Nella parte prima ho trattato di due dei tre elementi di base interdipendenti della mindfulness e dell’accettazione. Oggi tratterò del terzo e di cosa s’intende per meditazione consapevole.
Il restringimento del repertorio comportamentale
Così come le credenze disfunzionali sono rigide e prevedono un numero molto ristretto di opzioni interpretative degli eventi e di sé stessi, anche i comportamenti delle persone soggette all’ansia sociale, hanno un repertorio comportamentale molto ristretto.
L’abitudine ad attuare comportamenti evitanti non danno spazio all’apprendimento o all’esercizio di altri modelli di comportamento.
Sia il mancato apprendimento, sia il mancato esercizio, fanno sì che l’insieme dei comportamenti in uso si restringono a pochi modelli che diventano, per il soggetto ansioso, atteggiamenti standard e, in gran parte, automatici.
Ciò è dovuto al fatto che gli individui, soggetti alle varie forme d’ansia sociale, tendono ad attuare quel repertorio dei comportamenti che permette loro di evitare d’incorrere in esperienze di sofferenza.
Va ricordato e sottolineato che questa tarantella accade perché l’individuo, memore delle esperienze trascorse, durante il processo di previsione degli eventi, associa alle esperienze sofferte, la situazione presente che sta valutando, in questo modo si verifica il fenomeno della fusione psichica, cioè rivive emotivamente l’esperienza del passato che viene associata al momento presente.
Ovviamente il restringimento del repertorio comportamentale comporta anche una netta riduzione delle possibilità operative o cognitive nella gestione della vita sociale. Le implicazioni di tale fattore, sono ancora più evidenti se consideriamo il comportamento come forma di comunicazione inevitabile: non a caso il modello assertivo pone molta attenzione proprio verso l’apprendimento di repertori comportamentali e di comunicazione verbale.
L’attenzione consapevole
L’accettazione non va intesa come rassegnazione, come una rinuncia ad agire nei confronti degli eventi, anzi, essa si configura come acquisizione della consapevolezza di ciò che si è, e di ciò che è fuori da noi. Attraverso questa consapevolezza è possibile muoversi, liberi da condizionamenti di giudizio e valore, nella direzione dei propri valori più autentici.
Proprio partendo dalla consapevolezza di ciò che è, la pratica della mindfulness, il cui significato scientifico del termine equivale ad “attenzione consapevole”, si propone di sostituire, nella vita quotidiana, i comportamenti disfunzionali, automatici e abituali con alternative consapevoli e adeguate al contesto, riuscire cioè, a trasformare in scelte consapevoli e pertanto libere, quei comportamenti che finora costituiscono un handicap.
La mindfulness è una pratica terapeutica chiamata anche terapia cognitivo comportamentale di terza generazione, è utilizzata soprattutto nei casi di ricadute o come tecnica di mantenimento delle condizioni di equilibrio post terapeutica, personalmente ritengo possa essere utilizzata anche come tecnica integrativa o di supporto della psicoterapia di base.
L’obiettivo di questa tecnica è lasciar fluire i propri pensieri negativi senza contrastarli e senza subirne le influenze ma, soprattutto, rimanere ancorati al tempo presente, all’istante che si vive in quel dato momento.
Tale scopo è raggiungibile attraverso due sub obiettivi:
- Apprendere e riconoscere i pensieri negativi e le emozioni conseguenti, acquisire cioè, consapevolezza di essi senza fare valutazioni di giudizio e valutazioni di validità.
- Abituarsi a fare scelte non in virtù o sotto l’influenza di pensieri ed emozioni negative, ma in direzione dei valori e degli scopi che sono importanti per la nostra vita.
Nelle tecniche cognitive comportamentali, dette di prima e seconda generazione, l’obiettivo non è quello di porre in atto un’attività di processo repressivo o di rifiuto puro verso i fattori disfunzionali, ma di svolgere analisi critica oggettiva dei pensieri automatici negativi e delle credenze disfunzionali, si prova cioè, a porre in discussione la loro validità e a costruire idee alternative.
Con la tecnica del mindfulness si continua ad evitare il puro rifiuto dei pensieri automatici negativi e delle credenze disfunzionali, ma anziché intervenire direttamente sui fattori negativi sopramenzionati con l’analisi razionale, si tende alla semplice acquisizione di consapevolezza dell’esistenza e caratteristiche di tali fenomeni.
La mindfulness si attua per mezzo dell’apprendimento di tre abilità di base che vanno poi mantenute con la pratica quotidiana:
- Essere agganciati al momento presente evitando, quindi, di farsi coinvolgere da emozioni e pensieri negativi. In ciò è di primaria importanza l’attenzione proprio al momento presente.
- Riconoscere i pensieri in quanto tali senza che questi ci facciano immedesimare con gli scenari negativi di cui sono portatori, né in situazioni trascorse e rimuginii. Evitando, quindi la fusione psichica.
- Superare i comportamenti evitanti obiettivo che si dovrebbe raggiungere per mezzo dell’acquisita consapevolezza di poter scegliere liberamente le nostre azioni.
L’accettazione e la tolleranza consapevole, verso le esperienze interiori negative, si pongono come strumento di gestione di ciò che non possiamo evitare in quanto intrinseco all’esistenza stessa: il dolore, l’angoscia, la sofferenza. Bisogna acquisire la consapevolezza che, come dice Kabat-Zinn, “i pensieri sono solo pensieri, non rappresentano la realtà”, in questo modo possiamo riuscire a disidentificarci nel presente con le esperienze interiori negative trascorse evitando, quindi, di subirle e trasportarle nelle nostre esperienze attuali e future.