In tutte le forme di ansia sociale, e quindi anche nella timidezza, il problema fondamentale è quello di sé rispetto agli altri, di sé nelle relazioni con gli altri, di sé visto dagli altri.
Non a caso le ansie sociali sussistono proprio soltanto se relative alle relazioni con gli altri.
Nell’affermare che l’uomo è un animale sociale, si sottolinea una caratteristica fondamentale, insita nella natura umana, che ha notevole importanza e incidenza nella psiche, nel pensiero e nel comportamento.
Maslow, nella piramide di bisogni umani, indica “amore e bisogni di appartenenza” tra i fattori primari che determinano la motivazione nell’uomo.
Sin dalla nascita, la nostra mente lavora alla formazione della definizione del sé in rapporto agli altri, alla definizione degli altri in qualità di soggetti interagenti, alle qualità di sé in chiave di accettazione e partecipazione sociale. In pratica, costruisce una propria identità sociale.
Il bisogno di appartenenza nasce dalla necessità di esigenze fondamentali che l’essere umano sa di non poter soddisfare compiutamente come individuo senza danneggiare, in minima o in grande parte, il proprio equilibrio fisico e/o psichico.
Già nella teoria dell’attaccamento si pongono in evidenza alcuni bisogni fondamentali che l’uomo, ha, dalla nascita fino alla morte: la certezza di essere accettato; di essere nutrito sul piano fisico; di essere sorretto sul piano emotivo; di essere confortato se è triste; di essere rassicurato se è spaventato.
Da questo punto di vista, quello dell’appartenenza è un bisogno di sicurezza.
Dato che la coscienza di sé, è anche coscienza della propria limitatezza, il bisogno di appartenenza, nasce anche dalla consapevolezza e dalla necessità di essere parte di un insieme. In tal senso, è anche un bisogno di reciprocità; Procacci definisce l’appartenenza come “la messa in comune, all’interno di un determinato gruppo, di modi di sentire, di pensare e di agire”.
Nelle ansie sociali, il desiderio di riscatto sociale scaturisce da percezioni o timori di non appartenenza, di esclusione o di precaria appartenenza.
Per paradossale che possa sembrare, le persone timide e gli ansiosi sociali, tendono a interpretare le relazioni in termini competitivi, come si evince facilmente dal molte delle loro assunzioni e paure, tipo: avere buona reputazione, dimostrare qualità positive, non sbagliare, non dimostrarsi deboli, non mostrarsi inadeguati.
Ciò perché essi percepiscono gli ambienti sociali da una parte, come luoghi con i quali sentono, o temono, di non sapersi misurare; da un’altra come luoghi a rischio di umiliazione o rifiuto sociale.
Il desiderio di riscatto sociale evidenzia la marcata tendenza a focalizzare l’attenzione delle attività cognitive e metacognitive sul confronto sociale.
In quest’ottica potremmo dire che la formazione dell’identità sociale, nelle persone timide e/o ansiosi sociali, è indirizzata verso l’ottenimento di consenso e approvazione da parte degli altri.
L’inseguire il riscatto sociale è, certamente, la dimostrazione di un desiderio di appartenenza, benché la manifestazione di sogni di grandezza testimonino anche del desiderio di un rango superiore.
Possiamo leggere il desiderio di riscatto sociale anche come aspirazione di liberazione da un’idea negativa del sé che, posta in relazione agli altri, produce limitazione e sofferenza.
In questo quadro, il riscatto sociale coincide anche col bisogno di guadagnare autostima e sicurezza nelle scelte, esigenza che s’inquadra come recupero di competitività sociale.