Il fantasticare è un’attività creativa piuttosto diffusa nel genere umano. Tuttavia, nelle varie forme di ansia sociale oltre ad essere un esercizio proteso verso il mondo esterno, assume anche la peculiare caratteristica di dirigere l’attenzione verso le percezioni del sé nelle relazioni con gli altri.
Il territorio immaginifico del contesto sociale in cui si svolge la costruzione fantastica è la scena in cui la percezione del sé entra in relazione con il desiderio di essere altro da sé.
In ciò concorre il problema dualistico dell’accettazione di sé stessi, e di sé presso gli altri.
Quando si ha il problema dell’accettazione, l’io che sogniamo di essere, è privo di quelle carenze che riteniamo di avere; è un io che sa muoversi nel mondo delle relazioni, che sa affermarsi, che riscuote successo, stima e apprezzamento; che sa gestire il proprio ruolo sociale, che è abile nel problem-solving, che in certi casi è geniale. È un io attraente, che ha personalità, è l’io ideale che vorremmo essere agli occhi degli altri, tali da essere facilmente oggetto dell’amore altrui, è l’io che viene socialmente accettato.
Il problema dell’accettazione di sé presso gli altri, non comporta, necessariamente, la non accettazione di sé verso sé stessi. In certi casi, il sogno ad occhi aperti, che si muove in questo solco, può anche essere espressione del desiderio di affermare ciò che si è o si ritiene di essere nei contesti sociali. Qui possono entrare in gioco le credenze sugli altri e il problema del controllo.
Se la persona timida desidera essere altro da sé, il problema dell’accettazione implica anche quello della competenza. Tra queste può esservi una relazione concomitante o discendente e, in tal caso, l’una è una derivata dell’altra.
Il sogno ad occhi aperti esprime il desiderio di riscatto sociale.
Alberta, la cui credenza di base è, “non sono bella”, sogna di essere tanto bella, da essere oggetto del desiderio e dell’ammirazione di tutti. Michele, la cui credenza di base “non sono attraente come persona”, sogna i commenti positivi di altri, sulla sua persona e le sue abilità, alla presenza della donna di cui è segretamente innamorato. Sandro, la cui credenza di base è, “sono un fallito”, sogna di essere lo scienziato che salva il mondo dalla catastrofe assoluta, e finisce con l’essere venerato, amato e vezzeggiato. Sara la cui credenza di base è “sono una stupida”, s’immagina con l’uomo che ama, senza blocchi emotivi, sciolta, loquace, sorridente, amabile.
È indubbiamente una fuga dalla realtà di un presente che non si riesce a vivere, una sorta di liberazione, una consolazione per non continuare ad affondare in un magma di pensieri negativi. E pur tuttavia è, al tempo stesso, un presente prigioniero della dimensione mentale, e proprio per questo, ancora una volta non vissuto.
Ciò nonostante penso che l’utilità o il danno, dipendano dalla frequenza con cui si ricorre a tale pratica; dalla durata di ognuno di questi momenti; in quali contesti reali, situazioni o momenti della giornata si svolgono; da quanto si è ansiosi sociali.
Pensare di abbandonare una pratica di punto in bianco può essere deleterio o fallimentare, molto meglio puntare a gestire.
Si può provare, e qui si tratta in un certo senso di sperimentare, con l’associare la pratica del sogno ad occhi aperti, con quella della meditazione consapevole, accoppiandole o alternandole.