Le persone timide sono coscienti di esserlo. Tale consapevolezza ha due distinte dimensioni, una pubblica, che si traduce nella preoccupazione di come si viene percepiti dagli altri e dalle sensazioni che suscita; l’altra privata, caratterizzata dal dirigere la propria attenzione verso se stessi, alla propria interiorità ma orientata ad assumere valenze negative.

Partendo dalle due dimensioni della timidezza, Zimbardo ne delinea tre classi:

  1. I timidi che non provano a relazionarsi con gli altri e quindi prediligono stare da soli, in essi la dimensione privata è prevalente.
  2. I timidi che sono esitanti a relazionarsi agli altri, mostrano scarse abilità sociali e hanno una bassa autostima, in questi soggetti non emerge una dimensione nettamente prevalente.
  3. I timidi che hanno paura di rompere le regole sociali e di non soddisfare le aspettative degli altri, in questa tipologia prevale la dimensione pubblica.

S. Dalì – due adolescenti

Altri studiosi, partendo sempre dalle due dimensioni della timidezza, collegano queste ai due tratti della personalità junghiana, l’estroversione e l’introversione. In questo modo si vengono a delineare le categorie dei timidi introversi e dei timidi estroversi. Non bisogna però fare confusione tra timidezza, estroversione e introversione, queste ultime due descrivono i modi di porre l’attenzione verso la realtà. 

L’introverso trova dentro di sé l’ambiente elettivo, “la coscienza dell’introverso vede sì le condizioni esterne, ma elegge a fattore determinante l’elemento soggettivo” (G. Jung). L’estroverso “si orienta in base ai fatti esterni così come sono dati ……. tutta la sua coscienza guarda all’esterno perché è di là che sempre gli giunge la determinazione più importante e decisiva” (G. Jung). La timidezza, invece, è una condizione mentale inerente la percezione di sé, degli altri e del mondo.

Una classificazione più articolata è quella proposta da Carducci che, alle due dimensioni pubblica e privata, ne aggiunge altre quattro:

  • I timidi cronici. Lo sono nella gran parte delle situazioni, nelle relazioni sociali, si descrivono come timidi da sempre o dopo un lungo periodo di tempo. La loro condizione li fa apparire ed etichettati come tali anche negli ambienti amicali, familiari, scolastici o lavorativi. Ritengono di essere senza speranza e di non avere le capacità per liberarsi, pertanto vedono il proprio futuro fortemente permeato dalla timidezza.
  • I timidi transitori. Lo sono in alcune fasi della loro vita, sostanzialmente quando si verificano dei cambiamenti di una certa rilevanza come, ad esempio, il periodo adolescenziale. Infatti, in questi periodi essi hanno difficoltà a far fronte alle situazioni che producono in loro ansia. Superate queste fasi, acquisiscono più fiducia in sé stessi e, quelle stesse situazioni, non sono vissute più in modo timido. L’esperienza di vita e la maturazione, conferiscono maggiore sicurezza e consapevolezza dei propri mezzi e nei fenomeni sociali che vivono.
  • I timidi di successo. Si tratta di persone che hanno acquisito consapevolezza della propria timidezza, riescono a condurre una vita attiva, anche perché hanno appreso strategie per superare e far fronte alle situazioni disagevoli. Non vivono la propria timidezza con sentimenti negativi proprio per il fatto che hanno imparato a gestirla, a tramutarla in punto di forza sfruttando quelle sensibilità acquisite e a non subire il suo dominio. 
  • I cinicamente timidi. Si tratta in genere di persone che vivono una condizione di isolamento sociale. Un’emarginazione maturata per effetto di loro scarse abilità sociali, ciò fa sì che conducono una vita in solitudine. Percepiscono gli altri come soggetti poco disponibili e provano nei loro confronti sentimenti di rancore o di rabbia. Nei confronti delle persone che li escludono possono maturare sentimenti di superiorità che gli spinge a considerare gli altri come soggetti immorali, superficiali, portatori di valori decadenti, dediti a stili di vita e comportamenti di scarso valore etico e/o culturale.
  • Le persone privatamente timide o timidi estroversi. Sono persone la cui timidezza ha una prevalente dimensione privata. Esternamente possono non apparire persone timide, talvolta possono persino essere considerati degli estroversi, anche perché possono assumere comportamenti vistosi o spavaldi. Tali caratteristiche li porta anche a manifestare senza difficoltà la propria condizione negli ambienti amicali o lavorativi consolidati. Avendo la propensione a focalizzare negativamente la propria attenzione verso sé stessi possono però vivere, anche in pubblico, momenti di blocco determinati dai loro pensieri, ruminazioni e rimuginii, tali disagi si verificano soprattutto fuori dalle relazioni abituali.
  • Le persone pubblicamente timidi o timidi introversi. La loro timidezza ha una prevalente dimensione pubblica. La loro condizione ansiosa è ben visibile esternamente. Essendo caratterizzati dalla preoccupazione di come gli altri li percepiscono e delle impressioni che suscitano, hanno comportamenti evitanti o elusivi, si esimono dall’incrociare gli sguardi, fanno scena muta nelle conversazioni, si astengono dall’esprimere pensieri e opinioni, scrivano le situazioni che considerano disagevoli, tendono anche a utilizzare la loro timidezza come alibi nei comportamenti evitanti o elusivi.

Oltre a queste classificazioni andrebbe annoverata anche la timidezza situazionale, difficilmente inquadrabile in una classe in quanto si manifesta in maniera occasionale, in questi soggetti, situazioni identiche possono generare ansie in certi momenti o non generarle affatto in altri.

Spesso le caratteristiche di una forma di timidezza s’incrociano o si fondono con quelle di altre forme. Non a caso sono diversi i criteri con i quali, diversi studiosi, tendono a classificare le varie forme di timidezza.

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