Preciso subito che per comportamento intendo ciò che si dice e ciò che si fa, le espressioni e le azioni verbali o non verbali direttamente accessibili agli altri. Infatti, ciò che di ciascuno di noi non è accessibile alla conoscenza altrui, è quello che risiede nella nostra mente.

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L’insieme di questi elementi di espressione utilizzati da un individuo, costituisce il suo repertorio comportamentale. 

La capacità di una persona nell’utilizzare, in modo efficace, il proprio repertorio comportamentale determina il suo grado di abilità sociale.

In questa trattazione, ci interessano i comportamenti dell’uomo come soggetto sociale, cioè del suo modo di rapportarsi agli altri, di interagire nei vari ambienti, contesti e situazioni sociali.

Il repertorio dei comportamenti sociali si acquisisce per apprendimento. Cominciamo ad apprenderli già a pochi mesi dalla nascita. Lo facciamo per similitudine, per imitazione, per associazione, ma anche per esplorazione. Ne consolidiamo la conoscenza, l’uso e il loro collegamento a situazioni ed eventi, attraverso l’esercizio, la loro continua ripetizione.

Maggiore è la varietà dei comportamenti conosciuti e utilizzati, maggiore è anche la capacità di interagire in modo funzionale nelle varie situazioni sociali.

È proprio quest’ultimo aspetto che ci permette di notare, nelle persone, la presenza di forme di ansia sociale come la timidezza.

Un ridotto repertorio comportamentale genera, inevitabilmente, una minore capacità di gestione delle relazioni interpersonali, della comunicazione, della scelta delle azioni da porre in essere. Non solo, aumenta la radicalizzazione e l’abitudine d’uso di quella ristretta gamma di comportamenti: è difficile, per chi è abituato a evitare certe situazioni, cominciare di punto in bianco ad affrontarle, non saprebbe nemmeno come fare.

Le cause per le quali una persona timida si ritrova con una ristretta gamma di modelli di comportamento, fondamentalmente, sono: 

  • L’inibizione ansiogena
  • L’errato apprendimento, 
  • Il mancato apprendimento
  • Carenti modelli di comportamento proposti dalle figure di riferimento in età infantile e preadolescenziale, 
  • Avere genitori troppo protettivi o apprensivi, 
  • Scarsa socializzazione, 
  • Il mancato esercizio dell’espressione dei sentimenti.

Questi fattori privano il soggetto timido, o afflitto da altre forme di ansia sociale, di molti modelli comportamentali, e in particolar modo, di quelli assertivi: non a caso avere un carente repertorio di comportamenti equivale a un inadeguato livello di assertività

Negli individui timidi, la penuria di modelli è riscontrabile con l’assenza di atteggiamenti positivi, propositivi, attivi, con la tendenza a non assumere iniziative, e a un agire ispirato alla rinuncia, quali sono, l’evitamento, la fuga, l’elusione, l’estraniazione.

Il comportamento verbale delle persone timide tende, o a un linguaggio sintetico ma inefficace, spesso ambiguo, poco chiaro, facile oggetto di fraintendimenti, oppure in forme eccessivamente logorroiche, con ampio ricorso a fuori tema, o con l’esprimersi a “ruota libera” in modo del tutto scollegato dal tema in discussione. Nelle conversazioni di gruppo, il più delle volte, la verbalità è pressoché assente.

Laddove nell’individuo si manifesta la timidezza o altre forme di ansia sociale, anche la gestualità e la mimica facciale sono molto limitate, caratterizzate da sostanziale immobilità delle espressioni facciali, fisse e tendenti a forme tristi o assenti. Gran parte delle persone timide avvertono notevole imbarazzo nell’incrociare lo sguardo degli altri.

Quello che sostanzialmente manca ai soggetti timidi sono i comportamenti attivi, aperti, che stimolano la conversazione o favoriscono l’instaurazione di rapporti interpersonali, mancano atteggiamenti ed espressioni di segno positivo ma anche la capacità di variare.

Avere a disposizione un repertorio comportamentale ristretto e, per di più, di segno o senso fondamentalmente negativo, significa anche concepire, pensare o valutare gli eventi in chiave pessimistica, segnata dalla tendenza alla rassegnazione per la propria condizione, e ciò favorisce ancora di più il rafforzamento delle credenze disfunzionali da una parte e, dall’altra, l’ulteriore radicamento dei comportamenti disfunzionali favorendo la consuetudine al loro ricorso e rafforzando il loro carattere abitudinario.

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