Quale approccio? – 2
Oggi continuerò col parlare di forme d’approccio da evitare o gestire con cautela e attenzione.
Evitare di sostituirsi ai figli: a volte la fretta o l’idea che il proprio figlio sia impacciato, spinge il genitore a sostituirsi a lui nell’operare delle scelte o nell’esecuzione di compiti di vario genere, o peggio ancora si accompagna il proprio intervento con frasi che trasmettono messaggi di inabilità. Questi tipi di atteggiamenti finiscono con l’essere interpretati come dimostrazione di una presunta incapacità, il bimbo acquisisce insicurezza e può cominciare a comportarsi come se fosse inabile nello svolgere determinate attività.
Quando non è il bambino a chiedere soccorso nelle sue attività e bene lasciarlo fare; in questo modo egli acquisisce autonomia operativa e vive le proprie esperienze senza coinvolgimenti emotivi negativi riguardanti la sua persona.

Pietro Gaudenzi – maternità 2

Autorizzare l’errore: il bambino va educato ad accettare e gestire gli insuccessi; va aiutato a comprendere che gli errori sono possibili e che non per questo diminuisce il proprio valore. In queste situazioni è molto utile raccontargli episodi in cui noi stessi abbiamo commesso degli errori, talvolta si può anche ricorrere a sbagliare volutamente e mostrargli come gestire tali situazioni, in questi casi il genitore viene percepito come un modello da imitare. I rimproveri, soprattutto se accompagnati con frasi veicolanti messaggi di incapacità, procurano sentimenti di umiliazione e di inadeguatezza. Molto meglio spiegare il senso dell’errore e le possibili conseguenze con l’apporto di esempi chiarificatori, senza però ricorrere a frasi che rimandano a sensi di colpa.

Evitare la pedagogia nera: con questa terminologia la dr. Alice Miller definiva le punizioni estreme come ad esempio, quelle corporali o come il chiudere il bambino in luoghi bui o nudi in spazi esterni. Questi comportamenti hanno ripercussioni gravi anche in età adulta; i soggetti che subiscono queste forme di punizione sviluppano comportamenti depressivi o autoritari, tendono a ripetere le stesse azioni subite anche in età adulta e nei confronti della propria prole o dei partner; i bambini possono anche assumere atteggiamenti che riflettono l’immagine di sé, così come viene da loro percepita per mezzo dei comportamenti genitoriali, ad esempio se il messaggio percepito e quello di essere capriccioso, si comporta in tal modo, ciò perché egli ritiene che quella sia la sua identità. Ha molto più senso una punizione che indirizza la sua azione vietando l’uso o azioni che al bimbo piacciono molto, ad esempio l’uso delle PlayStation, del computer, della tv; il bambino è perfettamente in grado di valutare vantaggi e svantaggi, per cui se valuta che un suo comportamento implica un costo alto, penserà bene su quale sia l’atteggiamento più conveniente; in questi casi bisogna anche tener presente che il bimbo deve essere avvertito delle conseguenze cui va incontro in seguito ad un suo comportamento ritenuto sbagliato.
Non infondere sensi di colpa: un comportamento frequente è quello di far leva sul senso di colpa, in questo modo, in realtà, il bambino costruisce un’immagine di sé come di un soggetto negativo, non amabile, non meritevole di attenzione e cura. Si tenga sempre presente che il bambino tende a far coincidere il particolare con il generale, e che nel momento in cui si convince che la sua identità è caratterizzata negativamente, ne assume i comportamenti rispondenti a tale immagine, sviluppando così miti e disfunzioni cognitivi.
Non parlare in “adultese”: spesso si parla ai bambini discorsi in un linguaggio che non possono comprendere, o gli si esprimono principi che appartengono al mondo adulto che non sono in grado di comprendere; gli si parla di impegno, di responsabilità, di sacrificio, di dovere, e quant’altro. Questi tipi di atteggiamenti genitoriali non tengono conto che si ha di fronte un bambino che percepisce il mondo, le cose, gli eventi, in una modalità totalmente diversa da quella adulta e che i concetti astratti sono molto lontani dalla loro capacità di comprensione.
Diamogli la possibilità di fare esperienze: comportamenti protettivi o apprensivi costituiscono una deviazione dell’apprendimento e la formazione convinzioni sulla propria persona in senso negativo. Dall’apprensività dei genitori il bambino apprende i comportamenti ansiosi e li assorbe; dagli atteggiamenti protettivi, il bimbo trae un’immagine di sé come di un soggetto inadeguato e debole. Questi comportamenti genitoriali privano il bambino di modalità di apprendimento che lo rendono indipendente e auto determinante, oltre a generare il manifestarsi di stati ansiosi e carenze comportamentali nelle relazioni sociali.

PARTE VI

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