Le persone timide, in genere, sono coscienti di esserlo e provano anche a darsi una spiegazione. Questi tentativi di autoanalisi, poggiano le proprie basi del ragionamento sulla percezione che hanno di sé, dell’altro da sé e sull’interpretazione dei fenomeni di relazione sociale.

Umberto Boccioni – Stato mentale

Di fatto, quest’insieme di valutazioni è vincolato dal livello di consapevolezza della propria condizione che, muovendosi sul piano dello stato di coscienza, coglie solo ciò che affiora e che è la risultante dell’intero processo cognitivo viziato da convincimenti interiori profondi (credenze) disfunzionali.

Il risultato è che attribuiscono le cause dei propri disagi sulla base:

  • Dei ragionamenti figli di distorsioni cognitive;
  • Delle interpretazioni emotive; 
  • Degli effetti della propria condizione;
  • Dei fenomeni psicologici che possono essere considerati cause di livello intermedio e che costituiscono, pertanto, quegli effetti che generano, a loro volta, successivi esiti. Si tratta cioè, di fattori che vanno ad alimentare il circolo vizioso della timidezza, e delle varie forme dell’ansia sociale.

Le attribuzioni, quindi, si spostano su un terreno in cui si confondono causa ed effetto, stato cosciente e stato inconscio, apparenza e realtà, emozione e logica.

In tutto questo processo le credenze di base, che costituiscono il vero punto di partenza dell’ansia sociale, restano sconosciute. Quei pensieri che sono espressione diretta delle credenze di base e che stazionano a livello profondo e quindi inconscio, non entrano in contatto con lo stato cosciente: il soggetto timido non prende consapevolezza dei propri convincimenti profondi e, pertanto, non è in grado di modificarli.

Ma quali sono queste attribuzioni di causa definite dall’ansioso sociale?

In primo luogo derivano dalla percezione di proprie carenze: incapacità, inabilità, inferiorità agli altri, scarso valore della propria persona, incompetenza, scarsa attraibilità, scarsa amabilità, scarsa capacità induttiva dell’interesse altrui. Questi sono casi in cui l’attribuzione di causa coincide con i propri timori e la valutazione negativa delle proprie qualità. Allo stesso tempo essa è anche l’espressione dell’auto colpevolizzazione sistematica che, come sappiamo, è figlia della disfunzionalità cognitiva.  

Nella timidezza, come nelle altre forme dell’ansia sociale, l’attribuzione di causa rivolta verso la percezione di sé stessi, entra prepotentemente nei processi di valutazione e previsione degli eventi e delle azioni. 

In quest’ottica l’attribuzione di significato, soprattutto nell’interpretazione dei comportamenti altrui, attuati o in previsione, diventa il riflesso speculare dell’idea di sé che si consolida nel concetto di giudizio.

Una seconda categoria di attribuzione deriva dalla percezione degli altri e del contesto sociale. Qui l’idea della competitività gioca un ruolo primario. 
Gli altri sono visti come soggetti escludenti, insensibili, mal disposti, superficiali, obbedienti a canoni e costumi di scarso valore oppure rispondenti a qualità superiori. 
Il contesto sociale appare come terreno impervio che favorisce l’assimilazione di massa e l’emarginazione della diversità. 
Scaricando le cause della propria condizione su tutto ciò che è altro da sé, rinunciano a un’assunzione di responsabilità, il che equivale anche a una fuga da se stessi.

Una terza categoria di attribuzione potrebbe essere descritta come un tentativo d’intellettualizzazione della propria interiorizzazione. Entriamo nel campo della percezione di sé in senso generale. Se nelle due categorie precedenti entrano in gioco le disfunzioni cognitive, in quest’altra categoria subentra il loro derivato. 
Spesso si fa ricorso a conoscenze acquisite in modo confuso e non pienamente comprese. 

Ad esempio, molti soggetti pensano che i propri disagi dipendano da traumi avvenuti in momenti precisi della loro vita, ma in genere sono suggestionati dall’immaginario collettivo dei processi psichici. 
Oggi sappiamo che, per lo più, l’ansia sociale è da collegare a un continuum temporale d’interpretazioni degli eventi reali caratterizzati da errori procedurali sistematici.

Altri ritengono che la propria timidezza sia il risultato diretto di un basso livello di autostima, ciò accade perché essi percepiscono di avere una scarsa fiducia nei propri mezzi e quindi tendono ad attribuire a questa le cause della propria ansia sociale. 

Nella realtà il fatto stesso che l’autostima sia l’espressione del grado di fiducia riposta nelle proprie capacità ha, come caratteristica implicita, il suo derivare da fattori causali.

L’autostima è percepita a livello cosciente ed è dunque, pienamente accessibile alla propria consapevolezza e quindi, come tutto ciò che è affiorante, diventa candidato preferenziale a essere modello auto interpretativo della propria condizione psichica.

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