Essendo un fenomeno di origine cognitiva, la paura non è prodotto dall’evento in sé, ma dall’attribuzione di significato che gli viene conferito e dalla valutazione previsionale di ciò che ne può scaturire. È proprio in questo che possiamo misurare, la differenza tra un ansioso sociale e una persona normale, nell’importanza che l’individuo attribuisce all’evento, indipendentemente dalla sua natura.
Maggiore è l’importanza attribuita al significato dell’evento, maggiore è l’intensità della percezione di pericolo, maggiore è il livello di paura, maggiore è anche l’intensità dell’ansia che ne consegue.
Percepire un pericolo come certo o imminente implica indirizzare l’attenzione cognitiva sulle conseguenze negative delineate dall’attività previsionale.
Nelle varie forme di ansia sociale in cui il fulcro della sofferenza è collegata al mondo delle relazioni con gli altri, i valori primari sono quelli dell’essere ammirati, amati, desiderabili, accettati. Pertanto, gli eventi che assumono grande importanza, nella definizione del livello di rischio, sono quelli in cui entrano in gioco il pericolo del rifiuto, dell’essere ridicolizzati, dell’andare incontro alla disapprovazione altrui, dell’insuccesso, dell’apparire sciocchi, incapaci, deboli, di produrre reazioni negative altrui.
Nella costruzione previsionale sulle conseguenze, nel momento in cui , il pericolo è percepito come nocumento certo, concreto, la perdita e la sofferenza appaiono scontate e certe.
Nella mente di un individuo timido, la previsione di un evento collocato nel futuro, nell’acquisire configurazioni negative, ed esplicandosi nella paura, si verifica una traslazione temporale: il futuro si trasforma nel presente, come se ciò che dovrebbe accadere si stia già verificando.
È a questo punto che subentra l’ansia, attraverso le sue varietà sintomatiche. Questo è lo stato d’animo e la condizione mentale in cui viene a trovarsi un ansioso sociale in generale. Questo tipo di fenomeno è ancora più marcato nelle persone afflitte dalla fobia sociale e ancora più evidente quando ci troviamo di fronte ad un attacco di panico. In questi casi la paura si trasforma in terrore. Ma quest’ultimo aspetto esula dagli obiettivi della nostra trattazione.
Molto spesso nelle persone ansiose, il pericolo non è necessariamente percepito sulla base di elementi oggettivi, cioè può non esistere affatto né un rischio reale, né un rischio ipotetico. In questo caso il pericolo è puramente interno, si costruisce sulla storia esperienziale ed emotiva del soggetto, sulla base di modelli interpretativi di riferimento che possono essere riferite anche alle prerogative proprie della persona stessa. In breve, il pericolo esiste solo nella mente.
Sebbene queste stesse persone, quando non sottoposte a situazioni ansiogene, riconoscano la illogicità delle loro paure, o anche quando abbiano avuto già esperienze dirette, tramite le quali hanno potuto appurare che certi pericoli percepiti, in realtà sono frutto di una loro elucubrazione mentale, nei momenti topici, continuano a vivere l’emozione della paura e l’insorgenza dell’ansia, con la stessa intensità di prima.
Questo ci fa comprendere come il fattore probabilistico, è del tutto ignorato da una persona in preda alla paura, infatti, tutta l’attenzione si sposta sulla probabilità che il pericolo si trasformi in realtà, e dunque ogni altra ipotesi è scartata, anzi, non viene neanche presa in considerazione. Il ragazzo che non si avvicina alla donna amata ha già stabilito che il suo tentativo si risolverebbe in un fallimento, la donna che evita di entrare nella sala comune dell’ostello è certa che sarà giudicata male, l’uomo in procinto di intervenire al congresso si sente già venir meno la voce, la ragazza che fa scena muta sente già di aver perso il suo moroso.
Alla fine l’anticipazione temporale dell’evento, ad opera del processo cognitivo, diventa il presente vissuto del soggetto ansioso: la paura blocca il suo presente reale, materiale, sociale. In un certo senso, l’ansioso sociale si ritrova a vivere in una sorta di dimensione temporale disgiunta da quella comunemente vissuta dagli altri. Il rimuginìo lo riporta nel tempo passato o, per altro senso, trasferisce il passato nel presente. L’evitamento annulla o depaupera drasticamente la vita sociale nel presente. Questi due fattori, il rimuginìo e l’evitamento, sono i comportamenti inevitabili che si attuano in conseguenza della paura. La paura trasferisce il futuro nel presente: solo che questo, sia attraverso l’evitamento, sia attraverso il rimuginìo, sia per mezzo della paura stessa, non è un presente reale, vive e risiede nella mente.