Prima Parte
La difficoltà nell’esternare emozioni o sentimenti, a partecipare attivamente nelle conversazioni, a esprimere in modo compiuto principi, concetti, pensieri e idee, è uno dei problemi principali che si riscontra nelle persone timide, e negli ansiosi sociali in generale.
È un problema che può essere causato da diversi fattori che, in molti casi, sono coesistenti.
Hanno tutti un comune denominatore: una o più credenze di base che delineano una definizione del sé come persona incapace, oppure inabile nelle relazioni o nei comportamenti in generale, o anche inferiore agli altri. In breve credenze che rimandano a un’idea d’inadeguatezza della propria persona.
Alberto fa scena muta nelle conversazioni tra amici, al punto che, oramai, in quelle situazioni, la sua mente vaga per conto proprio, fuori da ogni contesto relativo alla discussione in atto.
Marina sente di non avere niente da dire, ne soffre, ma proprio non sa cosa potrebbe dire, e la sua autostima cala sempre di più.
Michele pensa che sono tutti troppo più intelligenti di lui, è convinto che se aprisse bocca direbbe solo cose non all’altezza della situazione.
Raffaella prevede che farebbe la figura della stupida se provasse a dire qualcosa; in fondo teme e sente di essere una persona incapace.
Brigida è ancora più perentoria, il primo pensiero che le viene in mente è che non ci sa fare, e dato che ritiene di non sapersi esprimere, decide di risparmiarsi una brutta figura sicura standosene in silenzio.
Adriano, che è abitualmente silente, si sente spesso dire “parla più forte che non sentiamo”, oppure “fa un po’ di silenzio che parli troppo”, così ci resta male e diventa ancora più silenzioso.
Persone che sentono di avere un mare di problemi. Reagire? Cambiare stile di vita? E come? Non saprebbero neanche da dove cominciare. Avvertono un senso di fallimento dentro di sé, anche se, qualcuno di essi, razionalmente, in fondo, pensa di non essere poi tanto scadente.
E allora perché se nei loro momenti di lucida razionalità sanno di avere delle qualità, poi affondano nella paura del fallimento?
La questione possiamo porla in termini di conflitto tra l’io emotivo e l’io razionale, o meglio, nella contrapposizione tra rappresentazione emotiva della realtà e interpretazione della realtà oggettiva.
Un conflitto nel quale il pensiero, fortemente condizionato dalle emozioni, si sostituisce alla realtà assumendone l’identità. Il pensiero emotivo soppianta la realtà e, nel nome di una verità, che non è più oggettiva, assume il potere instaurando una realtà virtuale, immaginativa: quella della mente.
Un mondo che apre le porte alle emozioni negative della paura, della preoccupazione, del panico, della
tristezza; un mondo che non dà spazio all’idea che possa esistere il concetto di possibilità, preferendo lo spirito del pessimismo, delle previsioni al negativo, delle immagini mentali che vede sé stesso sempre perdente.
tristezza; un mondo che non dà spazio all’idea che possa esistere il concetto di possibilità, preferendo lo spirito del pessimismo, delle previsioni al negativo, delle immagini mentali che vede sé stesso sempre perdente.
Il pensiero stesso diventa sinonimo di realtà, anzi, vi coincide necessariamente. In questo modo si annienta la differenza che esiste tra interpretazione della realtà e mondo reale.