Col termine “esperienza” intendiamo: 
  • tutto ciò che si sta provando materialmente, fisicamente; 
  • tutto ciò che si sta sentendo o percependo come atto, materiale o immateriale, che giunge alla nostra coscienza; 
  • tutte le sensazioni, il sentire, emozioni e sentimenti che stiamo provando in noi
    stessi.

Silvano Bruscella – altro lato

In altri termini, l’esperienza è conoscenza diretta di una determinata realtà, materiale o immateriale, acquisita in modo personale attraverso l’osservazione, l’interpretazione, la pratica o l’uso della realtà stessa.

La metacognizione di un dato di conoscenza si ha quando l’attività di pensiero va oltre la presa d’atto dell’esperienza stessa, quando, in relazione a essa, la mente avvia un processo di esame e riesame. 

Quindi, la metacognizione è andare oltre la semplice cognizione. Dato che la
metacognizione è un’attività di pensiero, i pensieri che la costituiscono sono
meta pensieri.

Faccio qualche esempio per chiarire meglio il concetto: se sto pensando al comportamento che ho avuto in una determinata circostanza, il processo di analisi e valutazione che andrà a far parte della mia conoscenza, è una metacognizione. Se sto meditando su come disporre la mia mente nel valutare le mie esperienze, di approcciarmi mentalmente a un problema, sto svolgendo un’attività metacognitiva. Se penso che la preoccupazione sia una prova della mia maturità o responsabilità, sto svolgendo un’attività metacognitiva. Se postulo il concetto secondo il quale manifestare le emozioni è un segno di debolezza, assumo una metacognizione. Se sto rimuginando su una situazione che mi è accaduta, sto svolgendo un’attività metacognitiva. Se sto pensando ai pensieri che mi vengono in mente, sto svolgendo un’attività metacognitiva.

La metacognizione nella timidezza e ansie sociali
Nelle varie forme di timidezza, le credenze di base disfunzionali, alimentano paure e ansie che inducono all’evitamento di supposte sofferenze che dovrebbero verificarsi. 
Col tempo, quest’andazzo favorisce la formazione di modelli logici, o modi di pensare, funzionali alla disfunzionalità. 
In questi casi essi assumono carattere abitudinario e automatico e, in virtù di ciò, sono reiterati in modo sistematico. 
È in quest’ambito che possiamo parlare di metacognizione come stile di pensiero.
Tali metacognizioni tendono a stabilire condizioni e regole di approccio alle proprie esperienze interne. 
Wells chiama quest’attività metacognitiva “funzione auto regolatoria”.
In condizioni normali, tale funzione è di durata ragionevole e funzionale al problem-solving; ma diventa disfunzionale quando è prolungata nel tempo e si dà valore dogmatico alla validità e utilità al rimuginìo, alla preoccupazione e ad altre assunzioni come le credenze
condizionali o regolanti.
Una cosa è pensare, alle proprie esperienze, per un tempo ragionevole, ben altra è prorogare tal pensare nel tempo. E lo stesso vale per la preoccupazione. Vien quasi da pensare che si crea l’equazione tempo = qualità, ma la qualità c’è se si ha un approccio al problema orientato al problem-solving.
È da qui che si sviluppa la tendenza al rimuginìo e alla preoccupazione che sono, poi, fattori che, concretamente, rendono disfunzionali le attività metacognitive.
Infatti, nel momento in cui la persona timida comincia a rimuginare sulle proprie esperienze o a preoccuparsene, nel tentativo di trovare soluzioni alle proprie sofferenze, entra in una
spirale di pensieri automatici negativi che non è più in grado di gestire. 
Spesso l’attività del rimuginare e del preoccuparsi è considerata, dagli individui timidi e degli
ansiosi sociali, come un’attività utile o segno di maturità. Tipici sono ragionamenti del tipo: “se mi preoccupo sarò in grado di affrontare i problemi”, “bisogna preoccuparsi per i problemi che si pongono, altrimenti si finisce male”, “devo pensare molto su questa cosa, se voglio trovare una soluzione”, “se mi preoccupo sono una persona attenta”.
La pericolosità di metacognizioni che si configurano come stile di pensiero, è data dalla loro rigidità e dalla forte valenza conferita alla loro validità. 
Il carattere automatico fa sì che queste particolari metacognizioni si attivano anche se non si è coscienti di tale pensiero. Mentre lo stile di pensiero, divenendo un modus operandi, esclude altri procedimenti logici di approccio.
 
 
 
 
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