La timidezza d’azione esprime il timore che i propri comportamenti possano non essere graditi agli altri.

Questa forma di timidezza è riferita all’ipotesi che l’individuo timido assuma il ruolo di operatore attivo nelle relazioni interpersonali, ponendosi da sé al centro dell’attenzione, con la propria iniziativa o partecipazione, in attività sociali che possono anche essere una semplice discussione.

Ciò che preoccupa queste persone timide è che le controparti possano reagire ai loro comportamenti, generando ripercussioni negative.

I timidi d’azione hanno paura di arrecare agli altri, fastidio, offesa, danno, irritazione, contrarietà, disturbo. 
Il timore che provocare queste emozioni o sentimenti ai loro interlocutori è generato, a sua volta, da un secondo livello di preoccupazione che propone, come previsione di reazione, la generazione di conflitti, di essere giudicati negativamente, di provocare perdita di stima nei propri confronti. 
Tali risposte negative provenienti dall’esterno, procurano infine, il timore di restare isolati, emarginati, essere respinti, suscitare la non accettazione della propria persona, precipitare nella solitudine, del crollo delle proprie possibilità di sviluppare relazioni significative e positive, di non aver accesso a livelli gratificanti nelle attività  professionali e lavorative.

La perdita è, dunque, il sentimento che le persone timide d’azione vivono con grande intensità.

Le credenze di base che sottintendono questo tipo di timidezza, afferiscono a convincimenti che vertono sul ritenersi poco amabili, di non suscitare interesse o attrazione, di sentirsi inferiori a vario titolo, di non avere sufficienti competenze nei campi che per essi rivestono notevole importanza sociale.

Al livello di credenze intermedie, i timidi d’azione, sviluppano convincimenti che possono portarli a pensare di non avere diritto a esprimere idee o bisogni propri, che le esigenze altrui abbiano priorità rispetto a quelle personali, che è sconveniente e scortese fare richieste, contraddire l’interlocutore, esercitare una critica, ritengono che idee, sentimenti ed emozioni proprie vadano tenute per sé e non manifestate, pensano che bisogna piacere a tutti ed entrare nelle loro grazie.

In un tal quadro, queste persone timide sviluppano miti come quelli della modestia e dell’obbligo.

Avendo credenze di base e credenze regolanti, come quelle che ho poc’anzi annotato, i comportamenti conseguenti tendono sostanzialmente a essere evitanti e passivi.

L’anassertività è un tratto distintivo del comportamento dei timidi d’azione, caratterizzato dalle forme passive. Essi evitano, nel corso delle conversazioni, di contraddire gli interlocutori, di lasciar emergere disaccordi, formulare precise domande, si astengono dall’avanzare delle richieste, di prendere iniziative che ritengono possano compromettere la natura o la qualità della loro relazione, si esimono dal fare opposizione, non esercitano mai dei rifiuti, sono incapaci di dire “no”. 

Per via della loro tendenza a evitare ogni forma di conflitto, rinunciando ad affermare se stessi e i propri diritti, a porre resistenza verso comportamenti che li danneggiano, subiscono sovente la volontà altrui o i loro soprusi, fino a essere oggetto di atti di bullismo. Ciò nonostante, in pubblico, riescono anche a trovarsi a proprio agio, finché si attengono a quelle che ritengono, debbano essere i loro comportamenti nei confronti degli altri.

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