Benché le ansie sociali, e quindi anche la timidezza, siano disagi di natura cognitiva, la loro percezione e/o riconoscimento avviene per mezzo dei fenomeni che le esternalizzano, cioè dai comportamenti, attuati da chi ne è afflitto, intendendo per comportamento, tutto ciò che si fa e si dice.

Tuttavia l’ansioso sociale ne acquisisce coscienza anche per i flussi emotivi interni che vive e per i sintomi d’ansia non percettibili esternamente.

Alberto Sughi – andarsene

In questo quadro di riconoscibilità della manifestazione di tali forme di disagi s’inseriscono buona parte delle inibizioni ansiogene.

Ma cos’è l’inibizione ansiogena?

La possiamo definire come un fenomeno di origine cognitiva, generato da una valutazione di pericolo che determina emozioni negative, che si manifesta con forme di blocco mentale, censura, limitazione o impaccio nei comportamenti.

È anche descrivibile come una manifestazione d’ansia a seguito dell’insorgenza della paura. 

Da un punto di vista neurologico, vede coinvolto principalmente il sistema limbico, con l’amigdala che attiva le emozioni e l’ipotalamo che prepara l’organismo alla fuga.

In termini pratici, agisce come fattore di ostacolo al normale svolgimento delle attività cognitive di elaborazione, impedimento o freno di flussi alla coscienza di conoscenza e memoria, di disturbo dei processi affettivi, d’intralcio alle attività motorie, di disturbo o arresto nei processi decisionali, di preclusione alle funzioni di apprendimento, di paralisi o freno all’esercizio delle attività verbali.

L’inibizione ansiogena è tra le cause del mancato apprendimento di modelli di relazionamento sociale e manifestazione delle emozioni e sentimenti.

L’inibizione ansiogena è sempre alimentata da processi cognitivi e metacognitivi rivolti al futuro. I flussi di pensieri negativi che invadono la mente di una persona timida o di un ansioso sociale hanno, quindi, preminente carattere previsionale.

L’ attività di previsione, presuppone l’elaborazione d’informazioni necessariamente attinte, in buona parte, dal sistema cognitivo che, in questi casi, presenta significativi elementi di disfunzionalità e disadattività.

L’attività previsionale, nelle ansie sociali, si conclude sempre con una valutazione negativa che, pertanto, prefigura scenari catastrofici, insuccessi, rifiuti subiti, giudizi negativi altrui, perdita di credibilità e valore, dimostrazione di vere o presunte inadeguatezze.

In questi contesti psicologici, la previsione negativa di un evento, o di una performance, perde il suo carattere ipotetico a favore a favore di una concettualizzazione della probabilistica possibilità come prossima o coincidente all’effettiva materializzazione.

Di fronte all’idea della debacle, l’individuo timido o afflitto da ansia sociale, che vive tale previsione come evento certo che sta per abbattersi su di sé, cade in preda alla paura e, in certi casi, al panico.

L’insorgenza della paura è l’elemento, definitivo e determinante, che introduce l’inibizione ansiogena. 

Ogni movimento, ogni pensiero, ogni espressione verbale sono costrette alla convivenza invadente, e ad alta intensità, con la paura e i sintomi dell’ansia.

Nella figura che segue, è rappresentato uno schema riassuntivo grafico del fenomeno, nel suo insieme, relativo a un soggetto timido che faceva sempre scena muta durante le conversazioni.

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