Passato, presente e futuro nella timidezza

Passato, presente e futuro nella timidezza

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali
I ruminatori abituali stanno sempre col pensiero al passato. Ripetono tra sé i ricordi degli eventi, spesso fissandoli anche con immagini mentali raccolte da quelle memorie, per poi lasciarsi andare al rammarico e all’auto rimprovero: “Se non avessi …”; “Ma perché non ci ho pensato?!”; “Che idiota che sono stato!”; “Non ne azzecco una … ”; “Se avessi …”.

Claudia Venuto – la scala

Il ricordo degli eventi trascorsi imprigiona le persone timide nel loro passato, impedendo loro di vivere il momento presente. 

Per gli ansiosi sociali, la ruminazione rappresenta, al tempo stesso, un modo che li aiuta a trovare soluzioni (che poi non trovano mai) e una dannazione, perché si rendono conto di non riuscire più a controllarla. Nel passato si cercano anche le origini del male, come se, una volta trovate, la loro sofferenza si dileguasse come un fantasma che trova la pace.  In realtà, è il dolore della sofferenza che va superato, accettandolo. Il passato non è modificabile. I “se” del rammarico, alimentano la negazione della compassione, della comprensione, dell’accettazione, e rendono più pervasivo lo spirito dell’autocritica feroce, la non accettazione del sé, la conferma e rinforzo della validità e veridicità degli schemi cognitivi disfunzionali. In una tale foggia mentale, all’ansioso sociale sfugge un dato essenziale: che sta vivendo la sofferenza
La personalizzazione dell’insuccesso

La personalizzazione dell’insuccesso

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Tante persone afflitte da varie forme di ansia sociale, ricercano la chiave dei propri insuccessi tra le qualità personali o, in altri casi, nella propria costituzione biologica.

Elisa Anfuso – De miseria humanae conditionis

In certi casi anche gli incidenti “sociali” occorsi ad altri vengono fatti corrispondere a proprie manchevolezze, imperfezioni o incapacità.  In questi ultimi casi, siamo di fronte a una distorsione cognitiva (detta, per l’appunto, personalizzazione) che è un modo del pensare in cui il soggetto pone la propria persona all’origine degli insuccessi e degli incidenti, incorsi agli altri e che si verificano nelle situazioni sociali di varia natura.

Facendo riferimento alla percezione negativa del sé, la persona timida, senza rendersene conto, mette sé stessa al centro degli eventi (da cui, in realtà, vorrebbe fuggire). 

In pratica si percepisce come portatore o procuratore di danno agli altri. In ambedue i casi, il ventaglio delle ipotesi interpretative dei fatti si presenta quanto mai ristretto. L’ansioso sociale, nei suoi processi valutativi, dirige l’attenzione sulle proprie prerogative assunte come deficitarie. Ciò perché, ritenendosi inadeguato, pensa di essere un elemento d’innesco di dinamiche degenerate. Nei casi di valutazione dei propri insuccessi, il ragionamento inferenziale si consuma nel dedurre da un’idea a priori (credenze d

Timidezza e condizionamento

Timidezza e condizionamento

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I condizionamenti sono forme di apprendimento che possiamo spiegare secondo due paradigmi principali: apprendimenti comportamentali e cognitivi. Una volta che un comportamento o una cognizione è appreso, tende a essere ripetuto e rinforzato. L’apprendimento comportamentale

Alessio Serpetti – Il Crepuscolo della ragione

Detto condizionamento operante, è stato teorizzato da Skinner sulla base dei suoi esperimenti.

Sostanzialmente, consiste nel concetto che un determinato comportamento viene ripetuto con maggior assiduità e costanza quando produce vantaggi, effetti benefici o convenienza, per contro, tende a essere evitato se produce danno o risulta non essere conveniente. La valutazione di convenienza o di vantaggio non ha una collocazione temporale ben precisa, essa dipende dallo stile valutativo del singolo soggetto.  C’è, però, da dire che nelle ansie sociali l’arco temporale di valutazione prende in considerazione gli effetti relativi al futuro immediato e a escludere, potremmo dire a priori, il medio e lungo periodo.

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La nebulosità del rimuginìo nella timidezza

La nebulosità del rimuginìo nella timidezza

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L’individuo rimugina quando pensa di avere un problema da risolvere nel futuro. Quando quest’attività cognitiva si protrae nel tempo e acquisisce carattere ossessivo e incontrollabile, diventa disfunzionale.

Claudia Venuto – trittico obsession

Il rimuginìo si caratterizza per essere un processo cognitivo che consiste in una continua ripetizione di pensieri e, questi, si esprimono nella forma prevalentemente verbale.  I pensieri del rimuginìo patologico ineriscono all’idea dell’altissima probabilità che si verifichi l’evento temuto, dell’insostenibilità e terribilità di tal evento.

Il rimuginìo è sempre riferito al futuro, diversamente dalla ruminazione che è un processo cognitivo analogo ma che si riferisce al passato o al presente. Nella timidezza, e nelle altre forme di ansia sociale, questo processo cognitivo implica pensieri negativi sostanzialmente previsionali che si manifestano sotto forma di dialogo interiore. Negli ansiosi sociali, l’idea di terribilità e catastroficità, che accompagna l’attività rimuginante, suscita l’associazione con l’idea della morte, della fine, della chiusura del sipario, della resa dei conti, il confine oltre il quale c’è il precipizio. Ciò comporta che non esiste un “the day after”, anzi, data la gravità dell’evento temuto, questo, non è neanche ben chiaro al rimuginatore. Il rimuginìo è un’attività pe

Auto criticismo e perfezionismo nella timidezza

Auto criticismo e perfezionismo nella timidezza

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Introduzione

Ho più volte espresso il principio della notevole influenza ambientale nella formazione di sistemi cognitivi disfunzionali. 

Elisabetta Fontana – Anima a brandelli

Il formarsi della tendenza sistematica all’autocritica feroce nelle persone timide è uno degli esempi più evidenti del potere permeante dell’ambiente sociale in cui tali soggetti crescono e vivono. Gli studi che dimostrano questa diretta correlazione sono, oramai, numerosi.

Anzi, possiamo affermare che le ansie sociali sono, sostanzialmente, il prodotto storico delle interazioni di un individuo con le figure e i ruoli di riferimento.

Oggi sappiamo che i comportamenti reiterati nel tempo concorrono nella mente di un bambino, soprattutto nei suoi primi anni di vita, alla formazione di condizionamenti cognitivi operanti. Tali condizionamenti sono assorbiti nella memoria in termini di definizione del sé, degli altri e del mondo, e sono “emozionalizzati “ soprattutto nei soggetti a più alta reattività ansiosa. Detto in altro modo, si crea una stretta associazione tra il comportamento delle figure di riferimento e l’emozione vissuta dal minore al momento dello stimolo. Ricordo, ancora una volta che per comportamento s’intende sia ciò che si fa, sia ciò che si dice. Generalmente, le tendenze alla severa autocritica e al perfezionismo hanno una genesi familiare. I comportamenti genitoriali più

Le molte facce del controllo nelle ansie sociali

Le molte facce del controllo nelle ansie sociali

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L’attività di controllo è, di per sé, un processo metacognitivo.

Domenico Dell Osso -Controllo di impulsi opposti attraverso la ragione

Nelle persone timide e negli ansiosi sociali, differiscono tra loro in ragione dello scopo perseguito.  Possono essere di ricerca per l’affermazione e/o verifica della validità di credenze e assunzioni, espressione di metacredenze e confirmatorie della loro utilità, avere finalità preventiva.

L’aspetto dell’attività di controllo, dagli effetti più pervasivi, è quello che si presenta come meta credenza su sé stessa. In questi casi gli ansiosi sociali hanno tre modi di considerarlo. 

Il controllo come attività positiva e necessaria per evitare che si verifichi ciò che si teme, per evitare di trovarsi impreparati nelle situazioni temute, per poter predisporre una strategia di fronteggiamento che in genere è l’evitamento.  Questa visione di validazione del controllo serve anche a soddisfare il bisogno di certezza assoluta riguardo il soddisfacimento dell’ antiscopo, cioè evitare ad ogni costo il verificarsi degli eventi temuti che, però, impedisce il raggiungimento dello scopo desiderato (ad esempio, evitare di approcciarsi alla persona desiderata per evitare un insuccesso).  In quest’ottica possiamo dire di trovarci di fronte all’insofferenza dell’incertezza. Infatti, gli individui timidi, vedono un ricettacolo di minacce

La timidezza e le teorie personali sul proprio disagio

La timidezza e le teorie personali sul proprio disagio

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  Nel tentativo di spiegare e fronteggiare la propria sofferenza e disagio, le persone timide e gli ansiosi sociali, elaborano delle teorie personali.

Luigi De Gennaro – tracce di memoria

Queste rientrano in un ambito più ampio che è quello delle teorie della mente che l’uomo produce e con le quali, si spiega e prevede il comportamento degli altri e quello proprio. Si tratta della psicologia “fai-da-te”.

Teorie della mente ingenue o naif che si formano subendo l’influenza della storia delle proprie interazioni sociali, delle esperienze e delle emozioni che le hanno accompagnate. Le teorie psicologiche personali degli ansiosi sociali riguardano sia l’attribuzione delle cause della sofferenza, sia l’individuazione dei rimedi. Nell’attribuzione delle cause possiamo notare due indirizzi generali: quelli che rimandano a fattori interni (genetici, biologici, qualità e abilità personali, il passato) e quelle orientate verso fattori esterni (la famiglia, la scuola, l’ambiente sociale, la società, eccetera).

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Il controllo come perdita di controllo nella timidezza

Il controllo come perdita di controllo nella timidezza

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Oggi vi parlo di un aspetto particolare cui i timidi e gli ansiosi sociali non fanno caso sia nell’esperire i processi cognitivi e metacognitivi, sia a posteriori di questi.

Francis Picabia – i sensi

In più occasioni ho parlato di quanto gli ansiosi sociali e le persone timide abbiano bisogno di adottare strategie di controllo nel tentativo di governare gli eventi.

Preciso che quando parlo di convinzioni, metacognizioni, credenze, cognizioni, pensieri, mi riferisco a elementi disfunzionali, soggiogati dalle dinamiche proprie delle ansie sociali; non sono messe in discussione potenzialità e capacità logiche, mi riferisco a processi emozionali della mente.

Quella del controllo è una funzione che viene adottata in relazione a tre fattori principali.  Il primo fattore è l’intolleranza all’incertezza, quindi, la necessità di evitare ogni forma d’incertezza, di ambiguità, di neutralità. 

La persona timida adotta un modello dicotomico della realtà, ha bisogno di certezze: tutto ciò che è intermedio tra gli opposti, è vissuto come predittore di negatività. A lei non piacciono le situazioni incerte, ambigue, neutre; avverte il bisogno di sapere con che cosa deve misurarsi e cosa deve evitare. Ecco perché il controllo diviene una strategia di primaria importanza. Qua entrano in gioco una metacognizione e una doverizzazione che possono esprimersi, contemporaneament

L’intolleranza dell’incertezza nella timidezza

L’intolleranza dell’incertezza nella timidezza

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Le persone timide, non amano trovarsi in situazioni ambigue, interlocutorie, né in interazioni sociali neutre o incerte; non amano le comunicazioni che non esplicitano significati certi.

Domenico Dell’Osso – La vita non ha riva

Gli studiosi chiamano “intolleranza dell’incertezza” questo modo di percepire, interpretare le situazioni d’incertezza, sia emotivamente, sia con i comportamenti.

Gli ansiosi sociali, se sono chiamati a fare una valutazione di tali situazioni, le descrivono come stressanti, procuratrici di disagio, persino assurde. L’incertezza è considerata come qualcosa d’inaspettato, imprevedibile, incontrollabile. D’altra parte, va tenuto in conto che una persona afflitta da ansia sociale tende a valutare le cose, gli eventi e le situazioni, in modi dicotomici. Dal punto di vista dei soggetti ansiosi, l’incertezza delinea un futuro vuoto e che, pertanto, è premonitore di negatività. In breve, gli individui timidi considerano, quelli incerti, eventi negativi e da evitare.

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Comportamenti e stili cognitivi di protezione nella timidezza

Comportamenti e stili cognitivi di protezione nella timidezza

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Tutti quanti noi, nel momento in cui percepiamo una situazione in cui sia insita una minaccia, che valutiamo come concreta e altamente probabile, assumiamo comportamenti che o ci pongano nelle condizioni di controllare gli eventi nel caso decidiamo di affrontare tale situazione, oppure che ci permettano di evitare il concretizzarsi dei rischi.

Mariarita Renatti – Follie 2

In breve, per rispondere a questi rischi, ricorriamo a comportamenti e processi mentali di difesa detti “coping”.

Dunque, tutti facciamo ricorso ai coping.

Nell’ansia sociale tali comportamenti di protezione costituiscono lo stile operante, abituale e sistematico che caratterizza e determina il riconoscibile tratto caratteriale del soggetto ansioso. Perché questa differenza tra persone ansiose e non? Tutti gli ansiosi sociali hanno in comune alcune paure: essere giudicati negativamente dagli altri, mostrarsi inadeguati agli occhi degli altri, andare incontro a un insuccesso certo. Tutte queste paure costituiscono solo un primo anello di un sistema di timori che è strutturato su più livelli. Nel primo anello, incontriamo i timori più immediati che corrispondono a previsioni di rischi che, nella gerarchia consequenziale e previsionale, corrispondono “alla prima onda” di effetti causali e/o di previsione degli eventi. Nei successivi anelli del sistema di timori, che corrispondono a un livello di maggior