Ansie sociali e senso d’inadeguatezza

Ansie sociali e senso d’inadeguatezza

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Con quanti pensieri una persona timida dice a sé stessa che è inadeguata? 

Claudia Venuto – come in alto così in basso

Spesso se lo dice senza neanche accorgersi d’averselo detto; se lo dice quando si convince di sapere come andrà a finire; se lo dice quando deve fronteggiare una situazione; se lo dice dopo ogni rinuncia, ogni fuga, ogni evitamento, ogni insuccesso percepito; se lo dice quando stabilisce cosa fare o non fare; se lo dice con immagini mentali; se lo dice con puri atti di coscienza; se lo dice nel suo dialogo interiore:

Non sono capace di farlo; Loro sono più bravi di me; Se dico qualcosa, rischio di fare un gran figuraccia; So bene che non devo esprimere il mio pensiero; Non so cosa dire; Sono un fallito/a, Penserà che sono stupida/o; Se dico la mia penseranno che sono cretino/a; Il mio valore dipende da quello che gli altri pensano di me; Per quel che ho fatto non merito niente; Sono sbagliata/o; Sono difettosa/o; Ho qualcosa che non va; Cos’è che non va in me?; Sono solo uno/a sfigato/a… la mia vita non ha senso; Uno che alla mia età’ non ha né una macchina, né una vita sociale, né un fidanzato/a, è proprio un/a fallito/a; Mi sento ingenuo/a, stupido/a, cretino/a; Non conquisterò mai il suo cuore, sono incapace di farlo; Non sono capace di amare; Non ho preso l’esame, perché sono un/a incapace; Se ho paura di sbagliare all&
La rabbia nelle ansie sociali

La rabbia nelle ansie sociali

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La rabbia che scaturisce dalle esperienze emotive dei soggetti timidi e degli ansiosi sociali, può orientarsi in due direzioni, nei confronti degli altri e verso é stessi.

Maria Rita Renatti – i am a monster

Quando la rabbia è rivolta verso sé stessi, i pensieri dominanti sono quelli indirizzati verso una spietata e severa autocritica.

La persona timida si rimprovera per non aver saputo gestire la situazione, per non aver saputo controllare sé stessa, per non aver saputo cogliere le implicazioni, i significati, gli eventi prevedibili.

La rabbia diventa espressione della valutazione di un’esperienza come di fallimento di sé come soggetto sociale, di sé come individuo, ma anche dolore di una sconfitta, per il proprio fallimento, per la propria presunta inadeguatezza. In questo caso non c’è tanto la non accettazione dell’esperienza, quanto la non accettazione di sé stessi. Non a caso la rabbia rivolta verso di sé è spesso seguita e/o accompagnata anche da sensi di colpa. L’individuo timido arroga a sé le cause e/o le colpe dell’interazione finita male.  Alla base di queste valutazioni negative ci soni i bias, che sono distorsioni degli schemi cognitivi con cui valutiamo le situazioni; si tratta di modi del ragionamento condizionati da pre-giudizi radicati che si formano nella nostra mente in funzione di assunzioni, credenze e modelli metacognitivi disfunzionali.

Il rossore al volto e la paura di arrossire

Il rossore al volto e la paura di arrossire

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Nell’immaginario collettivo, la rappresentazione della timidezza è spesso legata all’immagine di un volto con il rossore sulle guance. Ne ritroviamo una rappresentazione iconografica anche nelle emoticon.

Luigi Zizzari – Ahi ahi… se ne sono accorti

L’ansia è, esternamente, l’indicatore dell’esistenza di uno stato emotivo e di pensieri collegati al senso d’inadeguatezza; come esperienza interna, è un segnale che ci avverte di una minaccia che incombe su di noi.

Il rossore al viso è la manifestazione fisiologica dell’ansia, e la conseguenza delle emozioni di vergogna o d’imbarazzo. Questo significa che il rossore al viso è l’espressione di un variegato insieme di sentimenti di disagio.

Mentre la vergogna è da collegare alla convinzione di una personale inadeguatezza, vera o presunta che sia, l’imbarazzo è da collegare a un senso di colpa. (altro…)

Timidezza e dolore di non appartenenza

Timidezza e dolore di non appartenenza

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La timidezza è una condizione di disagio sociale di natura cognitiva che sussiste nelle situazioni di interazione interpersonale o che le presuppongono.

Edvard Munch – Ashes

Dunque, la timidezza si esplicita con la difficoltà del soggetto a interagire con le persone, a inserirsi nei contesti sociali di vario genere, nei gruppi, nell’instaurazione di rapporti amichevoli o di coppia.

La timidezza si sviluppa quando la mente forma, e memorizza, cognizioni di base riguardanti rappresentazioni negative del sé.  Si tratta di rappresentazioni che definiscono il sé in merito a quattro aree tematiche:

Essere, o meno, capace di fronteggiare eventi e situazioni con efficacia. Avere, o no, le giuste abilità nel comunicare e relazionarsi con gli altri. Suscitare, o meno, giudizi o sentimenti di amabilità, accettabilità, interesse come persona. Essere biologicamente, neurologicamente o fisicamente normali o difettosi per nascita.

Giacché, una o più, definizioni del sé descrivono la propria persona come soggetto dalle qualità negative e, dunque, inadeguato, si ha che nel momento in cui nella mente si attivano tali credenze, entrano in gioco processi cognitivi e ansiogeni che:  (altro…)

Timidezza e dipendenza dal giudizio altrui

Timidezza e dipendenza dal giudizio altrui

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Tra le tante definizioni della timidezza, una delle più comuni è quella che la descrive come paura di essere esposti o sottoposti al giudizio altrui. 

Pablo Picasso – la supplicante

Questa peculiarità è condivisa anche da altre forme di ansia sociale. Non a caso queste forme di disagio sociale hanno caratteristiche che sfumano l’una nell’altra; tanto che sono sovente confuse tra loro.

Per un individuo timido, l’esposizione al rischio del giudizio altrui che, nei suoi pensieri previsionali è sempre supposto negativo, equivale alla manifestazione esplicita, e involontaria, d’inadeguatezze che ritiene di avere: “Gli altri penseranno che sono stupido/a”; “Si accorgeranno che sono timido/a e impacciato/a”; “penseranno che sono un fallito”.

Per altri versi, la convinzione di una propria inadeguatezza induce la persona timida ad altre credenze correlate e/o implicite: l’inferiorità agli altri, l’incapacità al problem-solving, la scarsa capacità di autonomia: “Non sono all’altezza di loro”; “loro sì, che ci sanno fare”; “non sarò mai come loro”.

È in quest’ultimo scenario cognitivo che matura la forma più marcata di dipendenza dalle valutazioni altrui. Spesso questa conduce a comportamenti di subalternità. In questi ultimi casi, l’ansioso sociale che si percepisce inadeguato e, per implicazione, inferiore o non capace, tende, ne

La paura di apparire timidi

La paura di apparire timidi

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Tra comunicazione non verbale e costumi consolidati nel comportamento umano, esiste una relazione di reciprocità: da una parte, i costumi che diventano elementi fondanti di modelli comportamentali sociali, subiscono l’influenza dei significati assegnati dalle interpretazioni delle azioni umane non verbali e dei valori a essi collegati; dall’altra, il conferimento di significati ai comportamenti umani (linguaggio non verbale) è contagiato dall’uso storicizzato dei costumi.

Tiziana Trezzi – al di la…incontro allignoto

Uno dei risultati di tale relazione di reciprocità è la cultura dell’apparenza. Questa incide nella vita delle persone in funzione dell’importanza che ciascun individuo le conferisce. Le persone timide vivono spesso il problema dell’apparenza e dell’apparire con estrema tragicità. 

Con il tema dell’apparire entrano in gioco, l’idea di sé rispetto agli altri, e il problema dell’accettazione sociale. Le idee disfunzionali di sé che l’individuo timido, nel suo dialogo interiore, pone in relazione agli altri, fanno capo a:  (altro…)

La timidezza e la paura della sessualità

La timidezza e la paura della sessualità

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La sessualità è il cruccio principale delle persone timide e degli ansiosi sociali in generale.  Data la natura gregaria dell’essere umano, la sessualità, ricopre un ruolo essenziale per l’affermazione dell’identità individuale di genere, per lo sviluppo della vita affettiva, per i significati sociali che assume. E ciò senza dimenticare che la sua funzione strutturale è quella del piacere, grazie alla quale sono favorite le probabilità riproduttive.

Concetta Russo – sogni infranti

Nel momento in cui la persona timida si scontra con le difficoltà relazionali, la preminente importanza della sessualità, fa emergere ancor di più, la discrepanza tra ciò che si pensa di essere e ciò che si vorrebbe o si aspira a essere, tra il tipo di realtà percepita e quella ideale.

L’ambiente sociale non è privo di stimoli che attivano, a chi è afflitto da ansia sociale, flussi di pensieri negativi e inibizioni ansiogene. Difatti, ci sono assunzioni e motti culturali che assurgono al ruolo di mito nei contesti collettivi: l’ideale di bellezza vincolato dai media, dimensioni e/o aspetto degli organi riproduttivi e delle forme corporee, tipologie comportamentali di riferimento che definiscono il modello del maschio, della donna e del gay, nonché il modello caratteriale preferito nell’ambiente sociale. Molti di questi miti si formano nell’ambito familiare.

Tuttavia, nella timid

Timidezza e senso di colpa

Timidezza e senso di colpa

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La timidezza comporta il provare un ampio insieme di sentimenti e/o emozioni che marcano ogni vicenda sociale vissuta e il rapporto con le proprie esperienze interiori. Timidezza e senso di colpa vanno spesso a braccetto.

Carla Bedini – Ogni simmetria è generata dal senso di colpa

Sappiamo che questi sentimenti d’infelicità, di fallimento, d’incapacità, d’invidia e di distacco, sono la conseguenza d’ inibizioni ansiogene che compromettono un normale ed efficace svolgimento delle attività sociali che la persona timida sperimenta nella propria vita. Sappiamo anche che le inibizioni ansiogene scaturiscono da una percezione di rischio elevato nell’interpretazione degli eventi e delle esperienze interne. Tuttavia, sebbene le dinamiche psichiche e fisiologiche, che si manifestano nella timidezza e nelle altre ansie sociali, abbiano il nodo cruciale nella cognizione e, dunque, nei pensieri e meta pensieri, l’insieme di questi fenomeni agisce in modo circolare, per cui ogni elemento finisce con l’essere causa ed effetto allo stesso tempo.

L’individuo timido tende a essere ipercritico verso sé stesso o verso gli altri. Adotta, quasi sempre, doppi standard di misura: severo e spietato nell’indirizzo dell’ipercritica, comprensivo e accomodante verso chi non è oggetto di tale tendenza. Accade così che, ad esempio, riesce a perdonare, comprendere, giustificare gli altri ma non

La timidezza e il sentimento della mancanza

La timidezza e il sentimento della mancanza

Pubblicato da: Categorie: Le emozioni, Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Il sentimento della mancanza è tale solo come forma manifestatrice, allo stato cosciente, di un pensiero, un’idea, un convincimento di proprie inadeguatezze.

Silvano Bruscella – interferenza

Molte credenze di base sono avvertite, a livello cosciente, sotto forma di sensazioni, del “sentire”, di percezione appena affiorata, di “senso di…”. Spesso, dagli individui che le provano, sono considerate emozioni. Ma cosa intendo, più precisamente, con la locuzione “sentimento della mancanza”? È l’idea che, dentro di sé, qualcosa manca e non permette una vita “normale”. Molte persone timide o ansiosi sociali, si chiedono: “Cos’è che non ho?”, “Cosa mi manca?”, “Perché non funziono bene?”. Spesso la risposta che ci si da’ è: “Non funziono perché sono difettoso”.

L’idea del non funzionamento si correla al pensiero della mancanza.  Ci sono persone che nell’indicare la ragione per la quale si sono rivolte allo psicoterapeuta, hanno espresso le loro speranze con terminologie legate all’idea di essere macchine non funzionanti, esprimendo il desiderio di essere “aggiustati”, “riparati”. Nell’ascoltare questi termini, più consoni alla meccanica di macchine non auto poietiche, abbiamo più chiara l’idea di come giunge a percepirsi un individuo timido o un ansioso sociale: bisogna “aggiustare”, “riparare” qualcosa che

L’ansia generalizzata

L’ansia generalizzata

Pubblicato da: Categorie: Le emozioni

L’ansia generalizzata scaturisce dal fatto che ogni evento, situazione, contingenza, viene interpretata come contenente una minaccia immanente e assai gravosa per la propria salute, il proprio equilibrio psicologico, il proprio status sociale o economico, le relazioni interpersonali. 

George Grosz – fine della strada

Per parlare di ansia generalizzata, bisogna che si manifesti il fenomeno della preoccupazione in almeno due ambiti: salute, sociale, familiare, economico-finanziario. In pratica, in gran parte delle situazioni, si conferisce, inconsciamente, un grado di pericolosità elevata a ciò che si sta valutando e si sviluppano pensieri previsionali che, sovente, assumono anche il tono della catastroficità. Sembra quasi che l’ansioso radicale veda nella gran parte degli eventi ansiogeni un pericolo insito, costitutivo della situazione stessa. Quindi da un lato c’è l’interpretazione della situazione ispirata a un’eccessiva valutazione di pericolo, dall’altro c’è il conseguente pensiero previsionale che induce a percepire sviluppi futuri negativi.

Ciò comporta che si vive con enorme apprensione tali situazioni. Difficilmente ci si rende conto, in quei precisi momenti topici, che ci si sta preoccupando in modo eccessivo e, soprattutto, difficilmente capita di avere coscienza del fatto che l’apprensione, la preoccupazione, l’ansia che si sta vivendo, è il risultat