Le credenze intermedie sono un insieme di cognizioni, pensieri la cui funzione è di stabilire regole mentali e comportamentali coerenti con le credenze di base, per questo sono da considerare dei derivati di quest’ultime.
Il loro scopo è rendere adattabili, nella vita sociale, le definizioni del sé, del sé con gli altri e degli altri, contenute nelle credenze di base.
Nella loro forma verbale e immaginativa, le credenze intermedie si presentano in diverse forme: condizionali, doverizzazioni, assunti, precetti, leit motiv.
Queste forme di pensiero, pur raggiungendo lo stato cosciente, non sono mai espressione di consapevolezza della loro reale origine e causalità. Ciò nonostante si presentano alla mente cosciente come principi di assoluta validità. Detto in altre parole, le persone le considerano verità e principi validi, razionali, coerenti, espressione vera della realtà delle cose. Si potrebbero racchiudere nella frase: “così stanno le cose”.
La rigidità con cui sono assunte, le rende difficili da invalidare, soprattutto quando sono figlie di credenze di base disfunzionali che hanno avuto numerosi rinforzi. In un certo senso sono la dannazione degli ansiosi sociali poiché li indirizzano in comportamenti non funzionali alle interazioni interpersonali.
Parte di questi pensieri, soprattutto nella forma di assunti, precetti e leit motiv, sono appresi nell’ambiente in cui si è cresciuti e formati. Ciò accade spesso in ambiti familiari anassertivi e/o culturalmente superficiali.
Alcuni esempi di precetti e assunzioni:
- Mai mostrare la propria debolezza;
- Esprimere le proprie emozioni è segno di debolezza;
- Esprimere le proprie emozioni è inappropriato;
- Bisogna evitare di esprimere le proprie idee;
- Il mondo è popolato da gente cattiva;
- Le cose ben fatte bisogna farsele da soli;
- Dalla prima impressione si capisce la vera natura delle persone;
- Devi essere modesto, sennò illudi te stesso.
Le credenze condizionali
Stabiliscono quali sono le condizioni da osservare e che si devono realizzare per il raggiungimento degli scopi.
Ci sono tre temi generali che caratterizzano le credenze condizionali, la prima, riguarda il tema dell’accettazione che si riferisce a sé verso sé stessi e a sé con gli altri (a es. “se gli altri non mi amano non valgo nulla”); poi c’è il tema della competenza riferita a sé con gli altri (a es. “se non faccio le cose per bene sono un fallito”); infine il tema del controllo sia riferito a se stesso, sia riferito a sé con gli altri (es. “non posso stare a chiedere aiuto agli altri”).
Nella loro forma sintattica si caratterizzano in frasi composte da una condizione e da una conseguenza. Spesso queste parti del discorso sono marcate da proposizioni del tipo “se…allora”; “bisogna che…altrimenti”; “o (faccio, riesco, eccetera)…oppure”; “a meno che …poi “.
Esempi di cognizioni condizionali:
- Se non faccio le cose alla perfezione, per me sarà un fiasco;
- se mi avvicino a lei/lui, allora sarò respinto/a;
- se sbaglio, allora sono un/a fallito/a;
- se parlo di me, poi pensano che sono un/a debole;
- se non faccio le cose per bene (allora) sono un/a fallito/a;
- se non sono il/la migliore vuol dire che (allora) non valgo niente;
- se non mi cagano allora non valgo niente;
- se entro in contrasto con un mio/a amico/a poi resto solo/a;
- se esprimo le mie idee poi vengo giudicato/a male;
- se lui/lei mi ha lasciato, allora nessun altro/a mi vorrà mai;
- o concludo ciò che comincio, oppure sono un/a fallito/a”.
Negli ansiosi sociali, quindi anche nelle persone timide, alla base di queste regole condizionali vi è assai spesso il problema dell’accettazione della propria persona da parte degli altri.
Le credenze doverizzanti
Sono pensieri caratterizzati da obblighi comportamentali (ciò che si dice e quel che si fa). Si tratta di frasi che contengono termini e locuzioni tipo “devo”, “è necessario”. Sintatticamente anche in questa tipologia di credenze le frasi sono costituite, generalmente, di due parti, che esprimono il dovere e la conseguenza; quest’ultima, spesso, è sottintesa.
Il verbo “dovere” è dominante e può essere sostituito da locuzioni tipo “non posso”, che esprimono cioè, il non potersi permettere di fare certe scelte, di ottenere determinati risultati, di avere performance insoddisfacenti.
Ad esempio:
- Non dovrei mai deludere gli amici (o i familiari);
- le persone devono essere buone con me;
- devo essere sempre perfetto;
- non posso permettermi di fare errori;
- non dovrei … (il fare qualcosa che non piace agli altri);
- non devo sbagliare.
A volte la forma condizionale si combina con quella doverizzante a esempio “devo fare questa cosa se (o altrimenti) …”.
Talvolta tali credenze si esprimono sotto forma di assunzione, in questi casi la frase è estremamente sintetica e può essere tradotta nella loro tipica forma logica di frase in due parti a esempio: “mai avvicinarsi” (se mi avvicino, allora sarò respinto).
Sia le credenze condizionali che quelle doverizzanti inducono a comportamenti anassertivi. Ciò per il bisogno, proprio della specie umana, di essere socialmente accettati, di appartenenza a un gruppo, una categoria sociale ecc.
Nelle persone timide, negli ansiosi sociali, questo problema dell’accettazione ricopre una tragica importanza. Esse sacrificano parte di sé, di bisogni, di libertà e di dignità pur di essere accettati in un insieme di individui cui aspirano di appartenere.
Così finiscono con l’essere subalterni, soccombenti, sottomessi.
Questo andazzo, se diventa ordinaria quotidianità, genera continui rinforzi sia delle credenze di base, sia di quelle intermedie e, in questo modo, finiscono col ripetere proprio quei comportamenti che producono la loro condizione umana e sociale.
Sia le doverizzazioni che le condizionali acquisiscono carattere e valore etico, persino morale e ciò le rende ancor più rigide, refrattarie alle invalidazioni.
L’individuo timido crede talmente nell’alto valore di queste loro credenze che respinge anche drasticamente, spesso con fastidio e aggressività verbale, ogni tentativo altrui di dimostrarne l’inconsistenza razionale.