La timidezza si auto alimenta e auto perpetua e ciò è vero per tutte le forme di ansia sociale.
Il tempo, inteso come sequenza di ripetizione di attivazione delle credenze, dei pensieri automatici negativi , dei comportamenti di difesa (evitamento, elusione, fuga, fuga in avanti, estraniazione), dei sintomi d’ansia, costituisce il fattore di radicamento della timidezza stessa.
La timidezza emerge con l’attivazione delle credenze di base disfunzionali, da queste, parte una sequenza di processi, cognitivi e fisici, a cascata.
Ciascuno dei segmenti di tale processo è causale di quello che segue ma, al tempo stesso, è parte della dinamica che conduce alla sua stessa ripetizione.
Ciò avviene anche per via del fenomeno del rinforzo.
I comportamenti di affrontamento delle situazioni ansiogene messi in atto, producendo un temporaneo alleviamento, o l’evitamento del rischio paventato attraverso i pensieri predittivi, confermano la validità di tutte le premesse cognitive che hanno dato luogo a quegli stessi comportamenti.
Le credenze di base disfunzionali vengono confermate nel loro valore; i sensi e i significati contenuti nelle assunzioni delle credenze intermedie vengono riaffermate; i pensieri automatici negativi sono rinvigoriti nella loro validità e nella loro automaticità; i comportamenti adottati sono ulteriormente radicati nel loro essere prassi operativa.
La ragione di tutto ciò, pur nella sua complessità, è piuttosto semplice, venendo a mancare la possibilità, attraverso l’esperienza sul campo, di poter verificare la validità dei convincimenti interiori e la funzionalità dei comportamenti rispetto agli obiettivi di vita, il sistema cognitivo non è nelle condizioni di invalidare la non oggettività delle informazioni contenute negli schemi cognitivi.
Pertanto, tutto rimane immutato ma, essendoci stato riconferma della validità delle cognizioni preesistenti, queste si radicalizzano ancora di più come informazioni e modelli di riferimento, irrigidiscono ulteriormente i futuri processi mentali di elaborazione, valutazione, previsione e decisione.
In breve negli ansiosi sociali quando si trovano di fronte a situazioni e contingenze ansiogene, la mente attiva lo schema cognitivo collegato al modello situazionale, conseguentemente esse sono pervase dalle emozioni e insorge l’ansia.
A questo punto subentra uno stato di necessità, che è quello dei annullare le emozioni negative, l’ansia sopraggiunta e ripristinare lo stato di quiete che, ovviamente, è relativo; tale bisogno, che ha carattere impellente, determina la scelta comportamentale che consiste nell’evitamento, nell’elusione, nella fuga, nell’estraniazione o nelle fughe in avanti.
Il ripristino dell’apparente stato di quiete produce il processo cognitivo conclusivo che tende a essere automatico; la scomparsa dei fattori di sofferenza, dovuto all’attuazione del comportamento di affrontamento, è interpretato come dimostrazione della validità delle credenze di base, delle assunzioni e delle regole contenute nelle credenze intermedie, e dei pensieri automatici negativi.
Talvolta questo processo cognitivo conclusivo, inizia con pensieri razionalizzanti, la loro funzione è la ricerca delle argomentazioni a sostegno del proprio operato e della giustezza del comportamento che si è posto in essere.
Anche i pensieri razionalizzanti sono funzionali al fenomeno del rinforzo, proprio perché confermano lo schema cognitivo disfunzionale che si è attivato in concomitanza dell’evento.
Per concludere si può rappresentare tutta la dinamica fin qui descritta, nello schema che segue.