L’individuo rimugina quando pensa di avere un problema da risolvere nel futuro. Quando quest’attività cognitiva si protrae nel tempo e acquisisce carattere ossessivo e incontrollabile, diventa disfunzionale.
Il rimuginìo si caratterizza per essere un processo cognitivo che consiste in una continua ripetizione di pensieri e, questi, si esprimono nella forma prevalentemente verbale.
I pensieri del rimuginìo patologico ineriscono all’idea dell’altissima probabilità che si verifichi l’evento temuto, dell’insostenibilità e terribilità di tal evento.
Il rimuginìo è sempre riferito al futuro, diversamente dalla ruminazione che è un processo cognitivo analogo ma che si riferisce al passato o al presente.
Nella timidezza, e nelle altre forme di ansia sociale, questo processo cognitivo implica pensieri negativi sostanzialmente previsionali che si manifestano sotto forma di dialogo interiore.
Negli ansiosi sociali, l’idea di terribilità e catastroficità, che accompagna l’attività rimuginante, suscita l’associazione con l’idea della morte, della fine, della chiusura del sipario, della resa dei conti, il confine oltre il quale c’è il precipizio.
Ciò comporta che non esiste un “the day after”, anzi, data la gravità dell’evento temuto, questo, non è neanche ben chiaro al rimuginatore.
Il rimuginìo è un’attività pensante “contemplativa”, il pensiero si ferma laddove la previsione giunge al verificarsi dell’evento temuto, non c’è un’elaborazione dinamica degli scenari, non c’è uno sviluppo di soluzioni, nemmeno di quelle errate.
In pratica la mente della persona timida si “staziona” sull’esistenza del problema senza andare oltre.
Nella previsione, l’evento temuto risulta essere scarno di dettagli. Durante il rimuginìo, gli ansiosi sociali, non fanno che ripetere, ossessivamente e continuativamente, previsioni negative senza qualificare o definire forme, caratteristiche e modalità degli eventi.
Nella timidezza e nelle altre ansie sociali, il soggetto ha sempre paura che le cose vadano a finire male, senza avere un’idea chiara di cosa accadrebbe se le sue previsioni si avverassero. Anche le sue immagini mentali si presentano come flashes fissi che non vanno oltre l’oggetto del timore.
La mancanza di dettaglio, di definizione, di nitidezza degli elementi costitutivi della previsione, fanno del rimuginìo un’attività ad alta astrattezza che, fermandosi alla contemplazione, risulta essere assolutamente inconcludente rispetto alla soluzione dei problemi.
La natura astratta, fumosa, radicalmente generica del rimuginìo favorisce il restringimento dell’attenzione cioè, la focalizzazione su un ventaglio ristrettissimo di stimoli esterni e interni, e una ridottissima elaborazione di scenari ipotizzabili.
È implicito uno stile cognitivo non analitico.
La tipologia dell’astrazione nel rimuginìo, facendo a meno del dettaglio della nitidezza della previsione, funziona anche come fattore di mantenimento del pensiero rimuginativo.
Ciò perché si verifica un’oggettiva difficoltà di produrre prove che possano invalidare i costrutti che sostengono le previsioni negative.
Per fare un esempio, risulterebbe difficile invalidare il pensiero tipo “fallirò” se, in aggiunta alle credenze disfunzionali attivate, tale previsione non chiarisce nitidi contesti, modi e forme del fallimento.
La fumosità del rimuginìo, lasciando il pensiero a un certo livello d’indeterminazione del dettaglio, impedisce l’elaborazione di scenari alternativi e la ricerca di soluzioni.
Tuttavia, essendo un’attività che si svolge nel presente, cioè quando la minaccia non è attiva e, quindi, non necessita l’attivazione di una risposta di fuga o attacco, gli stati d’ansia non raggiungono livelli particolarmente intensi.
Per questa ragione, diversi studiosi ritengono che il rimuginìo funzioni anche come modalità di evitamento cognitivo. E ciò sembra essere confermato anche da altri fattori: dal fatto che la natura astratta del rimuginìo impedisce anche l’elaborazione emotiva dei dati ansiosi.