Ogni persona pensa a sé stessa in funzione dei propri convincimenti profondi che riguardano la definizione del sé, degli altri e del mondo sociale (credenze di base), nonché i criteri di affrontamento sociale e le regole di comportamento (credenze intermedie). 

Frida Kahlo – la colonna spezzata

Queste determinano il modo di percepire la propria persona, pertanto, un individuo si attribuisce un’identità condizionato da tale percezione.

In ogni forma di ansia sociale l’auto assegnazione dell’identità è influenzata da credenze disfunzionali che sono interpretazione emotiva della realtà, in cui le definizioni del sé, sfociano nella negazione di prerogative positive e delineano gradi e campi d’inadeguatezza.

La persona timida è oggetto di credenze che possono riguardare: 

  • L’inabilità nella gestione delle relazioni sociali; 
  • L’incapacità a far fronte, con efficacia, nelle situazioni in cui si è soggetti sociali; 
  • La non amabilità; 
  • Il non essere interessante e/o attraente come persona agli occhi degli altri; 
  • L’essere inferiore ad altri, a vario titolo.

Nell’attribuirsi la propria identità, l’individuo timido subisce il condizionamento della percezione negativa del sé sociale. Egli si assegna valenze negative.

Se l’attribuzione d’identità è un trasferimento di significato, l’assunzione dell’identità rappresenta il riconoscimento di tale significato. L’identità acquisisce i valori che gli sono stati assegnati.

Nel momento in cui l’identità diventa un problema, si fa strada la non accettazione di sé, che si manifesta sotto forma di auto repulsione, autopunizione, esasperata autocritica, negazione di auto compassione e auto comprensione, focalizzazione giudicatrice e condannante sul corpo o sugli aspetti caratteriali, la vergogna di sé sia rispetto a sé stessi sia rispetto agli altri.

Tuttavia, non esiste una corrispondenza automatica tra l’auto assegnazione di una identità negativa e la sua non assunzione. Il sentimento di perdita, le stesse credenze indirizzate verso l’idea di fallimento, di nullità, di bruttezza, possono produrre un’assunzione rassegnata e passiva di un’identità percepita come negativa.

Nonostante ciò, assegnazione e assunzione dell’identità non determinano un processo di accettazione. Anzi, costituiscono un fattore primario nella generazione del conflitto interiore.

L’assunzione di una identità negativa assegnata, che si è costituita sulla base di credenze emotive, si pone come conferma della validità delle credenze disfunzionali che sono all’origine dell’assegnazione d’identità. Al tempo stesso, si pone come riconoscimento del pensiero, come realtà oggettiva.

In pratica, accade che a un pensiero negativo, si assegna la valenza di realtà: pensieri, percezioni, sentori sono assunti come elementi di dimostrazione, a priori, della realtà. I pensieri diventano la realtà.

Le persone timide vivono l’identità che si sono assegnati e che hanno assunto, come qualcosa di ufficiale, e quindi, riconoscibile all’esterno.

La visibilità dell’identità e la sua riconoscibilità costituisce il problema principale di tutti gli  ansiosi sociali in generale.

Vivono con la costante paura che ogni il loro comportamento, ogni movimento, ogni atteggiamento, ogni parola, possa tradire il loro tentativo di nascondere le inadeguatezze che sono convinti di avere. Quei sentirsi stupidi, falliti, incapaci, inferiori, banali, insignificanti, sono tutti lì, lì, per disoffuscarsi, per rendere chiaro al mondo intero, la loro presunta pochezza.  È in questo che si consuma il conflitto generato dall’assunzione dell’identità che ci si è assegnati.

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