La mente dell’uomo ha la necessità di acquisire cognizioni che lo pongano nella condizione di interpretare la realtà per poter far fronte, con efficacia, alle situazioni che gli si presentano e raggiungere i propri scopi. Costruisce, così, un insieme di modelli che descrivono o definiscono sé stesso, l’altro da sé, cioè le persone, l’ambiente sociale con il quale ha contatto diretto, il mondo inteso sia come consesso sociale, sia come ambiente materiale.
La costruzione di questi modelli, chiamate anche credenze, contempla anche la descrizione del tipo di relazione esistente tra le varie cognizioni acquisite, da cui scaturiscono anche le metacognizioni, cioè le valutazioni sui propri pensieri, la loro sistematizzazione e organizzazione operativa, in breve il modo e lo stile del pensare.
Giacché la funzione primaria è quella di interpretare, nel modo migliore possibile, gli stimoli provenienti dall’esterno o dall’interno, l’aderenza degli schemi cognitivi con la realtà riveste un’importanza fondamentale per le possibilità adattative dell’uomo all’ambiente materiale o sociale in cui vive.
I pensieri non sono, per loro natura, la realtà, ma l’idea della realtà.
Tuttavia, nella piena normalità, l’aderenza delle credenze alla realtà è più o meno soddisfatta, rientra in limiti di tolleranza che permettono un’efficace gestione delle situazioni da affrontare.
Invece, nella timidezza, così come anche in altre forme di ansia sociale, tale aderenza va dall’insufficienza fino all’essere del tutto inesistente. Si determina una discrepanza significativa tra interpretazione e realtà. Ciò significa che il mondo dei pensieri interpretativi si allontana, in modo netto, dal mondo reale.
Ho più volte scritto come la persona timida tende a sopravvalutare o a sottostimare o a fraintendere eventi, situazioni e comportamenti. Allo stesso modo tende anche a esagerare, in negativo, nelle stime previsionali riguardanti gli eventi futuri prossimi.
L’individuo timido, l’ansioso sociale, presenta un sistema cognitivo che lavora su distorsioni interpretative, per cui ciò che ne consegue, è la sua scarsa capacità adattiva.
I processi metacognitivi dei soggetti timidi vertono, spesso, proprio sulla constatazione della discrepanza tra ciò che essi pensano dovrebbe essere, e ciò che è. Tra pensiero e realtà. Tra interpretazione e mondo reale.
La constatazione di discrepanza è fonte dell’insorgenza di fenomeni cognitivi o emotivi: la preoccupazione e la non accettazione del sé e della propria condizione da una parte, la tristezza, il disprezzo, o la paura dall’altra.
Mi sembra opportuno chiarire che, in questa trattazione, la discrepanza tra idea del mondo reale e realtà, riguarda l’uomo come soggetto e/o animale sociale, e la sua interazione con i vari sistemi di relazione nei vari ambiti delle attività umane socializzate (lavoro, studio, amicizie, amori, tempo libero, eccetera).
Quindi, quando parlo di mondi discrepanti, mi riferisco alla discrepanza esistente e constatata dal soggetto ansioso, in relazione a:
- Comportamenti altrui attesi, e quelli effettivamente posti in essere.
- Situazioni ed eventi attesi, e quelle che effettivamente si sono verificate.
- Comportamenti ed eventi che sono stati previsti nei processi elaborativi mentali, e la mancata corrispondenza di tali previsioni con la realtà.
- La mancata corrispondenza tra l’idea di sé desiderata o pensata, e il sé nella vita reale.
- Gli obiettivi e la loro mancata realizzazione.
- Ciò che si vorrebbe essere e ciò che si è nella realtà.
Di fronte alla presa d’atto della discrepanza tra realtà e interpretazione, tra mondo reale e mondo pensato, le persone timide si dispongono con vario atteggiamento.
In alcuni si verifica il disconoscimento del mondo reale e, talvolta, l’assunzione di quello ideale come sorta di scopo che giustifica la mancata adattività: in tal caso vi è la validazione di credenze disfunzionali negative riguardanti gli altri o il mondo sociale.
In altri individui timidi la discrepanza tra ciò che è, e ciò che pensano debba essere, si consuma nella tragica conferma di credenze disfunzionali negative riguardanti il sé.
La cognizione appartiene al dominio della descrizione, è il risultato di un insieme di relazioni tra funzioni di mente e cervello e di relazioni tra tali relazioni; pertanto, essa non è la realtà. Infatti, la cognizione è chiamata a interpretare, o meglio, a descrivere.
Ciò non significa che la cognizione sia destinata a non cogliere e a descriverla la realtà nella sua oggettività con sufficiente approssimazione, anzi, ciò si verifica con una certa frequenza, tant’è che ci permette di interagire efficacemente in tantissime occorrenze della vita quotidiana.
Nella timidezza e nelle altre forme di ansia sociale, però, la distinzione tra cognizione e realtà, non è presa in considerazione nei processi di elaborazione e valutazione. Infatti, nel soggetto timido, e nell’ansioso sociale, l’interpretazione dell’evento viene confuso con il dato reale oggettivo.
Resta comunque il fatto che, nei disagi e nei disturbi sociali, gli eventi delineati dall’interpretazione e quello della realtà, sono mondi discrepanti.