Nella normalità, la preoccupazione è una condizione mentale che scaturisce dalla valutazione di eventi e situazioni da cui possono scaturire possibili minacce.
L’attenzione che ne deriva, è sostanzialmente finalizzata a non trascurare le valutazioni di rischio. Essa non si dilata in tempi elevati e si dissolve nel problem-solving.
La preoccupazione può essere considerata adattiva e costituire un’anticipazione mentale del problem-solving.
Nelle ansie sociali, questa condizione mentale, è un atteggiamento metodico, sistematico, esasperato, fino a generare sintomi ansiogeni, rimugini, ruminazioni e metacognizioni.
La preoccupazione viene dilatata nel tempo, per cui lo stato di tensione e di stress psicologico, giunge a protrarsi anche per lunghi periodi.
L’ansia sociale e la timidezza inducono a una condizione di blocco, per la quale, la mente viene a trovarsi in una condizione di ristagno delle attività cognitive, e queste, sono dominate da una forte concentrazione attentiva sull’oggetto della preoccupazione, e in un modo fissatamente di controllo.
Sovente, non riesce a risolversi nel problem-solving.
La preoccupazione tende a manifestarsi soprattutto in situazioni in cui è difficile attuare comportamenti di fuga come, ad esempio, prove o performance non evitabili, situazioni sociali obbligate, scadenze o altri tipi di situazioni improrogabili.
Il fattore principale che sta dietro alla preoccupazione esagerata è nella valutazione della minaccia. La persona timida valuta la possibilità di rischio, contenuto in un evento o una situazione, come con altissima probabilità che possa verificarsi.
La possibilità non è più un valore ipotetico, ma una quantità che tende alla certezza: possibilità e alta probabilità (o certezza) finiscono con il coincidere.
Nel momento in cui il timido valuta, come altamente probabile o certo, il verificarsi della minaccia, a seguito di una situazione non evitabile, la sua attenzione si concentra sulla necessità di monitoraggio, più o meno permanente.
Questa necessità di controllo si manifesta per mezzo della preoccupazione.
La reiterazione di questo comportamento mentale produce un’abitudine, un modus vivendi, uno stile di risposta alle sollecitazioni.
Quando ciò si verifica, la preoccupazione fa un salto di qualità. Produce meta preoccupazione o, se preferisci, metacognizione.
Ma in cosa consiste la meta preoccupazione?
Si verifica quando l’ansioso sociale o la persona timida sviluppa assunzioni, motti, precetti, incentrati sull’idea stessa della preoccupazione.
Per comprenderci meglio, possiamo rintracciarla in pensieri del tipo:
- Se mi preoccupo, ho più possibilità di controllare la situazione,
- preoccuparmi mi aiuta a sistemare le cose nella mente,
- quando comincio a preoccuparmi di qualcosa, non riesco più a smettere,
- il fatto di preoccuparmi, è un pericolo per la mia persona,
- se non mi preoccupassi, e accadesse ciò che temo, sarebbe colpa mia,
- se mi preoccupo, vuol dire che c’è un pericolo serio in vista,
- preoccuparmi, mi aiuta a cavarmela,
- se non mi preoccupassi, potrebbero accadere brutte cose,
- devo essere vigile, altrimenti chissà cosa può accadere.
Come ho precedentemente accennato, la preoccupazione può costituire un tentativo di problem-solving mentale ma, mentre nella normalità conduce a comportamenti centrati sulla soluzione del problema, nel caso dei soggetti timidi, sfocia nell’attività di monitoraggio.
In questi casi, per altri versi, la preoccupazione può essere considerata una strategia di fronteggiamento, tendente a sostituirsi al comportamento evitante; ma, come abbiamo visto, può produrre, a sua volta, altra preoccupazione.