Tra le persone timide e gli ansiosi sociali in generale, circolano diverse metacredenze che riguardano il rimuginìo e la ruminazione. Queste metacredenze conferiscono a tali strategie del pensare sia valore di utilità che di danno.
Ma cosa intendiamo con rimuginìo e ruminazione?
Ambedue sono strategie di auto regolazione cognitiva, attività persistenti di flussi o catene di pensiero che insistono sullo stesso tema e che, nelle ansie sociali o nei disturbi dell’umore, possono durare ore o anche giorni.
Mentre il rimuginìo è rivolto a ciò che potrà accadere di lì a poco, nel futuro, o riguardante giudizi negativi su di sé o sugli altri, la ruminazione è rivolta al passato o al presente.
Ambedue implicano la critica a sé stessi oppure agli altri, sentimenti di inadeguatezza, di fallimento.
Se nel rimuginìo prevalgono la preoccupazione e l’emozioni della paura; nella ruminazione, la tristezza, il rammarico, la non accettazione dei fatti.
In condizioni normali, rimuginìo e ruminazione hanno breve durata e non tendono a ripetersi riguardo agli stessi eventi, così lasciano spazio al problem solving, al superamento dell’esperienza negativa, a vivere il presente. In pratica, possiamo dire che in tali casi la regolazione cognitiva ha successo. Tuttavia, ciò non accade nella timidezza, nelle altre ansie sociali, nelle depressioni.
La differenza tra funzionalità e disfunzionalità di queste strategie di regolazione cognitiva sta, sostanzialmente, nella quantità, cioè nella durata e nella frequenza.
Maggiore è il tempo dedicato a queste attività mentali, maggiore è il livello di disfunzionalità e il danno che la persona procura a sé stessa.
Rimuginìo e ruminazione richiedono un grande dispendio di energie mentali e psichiche.
Ciò perché gli sforzi di attenzione e concentrazione confluiscono tutti in tale attività, perché inducono e sorreggono il coinvolgimento emotivo e gli stati ansiosi, perché mantengono attive, confermano e rafforzano, le credenze disfunzionali di base e secondarie.
Può sembrare una banalità, ma tu prova a fare qualcosa qualitativamente di decente durante le tue attività ruminanti o rimuginanti. Ti accorgerai che non riesci a essere parte attiva di una conversazione, che hai difficoltà a seguire quel che sta dicendo la persona che sta parlando con te, che si trasforma in un improbabile impresa quella di svolgere mansioni lavorative con la qualità che occorre, che il tuo livello di distrazione dal presente è elevatissimo, che non trovi soluzioni ai problemi che ti poni oppure che non ce la fai a porle in essere, che i tuoi ragionamenti trovano delle difficoltà nello svilupparsi, che sei assente rispetto a quel che accade intorno a te. È il segno che non riesci ad avere altre energie psichiche e mentali sufficienti per fare o pensare ad altro all’infuori del rimuginìo o della ruminazione.
Un altro aspetto delle strategie di regolazione cognitiva disfunzionali è che sono sorrette da meta credenze che valutano il ricorrere a esse, in negativo oppure in positivo, o in ambedue i modi, ma sempre in modo rigido.
Le metacredenze positive sullo rimuginìo vertono sul tema dell’utilità; ad esempio: “rimuginare mi aiuta a prepararmi”; “rimuginare mi rende persona più profonda”; “rimuginare mi aiuta a non fare errori”; “se mi concentro sulle cose negative sarò più pronto/a”.
Quelle negative vertono sui temi della incontrollabilità e pericolosità.
Riguardo il primo aspetto, spesso prevale l’idea di una sua natura automatica nel senso che sia fuori dal controllo dello stato cosciente.
In realtà, ruminazione e rimuginìo sono strategie di regolazione cognitiva volontarie, siamo noi a decidere di farlo anche se, a furia di farlo in continuazione, diventa un’attività abitudinaria e, dunque, abbiamo l’impressione che sia un fenomeno automatico. Rimuginìo e ruminazione sono ragionamenti, non pensieri precostituiti.
Il tema della pericolosità emerge soprattutto in merito al danno che la mente possa subire, come ad esempio l’impazzimento.
Le metacognizioni negative riguardanti il rimuginìo e ruminazione producono anche un altro problema che deriva dai tentativi di reprimere o sopprimere tali attività auto regolative.
Si tratta di strategie difensive destinate al fallimento: più si prova a reprimerle, più diventano un chiodo fisso, e ciò va ad alimentare e rafforzare quelle meta convinzioni negative sull’incontrollabilità di rimuginìo e ruminazione, aumenta il senso di impotenza e di incapacità personale, stimola le emozioni dolorose corrispondenti.
In precedenza ho più volte accennato all’auto regolazione cognitiva. Chiarisco che con questa dizione si intende l’agire sulle operazioni mentali, di scegliere se concentrarsi su certi stimoli escludendo altri, di decidere di pensare o no a qualcosa, in pratica, se ricorrere o meno alle proprie capacità mentali. Essa esercita il libero arbitrio, è una scelta, un atto volontario e si esprime indipendentemente dal contenuto dei pensieri cui si dedica.
In un certo senso, è il nostro modo di mettere ordine alle nostre cognizioni in merito agli stimoli che ci pervengono, di valutare le nostre esperienze e trarne insegnamento e indicazioni.
In conclusione possiamo riassumere dicendo che rimuginìo e ruminazione delle persone psicologicamente disagiate hanno alti costi:
- comportano un elevato consumo e dispendio di energie
psichiche e mentali; - impediscono il problem solving;
- non permettono di vivere il momento presente;
- complicano la qualità delle relazioni interpersonali;
- inducono al ritiro sociale;
- permettono e rafforzano la persistenza delle sofferenze
emotive; - favoriscono l’aumento di frequenza e durata di queste stesse
strategie auto regolative; - operano come mantenimento dell’insieme di credenze
disfunzionali; - producono l’insorgenza di problemi di concentrazione e
attenzione; - non producono l’attuazione di soluzioni.