Nei precedenti articoli abbiamo visto che le credenze di base sono definizioni del sé, degli altri e del mondo; che hanno la funzione di informare la mente quando deve svolgere le sue attività elaborative di interpretazione, valutazione, previsione e decisione; che fa tale funzione per mezzo di modelli interpretativi della realtà; che tali modelli non sempre sono interpretazioni della realtà oggettiva e in tal caso non sono aderenti al reale.

A ciò aggiungiamo che le credenze, in effetti, sono pensieri che hanno la caratteristica di essere “strutturali” del sistema cognitivo di base che ci permette di ragionare sulle cose in modo agevole, organico e funzionale.

Viene da domandarsi cosa sia la mente, a tale quesito preferisco rispondere ricorrendo alla descrizione che ne fanno i neurobiologi Maturana e Varela nella loro teoria enattiva (o dell’autopoiesi) in cui definiscono la mente come un insieme di relazioni di relazioni, di interazioni tra relazioni “derivate” di fenomeni fisici nelle nostre strutture cerebrali, la cui complessità è tale da non poterli più definire come fenomeni “fisici” perché vanno oltre la semplice fisicità, perché capaci di astrazione, sono qualcosa d’altro, per l’appunto, “mentali”.



Ma torniamo al tema dei pensieri strutturali. La nostra mente non abbisogna soltanto di informazioni che definiscano sinteticamente il mondo che percepiamo, come lo sono le credenze di base, occorrono altri processi cognitivi che possano funzionare come routine in modo da sveltire le attività elaborative o che fungano da “canovaccio”, da pista, per indirizzare lo svolgimento del pensiero in modo più funzionale agli scopi.

I pensieri strutturali hanno anche la funzione di indicarci in che modo procedere nell’approccio alla valutazione degli eventi e in che modo comportarci per ottenere i migliori risultati. Potremmo dire che questi ultimi sono credenze derivate da quelle di base.

In pratica, se le credenze di base, per fare un paragone, sono i numeri, altre credenze, che pure sono pensieri strutturali, sono le quattro operazioni dell’aritmetica o i teoremi dell’algebra.

Le credenze derivate hanno lo scopo, innanzitutto, di conferire significato pieno, senso approfondito e funzionalità alle credenze di base e, quindi, di renderle operative una volta attivate; hanno anche il ruolo di far discendere, dalle credenze di base, un sistema di regolamentazione del comportamento fisico e mentale. 

I pensieri strutturali, che abbiamo detto essere tutte delle credenze, di base o derivate, si posizionano a diverse “distanze” rispetto allo stato cosciente.

Le credenze di base sono inconsce e, quindi, le più profonde e difficili da individuare o raggiungere.

A un livello intermedio, che possono cioè anche sfiorare lo stato di coscienza, ma non pervenire allo stadio della consapevolezza, si trovano un insieme di tipologie di pensieri strutturali derivati.

Una parte stabiliscono i doveri cui la mente soggettiva deve allinearsi: le cosiddette doverizzazioni. 

Si tenga presente che quando parlo, in questo contesto, di “doveri” non mi sto riferendo a quelli morali, etici o di leggi stabiliti dalla società, qua si tratta di leggi che un individuo stabilisce per sé stesso, e come metro soggettivo di valutazione del comportamento altrui e che ritroviamo, sostanzialmente, nel proprio dialogo interiore.

Un’altra parte di questi pensieri strutturali e derivati indicano quali sono le condizioni che devono verificarsi per raggiungere uno scopo o per evitare dei danni: sono le credenze condizionali.

Un’altra parte di quest’insieme è costituita da assunzioni varie, motti, leitmotiv che sembrano delineare una sorta di codice auto etico.

Poi ci sono pensieri strutturali che pensano sui propri pensieri, ne valutano l’utilità o il danno, e determinano la disposizione della mente a esercitare determinati modi del pensare. Si tratta delle meta credenze o meta pensieri.

Decisamente tangenti allo stato di coscienza o, comunque, facilmente raggiungibili semplicemente prestando attenzione a ciò che si è pensato, ci sono i pensieri automatici che si ripetono frequentemente nella nostra mente, che sono quasi sempre gli stessi o che toccano lo stesso argomento e che svolgiamo in modo automatico. 

I pensieri automatici nei disturbi e disagi psicologici assumono sempre carattere negativo.



 

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