Chi ha letto il mio libro “Addio timidezza”, sa che l’approccio cognitivo verso la psicoterapia, fa riferimento a una serie di processi mentali di cui il sofferente può non essere immediatamente consapevole, ma ne può acquisire coscienza con l’esercizio. La difficoltà nell’essere consapevoli dei processi mentali disfunzionali, sta nel fatto che essi sono per lo più automatici.
Si tenga presente che i pensieri disfunzionali da correggere sono solo quelli che determinano la sofferenza psicologica.

In via generale, la psicoterapia cognitivo comportamentale, inizialmente, consiste in una seduta settimanale e, tra l’una e l’altra, prevede che il paziente svolga dei compiti, ciò permette di ridurre i tempi di miglioramento.

S. Dalì – disintegrazione della persistenza della memoria

Ma andiamo con ordine: le peculiarità della terapia cognitivo comportamentale possono essere indicate in alcune caratteristiche.

Il ruolo del terapeuta: il suo compito non è quello di stabilire quale sia la natura o l’origine della sofferenza, ma di aiutare il paziente nel suo nuovo percorso di ricerca, comprensione e superamento del disturbo.

Validità scientifica dimostrata: è il tipo di terapia che ha ottenuto i maggiori successi sul campo, e si è potuto anche appurare che previene le ricadute.

Il rapporto paziente terapeuta: essi collaborano della definizione degli obiettivi da raggiungere a breve e a lungo termine, lavorano insieme per l’individuazione della natura dei problemi e nel determinare le strategie più adatte per risolverli. Il terapeuta aiuta il paziente ad apprendere come modificare pensieri e comportamenti disfunzionali che sono alla base della sofferenza.

Orientata verso un approccio concreto: scopo della terapia è di risolvere i problemi concreti come gli stati ansiosi, il miglioramento dell’autostima, l’accrescimento delle abilità sociali per migliorare le relazioni interpersonali, l’eliminazione di abitudini nocive, e così via.

Hic et nunc: la rivisitazione del passato serve solo per comprendere attraverso quali dinamiche si è giunti nella condizione del presente, ma l’obiettivo principale è agire sui disturbi e le dinamiche nel presente. Più che spiegare come si è giunti nella condizione attuale, interessa che il paziente sia in grado di uscire dal pantano in cui si trova.

Maggiore brevità possibile dei tempi: la cognitivo comportamentale è la terapia che permette tempi più brevi rispetto agli altri approcci terapeutici. Quella della durata è la domanda che viene posta più frequentemente dai pazienti e costituisce un problema, perché il mantenere impegno e costanza è l’ostacolo maggiore che s’incontra in qualsiasi tipo di psicoterapia. Ovviamente i tempi della terapia dipendono da diversi fattori quali, ad esempio, la complessità del disturbo psichico, la scelta degli obiettivi da raggiungere, il livello di determinazione e convinzione del paziente, ecc.

Psicoterapia attiva: quello del terapeuta e del paziente, nella terapia cognitivo comportamentale, è un ruolo attivo. Il terapeuta s’impegna nel far apprendere al paziente le conoscenze che si hanno riguardo ai suoi problemi e le soluzioni individuate. Il paziente, per parte sua, tra una seduta e l’altra s’impegna nel mettere in pratica tecniche e strategie apprese per svolgere i compiti stabiliti durante le sedute.

I compiti: questi consistono, in genere, nel ruolo dell’auto osservatore, nel tenere un diario dei comportamenti (ciò che si dice e ciò che si fa) e dei pensieri relativi alle situazioni ansiogene, ad attuare quanto è stato stabilito nelle sedute. Diversi studi effettuati hanno posto in evidenza che, quando i pazienti svolgono i compiti assegnati, raggiungono i risultati positivi in modo più rapido rispetto a coloro che non lo fanno.

Nella psicoterapia un ruolo importante lo giocano alcuni fattori come la capacità di ascolto del terapeuta, la empatia che s’instaura tra psicologo e paziente, la fiducia riposta nel terapeuta e nella stessa psicoterapia, la determinazione e la costanza del paziente.

Le sedute iniziali servono a far conoscenza della persona sofferente e dei suoi problemi. In queste sedute il paziente descrive i suoi patemi e risponde ai quesiti che vengono posti dal terapeuta; se il soggetto ansioso dimentica qualcosa, lo può sempre aggiungere nelle sedute successive senza farsene un problema. Se si ritiene di essere stati fraintesi dal terapeuta, il paziente ha tutto il diritto di chiarire o ripetere quanto ha descritto; bisogna sempre ricordare che, un paziente, ha di fronte a sé una persona che ha la chiara intenzione di conoscerlo, supportarlo e aiutarlo, quindi le sue domande hanno sempre lo scopo di comprendere la natura dei problemi.

Non bisogna aspettarsi dal terapeuta che spieghi i come, i cosa, i quando e i perché. Il suo compito non è quello di svelare l’arcano, ma di aiutare il paziente a trovare le risposte e le soluzioni al suo problema. Molte persone, invece, restano interdetti quando, ad alcune loro domande intese ad una interpretazione del loro disturbo, non si sentono rispondere: il terapeuta non deve dare risposte, queste le deve trovare il paziente. È proprio in questo che la psicoterapia cognitivo comportamentale ha uno dei suoi punti di forza vincenti.

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