“Mi bloccherò e farò una figura di merda”, “penseranno che sia una persona stupida”, “se lei/lui mi rifiuta, diventerò lo zimbello del gruppo”, “se esco, incontrerò amici che mi faranno domande indiscrete”, “se passeggio da sola/o, gli altri non penseranno bene di me”, “se sbaglio sarò considerato/a una persona fallita”, “non riuscirò ad aprir bocca”, “avrò gli occhi di tutti puntati addosso”, “sono già che finirà male”.
Esempi di brevi pensieri previsionali. Ogni volta che un ansioso sociale si approccia a vivere una situazione sociale, una prestazione di varia natura, o pensa a qualcosa di sociale da fare nel prossimo futuro, è pervaso da pensieri negativi, il cui contenuto verte sulla predizione di quello che accadrà e delle conseguenze che ne seguiranno.

Elisa Anfuso – Non ti grucciare

Quasi tutti i pensieri previsionali vengono alla mente in modo automatico. Infatti, gran parte di essi, sono già stati pensati innumerevoli volte. Sono tra le forme tipiche dei pensieri automatici negativi.
Talvolta si manifestano nella sola forma d’immagine o di atti di coscienza. Spesso immagini, atti di coscienza e pensiero verbale si presentano insieme a costituire la manifestazione tipica delle previsioni.
Il pensiero previsionale, in sé, è una prerogativa funzionale della nostra mente. Essa, è utile per stimare la validità dei comportamenti che pensiamo di avere, delle scelte che vorremmo fare, di strategie e tattiche che vorremmo attivare, di come può evolversi una situazione. 
È un processo cognitivo che spesso svolgiamo senza neanche rendercene conto, eppure precede ogni nostra decisione.
Il problema è che nelle ansie sociali, quindi anche nelle timidezze, il pensiero previsionale è sempre e sistematicamente negativo; inoltre, non riesce ad andare oltre l’atto immaginato dell’insuccesso. 
Nella normalità, il pensiero previsionale è rapido, non reiterato o lo è scarsamente. È un processo cui la nostra mente non dedica molto tempo, ma nelle ansie sociali può dar vita a una lunga attività rimuginativa. 
E sappiamo bene quanto il rimuginìo incide negativamente sull’umore, sulle emozioni e sui comportamenti delle persone timide.
L’ansioso sociale non fa pensieri previsionali definiti e particolareggiati. Il suo pensiero si ferma nell’immaginare il momento clou dell’avverarsi di ciò che teme. 
Faccio un esempio. Marco evita di approcciare Krizia davanti alla scuola perché teme di fare una brutta figura. La sua mente si ferma alla previsione della brutta figura e le sue immagini mentali sono quelle delle facce dei suoi amici che se la ridono. Il suo pensiero non va oltre quella scena. Il dopo non esiste. Non esiste il The Day After. 
In realtà, anche la scena fissa immaginata è poco chiara, ciò che conta è la semplice idea generica dell’insuccesso, il giudizio negativo degli altri. Infatti, il fatto che gli amici di Marco se la ridono, comporta un loro giudizio negativo.
Perché nell’ansia sociale e nella timidezza il pensiero previsionale è sempre negativo?
La ragione è da rintracciare, in primo luogo, nelle credenze di base sul sé o sugli altri. 
Se una persona timida si considera incapace a districarsi in certe situazioni sociali, quando si trova a valutare se stessa all’interno di un determinato contesto, alle sue possibilità di cavarsela efficacemente, si percepisce come inadeguata e, pertanto, le sue previsioni sulle performance, non potranno che essere negative. L’equazione è molto semplice: se si è incapaci in qualcosa, non si riuscirà a fare quella cosa nel modo giusto.
Va detto che nell’ansia sociale e nella timidezza, l’idea d’inadeguatezza non ha una corrispondenza esatta con la realtà. Le credenze d’incapacità, inabilità o non amabilità, non si formano su un’interpretazione della realtà oggettiva, ma su un’interpretazione emotiva di ciò che si considera reale.
Poi ci sono le metacognizioni, gli stili del pensare che favoriscono il permanere di un indirizzo negativo nelle valutazioni e nelle conclusioni del ragionamento. 
Penso al ricorso alla memoria di esperienze negative passate; alla tendenza a considerare la preoccupazione come attività positiva e, pertanto, a prolungarla indefinitamente nel tempo; al rimuginìo anch’esso protratto nel tempo e ostaggio della fissità temporale del pensiero
previsionale.
La verità è che nel pensiero previsionale giocano un ruolo decisivo un insieme di variabili.
Non si possono ignorare l’impatto emotivo della paura e/o della vergogna e l’ansia che ne accentua l’intensità.
La paura dei giudizi negativi altrui, il timore del  fallimento, la paura del rifiuto sociale, il percepirsi in una condizione di appartenenza sociale precaria, giocano un ruolo fondamentale nella demotivazione che pure favorisce il pensiero previsionale negativo.
Il soggetto timido, e l’ansioso sociale in generale, ha costruito negli anni anche un insieme di assunzioni, regole condizionali, doverizzazioni, motti, slogan, leitmotiv che, a loro volta, incanalano il ragionamento, quindi anche il pensiero previsionale, in direzioni che, in un modo o nell’altro, confermano la validità delle credenze di base.
Il carattere automatico di certi pensieri previsionali hanno origine proprio in quest’insieme di norme comportamentali, credenze e metacognizioni.
 
 
 
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