La nostra memoria, sia le nostre elaborazioni dei dati di conoscenza, si manifestano attraverso il pensiero.
Il pensiero non si estrinseca solo nella forma verbale, che sicuramente è la più comune, esso si esprime anche in forma di immagini mentali fisse o dinamiche o in forma di atto di coscienza.
Qualunque sia la forma in cui si esprime, la sua direttività dipende, in massima parte, dal problema di base che insiste nel soggetto, e cioè l’ accettazione, la competenza e il controllo. La sua funzione è, invece, legata sostanzialmente alla gerarchia tra i diversi livelli in cui si colloca il pensiero. Le sue caratteristiche, infine, si determinano in ragione della funzione e della direttività.
I pensieri espressione delle credenze di base, si esprimono in forma sintetica, perentoria, dichiarativa, incondizionata, descrittive delle proprie prerogative, o di quelle degli altri (per esempio, “sono un perdente”, “sono un essere inferiore”, “sono un debole”, “sono stupido”).
Se andiamo ad analizzare i pensieri espressione delle credenze intermedie, vediamo che si esprimono in diverse forme. Ci sono i pensieri regolanti che stabiliscono norme e doveri comportamentali, regole cui bisogna attenersi per operare nel rispetto delle credenze di base (ad esempio, “devo essere il migliore”, “devo fare le cose in modo perfetto”, “non devo contraddire il mio capo”, “devo sempre avere il controllo delle cose”).
Altra forma, espressione delle credenze intermedie, sono i pensieri condizionali, molto simili per i significati contenuti a quelli doverizzanti, hanno però la caratteristica di essere meno sintetici, contengono una condizione e la sua conseguenza, quest’ultima può essere sia riferita all’obiettivo da raggiungere, sia riferita alla non osservazione della condizione preposta. Si tratta di regole da rispettare per evitare che le minacce percepite – di volta in volta – possano tradursi in realtà, per evitare d’incorrere nei giudizi negativi altrui (per esempio, “se non sono amato dagli altri, il mio valore è zero”, “se non faccio le cose come si deve, sono una nullità”, “se non riesco in questo, sono un fallito”).
Sempre all’interno dell’alveo delle credenze intermedie, si muovono anche pensieri che non hanno una sintassi o un’impostazione da canovaccio predefinita, sono idee che si esprime in forma di motto, di leitmotiv, di precetto, di assunzione concettuale come, ad esempio, “non bisogna mai mostrare la propria debolezza”, “chi esprimere emozioni è un debole”, “bisogna guardarsi bene dall’esprimere le proprie idee”, “il mondo è popolato da gente cattiva”, “ se vuoi che una cosa sia ben fatta, falla da te”, “la prima impressione è la chiave per capire la vera natura delle persone”, “Sii modesto, non illudere te stesso”.
In tutte le forme di ansia sociale i pensieri hanno la caratteristica di essere emotivi, così come la forma del ragionamento.
Ci sono pensieri in cui l’emotività non è soltanto una derivazione delle credenze di base, ma è anche un condizionamento derivante da sistemi logico-metodologici che analizzano gli eventi senza tenere nella giusta considerazione l’insieme delle informazioni oggettive.
Pensieri che si formano in virtù di distorsioni cognitive, cioè di interpretazioni alterate dell’evento, della situazione, dagli stimoli interni. Anche se le distorsioni cognitive sono favorite e/o indotte dalle credenze disfunzionali, tuttavia non costituiscono propriamente l’interpretazione dell’evento, ma un sistema interpretativo.
Se andiamo a fare un viaggio nel mondo dei pensieri automatici negativi, notiamo anche qua una certa varietà di tipologie.
Molti di essi sono previsionali, orientati verso il futuro, votati a stabilire in anticipo come andranno a finire le cose in una determinata situazione, che sviluppi potranno avere determinati eventi, come potranno reagire gli altri in risposta a un nostro comportamento, quali saranno le conseguenze di tali esiti. Giacché ci stiamo riferendo alle problematiche dell’ansia sociale, ovviamente, tali pensieri prevedono solo risultati e conseguenze negative. Esempi di pensieri previsionali sono, “capiranno che non sono granché e perderò la faccia e gli amici”, “mi dirà di no”, “si accorgeranno che sono ansioso e penseranno che sono un debole”, “sento che andrà a finire male”, “m’imballerò e farò una gran brutta figura”, “gli altri rideranno di me”, “non riuscirò mai”.
Un altro insieme che si attiva all’interno di pensieri automatici negativi, sono quelli valutativi del sé, orientati a recepire le credenze negative riguardanti sé stessi, e quindi nel ripetere se si hanno le capacità o le abilità nel far fronte agli eventi. Ad esempio sono pensieri del tipo, “non sono alla loro altezza”, “se apro bocca finisce che dico stronzate “, “è meglio che sto zitto”, “non piaccio”, “sono noioso”, “non sono capace di farlo”, “ma dove vado, che sono un fallito”.
I pensieri sono anche produttori di emozioni e, in questa funzione, inducono l’insorgere dell’ansia e la determinazione delle scelte. L’emozione principale che producono è la paura: il timore di essere giudicati negativamente, il timore dell’insuccesso, la paura della paura, il timore di offrire un’immagine negativa di sé, la paura che sia dimostrata la propria inadeguatezza, il timore delle conseguenze.