Quando una persona si percepisce inadeguata, ha paura.
Dato che alla percezione del sé sottende sempre una credenza, percepirsi inadeguati significa avere credenze del sé che definiscono se stessi come persone inadeguate.
La paura dell’intimità o l’ansia da prestazione, non sfugge a questa legge. Un aspetto problematico di questo timore, che scaturisce dall’interazione sessuale, o dalla comunicazione interpersonale che sconfina nel personale, troppo personale, è che il percepirsi “difettosi”, oltre a essere alimentata da una credenza d’inadeguatezza, alimenta la formazione di una teoria “naif” sulle cause delle proprie difettosità.
Infatti, nella timidezza, come nelle altre forme di ansia sociale, il soggetto tende, e si sforza di farlo, di darsi una spiegazione sulle cause e sulla natura del proprio disagio.
Nel caso della paura dell’intimità, gli ansiosi sociali si trovano a viaggiare su una sorta di doppio binario cognitivo, uno che affonda direttamente nei livelli inconsci e che ha a che fare con le credenze originarie del disagio, l’altro che fa riferimento a processi di pensiero cosciente che sono l’espressione dello sforzo di comprensione.
Coscienza e incoscienza si fronteggiano indicando, generalmente, cause e origini ben distinte, indirizzi metacognitivi e comportamentali all’insegna dell’incertezza e dell’evitamento.
In realtà, tale contrapposizione non determina una contraddizione vera e propria, in effetti, credenza di base e teoria naif sono strettamente correlate: la prima funge da indirizzo del pensiero, la seconda è la concretizzazione di tale indirizzo.
La differenza, tra origine oggettiva e quella derivante dalla teoria naif, segna la distanza esistente tra consapevolezza e inconsapevolezza.
Nell’ansia sociale, il soggetto non è consapevole delle cause oggettive del proprio disagio e la teoria naif che elabora testimonia la sua inconsapevolezza.
Tuttavia, né l’una, né l’altra si avvicina sufficientemente alla realtà del sé oggettivo.
Per paradossale che possa sembrare, nelle ansie sociali, credenza e teoria naif sono, ambedue, da ascrivere nel dominio dell’interpretazione emotiva.
Per chiarire il senso di quanto detto, farò qualche esempio. Poniamo che Alberto ama Chiara. Che lui abbia una credenza di base che lo definisce come una persona incapace a fronteggiare efficacemente situazioni ed eventi. Per via di questa credenza disfunzionale, Alberto, nel tempo, ha sviluppato una forma di ansia sociale che l’ha reso timido nei confronti degli altri, indeciso nei comportamenti, timoroso di non essere accettato.
La sua timidezza si manifesta soprattutto con le donne da cui è intimamente attratto. Nel tempo, notando questa sua difficoltà a relazionarsi con le donne, ha sviluppato una teoria naif che in parte si poggia su miti riguardanti la virilità maschile. Si è convinto di non essere sessualmente normodotato e, quindi, di non essere in grado di soddisfare sessualmente una donna e di essere rifiutato.
Da una credenza generica d’inadeguatezza, Alberto, ha sviluppato una teoria naif sulla propria inadeguatezza.
Ovviamente, quello appena descritto è solo un esempio.
Ritornando al tema della paura dell’intimità, le teorie naif sull’inadeguatezza, collegata a tale timore, possono ruotare su diversi temi: Non conoscenza delle tecniche sessuali, (supporre di) soffrire di orgasmo precoce (nei maschi) o di non essere in grado di raggiungere un orgasmo (nelle donne), essere brutti, deformi, sproporzionati, di non essere amabili.
Nelle ansie sociali, qualunque sia la teoria naif e la credenza di base sottostante, si teme l’intimità perché essa rappresenta l’evento che evidenzia, pone in luce, risalta la personale condizione d’inadeguatezza.
Significa il difetto messo in mostra, essere esposti al giudizio negativo altrui, subire il rifiuto dell’altro/a, passare da una condizione di appartenenza precaria a quella di non appartenenza. Implica rendere ufficiale, pubblico, ciò che si pensa di essere.
Per questa ragione, il timore dell’intimità è paura di un proprio fallimento sia sociale che individuale, della propria presunta nullità, o insignificanza o d’improponibilità.