Le persone timide tentano con sistematicità di nascondere quei tratti caratteriali che, a loro avviso, li rende deboli dinanzi agli altri.
Si tratta di comportamenti di protezione che si riscontrano in tutte le forme di ansia sociale.
Tuttavia, queste strategie di difesa fanno acqua da tutte le parti. Non solo, gli individui timidi, non riescono a nascondere le loro fragilità ma, sovente, le rendono anche più evidenti.
I comportamenti di protezione, che hanno lo scopo di rendere invisibili le fragilità, non hanno la caratteristica di essere di “omissione”, bensì di “copertura”: attuano comportamenti finalizzati a coprire quelle che considerano le loro presunte debolezze personali e finiscono per essere inefficaci, lasciano trasparire l’esistenza di punti di fragilità.
È un po’ come quando si tenta di coprire una scritta con la bomboletta su un muro, con una pennellata di tinta che lascia intravvedere quel che c’era sotto, anche se, talvolta, è in forma di alone.
Spesso, questi comportamenti di copertura risultano persino goffi, spiccatamente forzati, camuffati, innaturali.
Si tenga conto che una comunicazione efficace presuppone una concordanza di significati tra il verbale e non verbale. Una discordanza tra il contenuto verbale e le movenze, gesti, mimiche facciali e titubanze o incertezze della voce, trasmettono una sensazione di falsità.
La timidezza è un disagio sociale di natura cognitiva che induce a focalizzare interpretazioni, pensieri, valutazioni e previsioni sulla propria persona escludendo, da tali processi, il contesto, la variabilità interpretativa e la multi espressività provenienti dal mondo esterno.
In pratica, l’ansioso sociale, nel momento in cui attua i suoi comportamenti di copertura protettiva, non tiene in considerazione la possibilità che le sue strategie possano essere interpretate in senso opposto ai suoi stessi intenti.
Perché si ricorre a tali espedienti?
Le ragioni possono essere diverse. Possiamo, però, affermare che entra in gioco il fondamentale problema dell’accettazione sociale.
Gli esseri umani, per perseguire lo scopo di essere socialmente accettati, benvoluti, riconosciuti del valore del proprio sé, tentano sempre di mostrare le proprie prerogative migliori in modo da trasmettere all’esterno impressioni positive.
Nelle ansie sociali, tale scopo non è dissimile. Solo che la persona timida, piuttosto che mostrare le qualità positive proprie, si preoccupa di più di nascondere quelle che considera espressioni negative del sé.
Anche qui entra in gioco l’antiscopo.
Giacché gli elementi cognitivi che determinano la timidezza sono credenze di base inerenti a una definizione del sé in negativo e riguardanti l’abilità sociale, l’incapacità a gestire situazioni con efficacia, la non attraibilità come persona, i soggetti timidi si percepiscono inadeguati e incapaci a reagire efficacemente agli stimoli esterni.
Percependosi inadeguati, avvertono una forte precarietà della loro appartenenza sociale: per essi apparire all’esterno incapaci, inabili o non attraenti, comporta il rischio dell’esclusione sociale.
La percezione d’inadeguatezza del sé induce l’ansioso sociale ad avvertire anche la nudità interiore. Si sente privo di difese, alla mercé degli altri.
Nei processi mentali inconsci le prerogative positive non sono considerate tali da sovrastare l’onta della negatività espressa dalle personali fragilità. Anzi, a dire il vero, nella mente dell’ansioso sociale spiccano solo le convinzioni sulle proprie presunte inadeguatezze.
La persona timida non accetta le proprie fragilità, le vive come una dannazione, spesso, come un marchio infamante.
Alcune di queste logiche fanno anche parte del repertorio culturale di determinati ambienti sociali.
Molte di queste logiche derivano da miti culturali e/o da precetti familiari, persino veicolati dai media: quante volte si sente affermare il concetto che mostrare la propria fragilità è un segno di debolezza e che la debolezza è una prerogativa negativa e inaccettabile dell’uomo?
È chiaro che se passa questo tipo di messaggio, nella mente e nella cultura dell’ansioso sociale e/o nel gruppo cui egli fa riferimento, la manifestazione delle fragilità personali, per tale persona, equivale a una condanna sociale. In tali condizioni, egli non può che avere paura di esprimere le proprie debolezze.