La timidezza di visibilità è quella che descrive una persona che teme di incorrere nello sguardo degli altri, di apparire, per l’appunto, pubblicamente visibile.
Contrariamente alla timidezza da prestazione dove il soggetto timido si pone, quindi da sé, al centro dell’attenzione, nella timidezza da visibilità l’individuo timido teme tutte quelle azioni che lo fanno sentire come essere posto, da parte degli altri, al centro dell’attenzione.
Chi ha questa caratteristica, ad esempio, non riesce a reggere l’incrocio degli sguardi, ad alzarsi in un ambiente quando gli altri sono seduti, uscire dal treno o dall’autobus quando gli altri non lo fanno, e così via. Queste persone sentono di avere gli occhi del mondo addosso, una platea che ride di lui, che lo giudica dall’alto in basso senza attenuanti e senza rispetto.
Avvertono l’imbarazzo di distinguersi visivamente dagli altri, nel corso del vivere quotidiano, di diventare, contrariamente alla propria volontà, l’oggetto dello sguardo altrui.
Chi vive questa condizione, è una persona che preferisce l’invisibilità, l’anonimato, potersi confondere tra le cose e le persone, sfuggire agli occhi e all’attenzione degli altri.
Coloro che sono afflitti da questo tipo di timidezza, temono di rendere evidente, all’esterno, la propria natura, di apparire deboli, “diversi”, fuori dai ranghi sociali, un’entità estranea che quasi invade spazi e tempi non suoi, temono di incorrere nella valutazione e nel giudizio altrui.
Diversamente dalla timidezza d’azione o da prestazione che prefigurano il soggetto timido come operatore attivo, in questa tipologia, egli è operatore passivo a cui gli altri conferiscono un ruolo attivo: egli è, indipendentemente dalla propria volontà. Diventa oggetto dello sguardo altrui non per un’azione che per sua natura è destinata ad avere risalto, ma per un’azione che nel corso normale delle cose non presenta alcun interesse intrinseco.
Nel livello cognitivo inconscio, l’individuo timido teme che, rendendosi visibile agli altri, faccia emergere ciò che egli ritiene di essere in negativo.
Meno cose si fanno in pubblico, maggiore è la possibilità di restare invisibili, perciò i comportamenti indotti da questo tipo di timidezza sono fortemente inibiti, anassertivi, fondamentalmente orientati verso l’inazione e l’evitamento, per molti di essi anche lo stare da soli in luoghi pubblici è fonte di preoccupazione e imbarazzo.
Le credenze di base sono, più o meno, comuni a quelle di altre tipologie di timidezza, infatti, la differenziazione non è dato tanto dalle credenze, quanto dall’orientamento dell’attenzione e all’importanza assegnata ai tipi di eventi, alla propria storia esperienziale.
Le persone caratterizzate dalla timidezza di visibilità non a sono proprio agio nei luoghi pubblici, vi si sentono fuori posto, di essere comunque in difetto, azioni normali come mangiare, alzarsi o sedersi, incrociare lo sguardo delle persone, appaiano cose che non si addicono alla propria persona, in certi casi quasi a non sentirne il diritto.
Si percepiscono diversi e questa loro sentita diversità è vissuta come un fattore che li rende inevitabilmente oggetto dei pensieri e delle valutazioni altrui.
Possono avere sentimenti d’inferiorità, percepirsi nullità, falliti, incapaci sociali.
Accade anche che possano percepire gli altri come soggetti appartenenti a un mondo cinico, superficiale, inclini a valori decadenti, in questi casi, essi vivono la propria diversità come una caratteristica qualitativa che preserva valori di alto profilo. Da qui ne possono anche scaturire sentimenti di superiorità che, però, conducono il soggetto a un’accentuata tendenza all’auto isolamento.