Dire che qualunque cosa si faccia si comunica, non implica che il nostro comportamento, la nostra postura, la mimica facciale, possano significare, per gli altri, qualche cosa di univoco. 

Vincenzo Balsamo – arco baleno

Ogni persona interpreta gli stimoli che gli pervengono in funzione della propria storia culturale ed esperienziale, dei propri schemi cognitivi, della propria condizione emotiva del momento.

Tuttavia, percepiamo alcuni tratti delle movenze umane secondo “canoni” istintivi che ci troviamo come bagaglio interpretativo sin dalla nascita. Infatti, un neonato è già capace di percepire, in senso negativo o positivo, buona parte delle mimiche facciali o il tono della voce nel nostro parlare. 

Ciò nonostante, il senso o il significato di molte delle forme di linguaggio non verbale, è appreso per via esperienziale.

Un aspetto che va considerato, è che determinate movenze, posture o mimiche facciali, possono essere espressione del repertorio comportamentale automatico di un individuo. 

Negli ansiosi sociali ciò è particolarmente predominante. In questi casi l’interpretazione del comportamento di un soggetto timido è soggetto a molti errori d’interpretazione. Sono molti gli individui timidi che lamentano di essere spesso accusati di avere atteggiamenti snob, di essere asociali, di sembrare degli esaltati, di essere ostili, o altro, e tutto questo, contrariamente alle loro reali intenzioni o propensioni interiori. Spesso il disagio è interpretato come rifiuto.

Una tale difficoltà interpretativa può dipendere anche dal fatto che, nell’apprendimento delle forme del linguaggio non verbale, associamo, a ciascun elemento, significati specifici che possono andare a costituire uno schema interpretativo piuttosto ristretto o poco duttile. 

Spesso, intervengono anche le distorsioni cognitive, che non sono riscontrabili nei soli disagi sociali, ma possono far parte del bagaglio cognitivo di ciascuno di noi. Ad esempio la lettura del pensiero, è uno schema mentale di cui si fa un uso corrente, soprattutto laddove non c’è la cultura dell’ascolto, o dove la diffidenza è predominante.

L’adozione di comportamenti strutturalmente funzionali, non implicano, necessariamente, risposte comportamentali altrui altrettanto funzionali o confacenti alle aspettative che vi abbiamo riposto.

Ciò significa che una persona timida, al mutare dei propri comportamenti, non può attendersi un mutamento automatico dei comportamenti altrui.

Le persone si comportano, generalmente, come fanno d’abitudine, secondo le proprie usanze, perché tutti hanno comportamenti e pensieri automatici, solo che questi, in chi non è ansioso, non sono disfunzionali, o se lo sono, tale disfunzionalità è episodica e non sistemica.

Tutte le persone reagiscono agli stimoli in funzione di come li percepiscono, non è detto che il comportamento di un timido venga percepito come tale o come inappropriato. 

Le conseguenze di un linguaggio, verbale o non verbale, non sono automatiche.

Dinanzi hai sempre un altro diverso da te e dagli altri che ha il suo modo di essere e percepire. 

L’adozione di un linguaggio funzionale, apre delle porte, ma non è detto che qualcuno vi passi necessariamente: ciò che conta è avere le porte della comunicazione aperte. L’importante è dare mentalmente spazio alla possibilità “che” o “di”.

L’obiettivo reale, nell’adozione di un linguaggio funzionale, non è tanto il perseguimento del successo, ma essere aperti sia al successo che all’insuccesso, all’accettazione del momento presente per come si determina, perché quella è la tua vita in quel momento. 

Solo con questa disposizione mentale, le probabilità di successo crescono perché non vivi nel timore costante dell’insuccesso.

Un linguaggio aperto apre le porte, uno chiuso le chiude. Non esiste un automatismo nei risultati, ma esistono maggiori o minori probabilità che qualcosa avvenga in funzione delle scelte che fai.

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