Buona parte delle persone afflitte da forme di ansia sociale, come la timidezza, sperimentano il proprio disagio nel relazionarsi agli altri e/o in vari contesti sociali.
Alberto, che si estranea spesso quand’è con gli amici e non prende mai iniziative, ha molte difficoltà quando si tratta di essere coinvolto nelle situazioni organizzate dal gruppo.
Adele, afflitta dall’ansia da prestazione, si trova a disagio anche nei party, convinta com’è di dover apparire sempre perfetta ed efficiente.
Michele, che si sente sempre inferiore agli altri, vive come un pesce fuor d’acqua in gran parte delle situazioni sociali che gli capitano.
Brigida, che si considera socialmente inabile, fa la bella statuina nelle feste, nei ritrovi, ovunque ci siano più di due persone.
Alba, che pensa sempre che fallirà in ciò che ancora deve avvenire, non riesce a instaurare rapporti di amicizia o di coppia.
Andrea, che vive nel disinteresse quasi totale, è ormai completamente privo di argomenti o idee, tanto che appare un imbambolato a ogni domanda, richiesta di pareri o di soluzioni.
Clotilde, che sostiene che esprimere sé stessa in piena libertà sia un proprio diritto, pensa a voce udita anche per strada, la gente la considera pazza e la evita.
La difficoltà che incontrano è quella di non riuscire ad adattarsi nei contesti sociali in cui provano o desiderano interagire.
Ma cos’è l’adattamento sociale?
È l’adozione di comportamenti che favoriscono l’interazione efficace nei contesti e nelle situazioni sociali, che sono funzionali al raggiungimento dei propri scopi, bisogni e necessità.
Diverse sono le cause che possono comportare il mancato adattamento sociale, spesso, è dovuto a una somma di fattori concomitanti.
Molte sono dovute a un insufficiente o mancato apprendimento di abilità sociali; altre cause sono da collegare a mancanza o carenza di assertività; altro fattore primario è prettamente di origine cognitiva e cioè all’attivazione di credenze di base e/o di metacognizioni disfunzionali.
Ad esempio, in molte forme di ansia sociale e nella timidezza, credenze di base relative alla definizione del sé orientate a un’idea d’inadeguatezza possono innescare una sequenza di pensieri automatici negativi che culminano con l’attivazione dell’inibizione ansiogena e conseguenti comportamenti evitanti.
Una meta cognizione orientata alla valutazione che il rimuginìo sia utile per cercare soluzioni ai problemi, pure induce a un continuum di pensieri derivati negativi che sfociano sempre dell’attivazione dell’inibizione ansiogena e nell’evitamento.
Avrete notato che, nella definizione di adattamento sociale, ho utilizzato due concetti ben precisi, “efficacia” e “funzionalità”.
Un comportamento (cioè quel che si dice e ciò che si fa) è efficace e funzionale quando ci permette il raggiungimento dei nostri scopi e/o il soddisfacimento di nostri bisogni e necessità.
Infatti, un comportamento che assolva tali condizioni, può non corrispondere, necessariamente, a un principio di verità.
Del resto, anche ciò che è logico, non sempre conduce a buoni risultati. Così come spesso è più utile una bugia che una verità.
Il comportamento funzionale, così come anche il pensare in modo funzionale, non implica e non comporta il rinnegare sé stessi o la propria cultura, ma solo l’adozione di modalità operative, nella comunicazione e nell’agire, che non producano danno a noi stessi e che, anzi, siano il più possibile a nostro vantaggio.
L’adattamento sociale è, in linea di principio, simile a quello delle specie animali e vegetali rispetto all’ambiente fisico: le specie che non riescono ad adattarsi all’ambiente si estinguono; nei contesti sociali umani, il mancato adattamento determina isolamento, discriminazione, esclusione, solitudine, annichilimento come soggetto sociale.