Ho più volte sottolineato come l’ambiente familiare sia quello che più di ogni altro fattore incide nella formazione delle varie forme di ansia sociale.

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A favorire lo svilupparsi di questi tratti ansiosi della personalità sono sia il fare che il dire, cioè, da una parte gli atteggiamenti posturali, le mimiche facciali, le azioni fisiche svolte nei confronti dei minori; dall’altra le frasi di rimprovero, di ricatto, d’induzione ai sensi di colpa, i motti, i precetti morali ed etici.

Esiste, dunque, un repertorio dei comportamenti familiari, le cui forme, ripetute nel tempo, affluiscono nella mente del bimbo andando a costituire quell’insieme di conoscenze ed esperienze che partecipano, significativamente e in modo determinante, al processo di formazione della definizione del sé, degli altri e del mondo. Definizioni che vanno poi a caratterizzare le varie forme di timidezza che possono svilupparsi.

Sebbene i genitori siano le figure che maggiormente incidono nella formazione delle credenze e della personalità dei bambini, non sono rari i casi in cui, altre figure parentali sono partecipi di tali processi formativi, come ad esempio zii e zie, nonni e nonne, cugini e cugine e via dicendo.

Capita che più gruppi familiari, legati da via consanguinea e caratterizzati da attive interazioni, abbiano in comune motti, precetti, slogan, leitmotiv; un repertorio condiviso che spesso detta norme comportamentali che, per un bambino, possono essere poco adattative nel mondo delle relazioni sociali esterne all’ambiente familiare, o che sono di ostacolo all’apprendimento attraverso le esperienze dirette, o che inducono a comportamenti evitanti o fortemente inibiti. Queste tradizioni familiari costituiscono un vero e proprio stile parentale del comportamento.

Gli stili comportamentali familiari costituiscono il bacino principale da cui i bambini attingono le principali istruzioni per il loro apprendimento. Attraverso queste essi costruiscono i propri modelli interpretativi della realtà intorno a loro e di definizione di sé stessi. Il problema non è costituito semplicemente dai comportamenti in sé delle figure di riferimento, ma dal modo con cui il bambino recepisce e interpreta tali comportamenti; da come li percepisce emotivamente; dal tipo di relazione che egli instaura con le emozioni e i sentimenti indotti dai comportamenti familiari; da come associa, alla propria persona, il fare comportamentale delle figure di riferimento; da come percepisce le figure familiari in relazione a sé e, di conseguenza, da che idea si fa del mondo delle persone, cioè dal fuori da sé.

Per quanto riguarda i modi comportamentali esperiti dalle figure genitoriali, questi sono state classificate in tre categorie principali chiamate stile genitoriale:

  • Lo stile permissivo: da un lato determina una forte carenza di regole che priva il bambino di esempi di riferimento, ciò gli procura un’oggettiva difficoltà nel riconoscere accettare o concepire norme e convenzioni e che, di conseguenza, riduce notevolmente la sua capacità di adattamento alla vita e alle relazioni sociali; dall’altro questo stile si traduce in una carente disponibilità percepita in una scarsa risposta alle istanze dei bisogni del bimbo che finisce col sentirsi non amato e/o trascurato, ciò conduce alla formazione di credenze che definiscono sé stessi come soggetto non accettabile socialmente, di non essere degno di affetto e attenzione, di non essere interessanti o desiderabili. In questi casi e, soprattutto nell’adolescenza, possono emergere i tratti di una personalità timida e insicura.
  • Lo stile autoritario: i genitori che operano in questo modo non sopportano vizi e capricci e così finiscono col non cogliere i bisogni del figlio apparendo insensibili e indifferenti; hanno atteggiamenti intransigenti, molto severi, duri, si tratta di uno stile che prevede l’assoluto rispetto di regole e costumanze dettate, e per le quali non è previsto alcun comportamento di contestazione. Si tratta di genitori che esigono comportamenti formali precisi, ubbidienza, disciplina, perfezione, rigore. Spesso si sostituiscono ai figli anche nelle decisioni più banali che dovrebbero essere proprie dei bimbi. La reazione a questo stile, da un lato favorisce lo sviluppo di credenze riguardanti il sé come soggetto non meritevole a vario titolo, e a definirsi e percepirsi come dotato di scarse capacità, inabile, non idoneo a vario titolo, a considerarsi di scarso valore e a sviluppare sentimenti d’inferiorità. Anche in questo caso possono emergere i tratti di una persona timida, insicura e che può anche sfociare in forme patologiche di ansia sociale.
  • Lo stile autorevole: è sicuramente uno stile assertivo che preferisce il dialogo all’imposizione, che stabilisce regole che vengono ottemperate un modo determinato, ma senza essere impositivo. Si tratta di genitori che prestano attenzione alle istanze e ai bisogni dei figli, che prediligono essere guida democratica ma decisa e autorevole, che sono disponibili, quando utile, anche a modificare le regole. In questo tipo di ambiente familiare il bambino sviluppa un sistema di credenze equilibrate e duttili che gli conferiscono buone capacità adattative.

 

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