sociale, hanno generalmente scarse abilità nelle comunicazioni verbali. Problemi che i soggetti timidi vivono con notevole disagio che induce, in loro, ad avere comportamenti astensionisti nelle situazioni di gruppo in cui vi sono attività conversative. 

Max Ernst – la prima parola chiara

L’astensione verbale nelle attività discorsive non è, però, l’unico effetto di tale disagio; infatti, l’individuo timido tende a sviluppare disinteresse verso molte tipologie di conversazione e temi di discussione, soprattutto verso gli argomenti leggeri e d’intrattenimento in cui maggiormente si manifesta la difficoltà comunicativa. 

Altro fenomeno indotto è l’estraniazione mentale dal contesto, l’ansioso sociale comincia a macinare pensieri che nulla hanno a che vedere con la discussione in atto, attività tipica delle persone che stanno da sole. 

Insieme al disinteresse talvolta si sviluppa un sentimento di repulsione verso alcune tipologie di conversazione, generalmente, nei confronti delle chiacchierate frivole e su cui, il soggetto timido, costruisce teorie riguardanti il loro scarso valore culturale, la banalità, l’inutilità; a essere oggetto di queste teorie finiscono con l’essere anche le persone coinvolte in queste chiacchierate e considerate superficiali. 

Le teorizzazioni sulla negatività delle discussioni frivole, sono chiaramente deviazioni cognitive volte a giustificare i personali comportamenti astensionisti, elusivi o evitanti: deviazioni di cui non si ha consapevolezza e, anzi, un tale teorizzare è vissuto e considerato di grande rigore logico o anche morale.

L’inabilità nell’esprimersi può delinearsi in vari modi. Un primo fattore è il mancato apprendimento di modelli di relazione nelle età precedenti l’adolescenza, per assenza di modelli di riferimento all’interno dell’ambiente in cui si è cresciuti. 

Un secondo fattore è la stessa ansia sociale, infatti, i timori che questa produce, inducendo comportamenti di evitamento o elusione, non permette l’esercizio di praticare attività di conversazione, pertanto, si continua a non apprendere modelli di comunicazione verbale e, nello stesso tempo, a non acquisire scioltezza nel linguaggio parlato. Come in tutte le cose, le abilità sociali si acquisiscono facendo esperienza, esercitandone le attività con una buona continuità. Più spesso il mancato apprendimento e l’ansia sociale, concorrono insieme a determinare l’inabilità sociale nella comunicazione verbale.


Non a caso, tantissimi psicologi associano corsi di assertività alla psicoterapia: i cognitivisti comportamentali, ad esempio, associano l’esercizio delle tecniche assertive alla desensibilizzazione sistematica, per tentare di trasferirle poi anche nelle applicazioni dal vivo.

Apprendere tecniche, strategie e modi di conversazione e gestione della comunicazione, può risultare decisamente utile per favorire una ripresa dell’autostima e di conseguenza accrescere anche la motivazione e la determinazione nel percorso di superamento dei fattori invalidanti generati dalle varie forme di ansia sociale.

Infatti, nei corsi di assertività si apprendono tecniche per iniziare o gestire una conversazione, strategie per difendersi da comunicazioni manipolative, per non farsi trovare del tutto impreparati in libere discussioni, negli incontri particolari, ma anche fare critiche o gestire le critiche che si ricevono, ad ammettere il torto senza perdere la faccia, a difendersi dagli attacchi verbali o strumentalizzanti, o anche per trovare quelle energie per esprimere idee e pensieri propri, in barba alle proprie paure. 

La classica definizione sintetica dell’assertività, cioè “esprimere sé stessi nel rispetto degli altri”, descrive da sola, e in modo efficace, il forte portato emotivo, motivazionale e contenutistico di questo costrutto che unisce una filosofia di vita e di pensiero, a modelli di azione pratica nel vivere sociale. 


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