PRIMA PARTE
Per raggiungere i propri scopi, fronteggiare gli eventi, comprendere, dare senso e significato agli stimoli che pervengono alla nostra attenzione e ai nostri sensi, la mente umana si organizza formando un archivio di descrizioni e definizioni della realtà.
Si tratta di un processo che inizia sin dalla nascita (alcuni ipotizzano che possa cominciare già nel ventre materno). Si ritiene che i primissimi anni di vita siano sufficienti per la formazione di una struttura di base del sistema cognitivo.
In questo modo la mente archivia, in memoria, dati di conoscenze di base che poi utilizza in tutte le sue attività elaborative per:
- Interpretare e valutare le esperienze, le situazioni, gli eventi, gli stimoli interni, le cose;
- Valutare le risorse disponibili, proprie ed esterne, per gestire al meglio, situazioni e attività;
- Valutare i possibili scenari che possono verificarsi in funzione delle scelte ipotizzate;
- Decidere i comportamenti ritenuti più appropriati per gestire efficacemente le esperienze.
Questi dati di conoscenza, in pratica, sono dei modelli di riferimento interpretativi di sé, degli altri, del mondo. Sono le cosiddette credenze.
Si dispongono a diversi livelli di coscienza e gerarchie che ne caratterizzano le funzioni. Quelle di base sono inconsce.
La formazione delle credenze avviene attraverso le esperienze che l’essere umano vive, sia in modo diretto, sia in modo indiretto. Non si tratta, però, di una semplice registrazione di dati di fatto. La nostra mente descrive, dà senso e significato: con la percezione attraverso i sensi, per mezzo del modo in cui si percepisce e vive emotivamente l’esperienza, in base agli effetti che l’esperienza produce su sé stessi, sugli altri e sull’ambiente.
Ciò significa che un’esperienza vissuta con sofferenza, determina una definizione del sé, degli altri e del mondo, in chiave negativa.
In pratica, una credenza può formarsi come interpretazione emotiva della realtà, come interpretazione della realtà oggettiva. Tali interpretazione della realtà sono soggettive.
Le credenze, come qualsiasi forma d’interpretazione, appartengono al dominio della descrizione, cioè, non sono la realtà, bensì il tentativo di descriverla.
Sulla confusione che si genera tra descrizione e realtà, s’innestano molti dei problemi degli ansiosi sociali.
Maggiore è l’incidenza dell’emotività nell’interpretazione, minore è anche la sua aderenza alla realtà stessa, anzi, è possibile che una credenza non rappresenti affatto il dato reale e può persino delinearsi come descrizione di qualcosa che non esiste ma che è considerata reale.
Si comprenderà quindi che l’influenza esercitata dall’emotività, nella formazione delle credenze, può dar luogo a modelli interpretativi che distorcono la realtà, in maniera anche radicale.
La conseguenza è che le credenze, formatesi in modo viziato, non sono funzionali a una corretta attività elaborativa della mente umana e quindi producono interpretazioni distorte degli stimoli, valutazioni irreali di rischi e vantaggi insiti nelle situazioni, valutazioni disfunzionali dei mezzi disponibili, decisioni non funzionali al fronteggiamento delle situazioni e al raggiungimento degli scopi.
Essendo strutture di memoria, le credenze non sono sempre uguali a sé stesse. Esse si modificano, aggiornano, adeguano continuamente per effetto delle nuove esperienze che intercorrono nella vita di una persona. Ciò significa che una credenza può anche modificarsi in modo radicale rispetto alla sua versione iniziale.
Infatti, le esperienze fungono da fattore validante o invalidante delle ipotesi interpretative memorizzate.
Un’esperienza che è vissuta in modo diverso rispetto a un’analoga precedente, o che generi conseguenze diverse da quelle ricordate, produce una contraddizione tra la realtà vissuta nel momento presente e quella recuperata in memoria.
La mente, così, è indotta ad aggiornare o correggere la precedente ipotesi interpretativa.
Ciò non accade sempre. Molto dipende anche da quanto una determinata credenza sia radicata nella memoria di un individuo.
Un fattore fondamentale, che determina la capacità del sistema cognitivo di adeguare sé stesso in funzione delle nuove esperienze, è la ripetizione.
Più un’esperienza si ripete con analoghi effetti emotivi, e/o con analoghe conseguenze, ed è dunque interpretata allo stesso modo delle volte precedenti, maggiormente la credenza a essa collegata si rafforza e radicalizza.
La ripetizione di un evento che convalida le tesi cognitive preesistenti, costituisce il rinforzo della credenza stessa.
Con il rinforzo, la credenza non subisce un’invalidazione, al contrario, se ne conferma la validità e, pertanto, si radicalizza la sua presenza mnemonica.
Volendo descrivere il fenomeno del rinforzo con una metafora, potremmo immaginare come una continua costruzione di mura concentriche di protezione intorno a un castello che aumenta la sua struttura e capacità difensiva.