SECONDA PARTE 

Una credenza continuamente rinforzata diventa rigida e sempre più resistente al cambiamento. A una maggiore rigidità di una credenza corrisponde una sempre minore aderenza alla realtà e, quindi, a una sua maggiore disfunzionalità.

Paul Klee – Tappeto del ricordo

Un sistema cognitivo che possa fronteggiare gli eventi con efficacia e raggiungere gli scopi, deve necessariamente essere flessibile, capace di adattarsi al mutare delle condizioni, di aggiornarsi e modificarsi, ciò per avere una sempre maggiore capacità di individuare una pluralità d’interpretazioni e soluzioni. Questo è quel che accade nella normalità.

Dato che le credenze di base si formano ben prima dell’adolescenza, l’infante o fanciullo/a si trova ad avere scarse capacità di invalidare la traduzione in chiave negativa delle esperienze che vive.

Ciò perché il cervello non ha ancora raggiunto quel livello di sviluppo che gli permette di sviluppare un pensiero astratto complesso compiuto e un’analisi dialettica degli eventi. In pratica, non è nelle condizioni di potersi difendere dalle cognizioni inadeguate. 

Per una sintetica descrizione delle fasi evolutive del cervello umano nei primi dodici anni di vita ti rinvio al mio articolo “Bambini e timidezza – parte prima”.

Negli apparati cognitivi delle persone afflitte dalle varie forme di ansia sociale, questa elasticità viene a mancare. Le credenze disfunzionali sono rigide e, pertanto, il paniere degli scenari interpretativi è molto contenuto. Tutto ciò impedisce all’ansioso sociale di uscire dalla morsa delle interpretazioni negative e/o deficitarie degli eventi, dei comportamenti, delle risorse disponibili.

Quali possono essere le esperienze vissute negativamente che concorrono alla formazione di credenze disfunzionali? 

Per dare un’idea di massima farò alcuni esempi.

Un bambino/una bambina che subisce frequenti critiche da parte dei genitori tende a sviluppare credenze di base sul sé, improntate a un’idea d’incapacità, di difettosità, d’inabilità. Tende a una bassa autostima di sé.

Un bambino/una bambina le cui qualità o comportamenti sono raffrontate frequentemente con altri suoi pari, tende a costruire credenze incentrate sull’incapacità o difettosità.

Un bambino/una bambina i cui genitori gli si rivolgono sovente con frasi manipolative ha la tendenza a formare credenze su sé non amabile, imperfetto, difettoso, a sviluppare continui sensi di colpa, anche se non ce ne sono le ragioni, ad avere una bassa autostima di sé.

Un bambino/una bambina i cui genitori si comportano in modo iperprotettivo, tendono a sviluppare credenze disfunzionali inerenti l’incapacità e l’inabilità. Anche in questo caso avranno a che fare con sentimenti di bassa autostima. Analogamente accade anche per quei genitori che si sostituiscono ai figli anche nelle decisioni più banali e negano loro forme di autonomia.

Genitori disattenti, poco presenti, con disturbi psichici, con problemi di alcol e droga favoriscono la formazione, nei figli, di credenze negative verso gli altri e il mondo, percepiti come inaffidabili, non credibili, pericolosi. Inoltre possono sviluppare analoghi disturbi psichici.

Genitori anassertivi possono far generare nei figli serie difficoltà nel riconoscimento e nell’espressione delle emozioni, la formazione d’idee d’inferiorità, incapacità, inabilità. Quasi sempre diventano anch’essi anassertivi.

Un bambino/una bambina, oppure un/a adolescente, che abbia acquisito il reagire in modo ansioso agli stimoli, può formare credenze disfunzionali sul sé o sugli altri anche attraverso esperienze vissute negativamente e reiterate fuori dall’ambiente familiare, come ad esempio la scuola.

Ad esempio, chi subisce atti di bullismo, violenze fisiche e altri comportamenti che vive con sofferenza emotiva, vivendo sentimenti d’impotenza o d’impossibilità a reagire efficacemente, rischia di maturare credenze che possono riguardare il sé, in termini d’incapacità, inabilità, non amabilità, oppure riguardanti gli altri in termini d’indisponibilità, chiusura, ostilità.

I rinforzi delle credenze disfunzionali possono verificarsi in una gran quantità di modi. Ad esempio le persone timide, per via dell’inibizione ansiogena, vanno incontro a numerosi insuccessi nelle interazioni sociali ed essendo vissuti come fallimenti di sé come persona, vanno a rinforzare le credenze negative sul sé. 

Molte occasioni di rinforzo delle credenze, si hanno anche attraverso i comportamenti disfunzionali attuati dagli ansiosi sociali stessi. 

Ad esempio, i comportamenti evitanti, in tutte le loro forme, costituiscono la via principale per il rinforzo delle credenze negative. Infatti, il comportamento evitante non offre l’opportunità, all’ansioso sociale, di verificare l’infondatezza totale o parziale delle proprie previsioni negative, l’esageratezza delle proprie preoccupazioni e paure, l’inadeguatezza di propri miti e assunzioni, di scoprire che le proprie impressioni, sensazioni e supposizioni, possono essere del tutto errate.





 

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