Sentirsi perdente

Sentirsi perdente

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Nel corso della sua vita, una persona timida accumula una tale quantità d’insuccessi che finisce col considerarsi fallita (… fallisco in ogni cosa che faccio) e quando questi esiti esprimono una discrepanza tra il sé sociale desiderato e quello materiale, tra i successi altrui e i propri fallimenti, tra l’idea dell’essere vincente nella competizione sociale e il non riuscirvi  (… finisco sempre per essere l’ultimo) si fa strada il sentimento di un’appartenenza surrogata, funzionale al dominio altrui ( … “non riesco a evitare di farmi dominare”, “alla fine subisco sempre”). 

Edward Hopper – n.t.

In quanto soggetto sociale che aspira a una piena accettazione e a un ruolo quanto meno di un pari (… non riesco mai a farmi valere), vive l’insuccesso come una sconfitta che, sommandosi alle altre, definiscono sé stesso come un perdente (… sono un perdente).

Quella del perdente è una figura retorica emblema di un individuo inadeguato all’interno del dominio in cui l’insuccesso si manifesta.

Nelle ansie sociali, una tale figura tende a permeare l’intero insieme delle cognizioni sul sé. Detto in altri termini, l’ansioso sociale tende a considerarsi perdente come persona, a generalizzare l’idea di una propria presunta inadeguatezza applicandola all’insieme delle sue qualità personali. [sul giudizio di sé]

Il problema sta nel fatto che l’ansi

Quando si pensa “sono stupido”

Quando si pensa “sono stupido”

Pubblicato da: Categorie: modi di percepirsi
Krizia evitava gli spazi comuni nel convitto dove viveva, perché era convinta di apparire stupida; Alberto che si percepiva goffo nei movimenti temeva di essere considerato stupido. Gliese si considerava stupida perché non riusciva a spiaccicar parola quand’era con gli altri. Alterio pensava che sarebbe sembrato stupido se avesse tentato di approcciarsi a Giulia. Adele e Curzio temono di apparire stupidi ogni qual volta devono parlare dinanzi a una platea.

Alessio Accalai – haunt

Molte di queste persone sentono, su di sé, gli occhi giudicanti degli altri. Immaginano gli altri impegnati a stabilire se la persona che stanno guardando hanno delle qualità negative.

Ma tutti questi “altri” non hanno proprio nulla da fare, che stare a giudicare, guarda caso, proprio questa persona timida? E perché proprio lei e non altri? Il problema è che le persone timide si percepiscono diverse, particolari, purtroppo, spesso, non in chiave positiva. La propria diversità è vissuta, al tempo stesso, come colpa e/o come difetto. Nel corso della loro vita, gli ansiosi sociali, inanellano tutta una serie d’insuccessi, spesso, anche consecutivi. Ciò accresce la disistima verso sé stessi e, di conseguenza, anche indecisione e insicurezza.

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La personalizzazione dell’insuccesso

La personalizzazione dell’insuccesso

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali, modi di percepirsi

Tante persone afflitte da varie forme di ansia sociale, ricercano la chiave dei propri insuccessi tra le qualità personali o, in altri casi, nella propria costituzione biologica.

Elisa Anfuso – De miseria humanae conditionis

In certi casi anche gli incidenti “sociali” occorsi ad altri vengono fatti corrispondere a proprie manchevolezze, imperfezioni o incapacità.  In questi ultimi casi, siamo di fronte a una distorsione cognitiva (detta, per l’appunto, personalizzazione) che è un modo del pensare in cui il soggetto pone la propria persona all’origine degli insuccessi e degli incidenti, incorsi agli altri e che si verificano nelle situazioni sociali di varia natura.

Facendo riferimento alla percezione negativa del sé, la persona timida, senza rendersene conto, mette sé stessa al centro degli eventi (da cui, in realtà, vorrebbe fuggire). 

In pratica si percepisce come portatore o procuratore di danno agli altri. In ambedue i casi, il ventaglio delle ipotesi interpretative dei fatti si presenta quanto mai ristretto. L’ansioso sociale, nei suoi processi valutativi, dirige l’attenzione sulle proprie prerogative assunte come deficitarie. Ciò perché, ritenendosi inadeguato, pensa di essere un elemento d’innesco di dinamiche degenerate. Nei casi di valutazione dei propri insuccessi, il ragionamento inferenziale si consuma nel dedurre da un’idea a priori (credenze d

L’ansia sociale e le percezioni negative di sé

L’ansia sociale e le percezioni negative di sé

Pubblicato da: Categorie: modi di percepirsi

La timidezza si manifesta quando nella mente di una persona si forma e si memorizza, in modo radicato, una definizione negativa di sé stessi.

Elena Vichi – Shellshock – psicosi traumatica

Ciò è vero, non solo per la timidezza, ma anche per tutte le altre forme di ansia sociale. Relativamente ai problemi di ansia sociale, tali definizioni del sé, dette anche “credenze di base”, riguardano le proprie qualità e peculiarità come soggetto che interagisce nell’ambiente.  Queste, dunque, riguardano principalmente:

La capacità di far fronte con efficacia a eventi e situazioni che implicano sé stessi come soggetti sociali: situazioni e contingenze in ambiente lavorativo, scolastico e sociale in generale, performance di varia natura, relazionamento interpersonale. L’abilità di inserimento sociale , del rapportarsi agli altri e della comunicazione interpersonale. Essere o non essere attraenti come persona e suscitare interesse negli altri. Essere o non essere meritevoli di amore e accettazione sociale. possedere o no capacità o abilità per nascita.

Le credenze di base, per lo più, non raggiungono lo stato cosciente dell’individuo, ma in esso vi si manifestano per “vie traverse”, ad esempio, attraverso le paure (paura di fallire, di essere giudicati negativamente, di essere rifiutati, ecc.); attraverso il “sentirsi” (“mi sento stupido”, “ mi sento un fallito

Quando il timido dice: mi sento inferiore agli altri

Quando il timido dice: mi sento inferiore agli altri

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide, modi di percepirsi
“Mi sento sotto il livello degli altri”; “mi sento sempre inadeguata rispetto agli altri”; “mi sento un gradino inferiore agli altri”; “mi sento inferiore. una fallita/un fallito” ;  “mi sento inferiore a tutti i miei coetanei” ;  “mi sento sempre inferiore a quelli del mio stesso sesso” ;  “vorrei sentirmi uguale a tutti gli altri senza sentirmi inferiore e stupida/o” ;  “mi sento inferiore a tutti” ;  “perché mi sento inferiore agli altri?” ;  “mi sento inferiore al mio ragazzo/ alla mia ragazza” ;  “non mi sento mai abbastanza”; “sono la/il peggiore di tutti”;  “non sono all’altezza degli altri” ;  “tutti sono superiori a me” ;  “non posso neanche immaginare di poter competere con gli altri” ;  “gli altri sono meglio di me”.

Elisa Anfuso – potrebbe volare ma non vola

Espressioni che ho sentito spesso dalla voce di persone timide o afflitte da altre forme di ansia sociale. 

Il senso d’inferiorità sembra essere una caratteristica primaria dell’auto descrizione di queste persone. Da dove nasce questo sentimento d’inferiorità?  La timidezza è un disagio di natura cognitiva che si manifesta allorquando, nella mente, si è formata una credenza di base che definisce la propria persona come soggetto fondamentalmente inadeguato, sbagliato, difettoso. La percezione di una propria inadeguatezza che avverte l’indi
Quando un ansioso sociale dice “non mi piaccio”

Quando un ansioso sociale dice “non mi piaccio”

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide, modi di percepirsi

Gli ansiosi sociali,  in quanto tali, inanellano serie consecutive d’insuccessi.

Elisabetta Fontana – Buio dell’anima

Gli incidenti di percorso capitano a tutti, l’errore è a portata di mano per qualsiasi persona. Tuttavia, l’incidenza e la frequenza degli insuccessi sono decisamente superiori negli ansiosi sociali. La causa di ciò è dovuta al fatto che essi adottano comportamenti disfunzionali che, a loro volta, sono il risultato di processi cognitivi inquinati da credenze inadeguate, emozioni di paura, sintomi d’ansia, metacredenze.

L’insieme di questi fattori “inquinanti” costituisce un mix che danno vita al circolo vizioso che alimenta l’ansia sociale.

Spesso gli insuccessi cui vanno incontro gli individui timidi, sono semplicemente dovuti a fattori contingenti. Il problema si pone nel momento in cui l’ansioso sociale, nella valutazione dell’esperienza, attiva determinate modalità cognitive: 

Personalizza l’insuccesso conferendo a sé stesso come persona, e alle proprie capacità, la colpa dell’esperienza negativa;  Per la valutazione dell’evento, adotta l’astrazione selettiva, per cui vengono ignorati sistematicamente tutti gli elementi contingenti e/o indipendenti dal comportamento del soggetto;  Non prende, nella dovuta considerazione, l’influenza dell’inibizione ansiogena; Valuta in chiave negativa i fattori neutri e, talvolt
La timidezza e le teorie personali sul proprio disagio

La timidezza e le teorie personali sul proprio disagio

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali, modi di percepirsi
  Nel tentativo di spiegare e fronteggiare la propria sofferenza e disagio, le persone timide e gli ansiosi sociali, elaborano delle teorie personali.

Luigi De Gennaro – tracce di memoria

Queste rientrano in un ambito più ampio che è quello delle teorie della mente che l’uomo produce e con le quali, si spiega e prevede il comportamento degli altri e quello proprio. Si tratta della psicologia “fai-da-te”.

Teorie della mente ingenue o naif che si formano subendo l’influenza della storia delle proprie interazioni sociali, delle esperienze e delle emozioni che le hanno accompagnate. Le teorie psicologiche personali degli ansiosi sociali riguardano sia l’attribuzione delle cause della sofferenza, sia l’individuazione dei rimedi. Nell’attribuzione delle cause possiamo notare due indirizzi generali: quelli che rimandano a fattori interni (genetici, biologici, qualità e abilità personali, il passato) e quelle orientate verso fattori esterni (la famiglia, la scuola, l’ambiente sociale, la società, eccetera).

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Sentirsi incapace nella timidezza

Sentirsi incapace nella timidezza

Pubblicato da: Categorie: modi di percepirsi

Il tema dell’incapacità nella timidezza è una delle problematiche cruciali di questo disagio sociale.

Elena Vichi – sedimentato

L’idea d’inadeguatezza può essere riferita a vari domini delle attività umane all’interno di un contesto sociale, intendendo con esso, qualsiasi attività che prefiguri interazione, in modo diretto o indiretto, con un sistema sociale (ad esempio, ambito lavorativo e/o di studio, amicale, del tempo libero, delle relazioni di coppia, artistico, eccetera).

Possiamo individuare diversi indirizzi di cognizione; infatti, possono essere relative:

 A specifiche carenza di qualità,  intese come mancanza di bravura nell’esercizio di determinate funzioni o prestazioni.  A carenza di bravura generalizzata, quindi, relativa all’intera persona. A inadeguatezza nel fronteggiare, con efficacia, determinate situazioni sociali. A inabilità nel relazionarsi agli altri. A incompetenza derivante da presunta insufficienza di conoscenze possedute. A inadeguatezza “innata” della persona stessa o derivante dal percepirsi “difettosa” per nascita. A inferiorità agli altri. A inadeguatezza nelle attività di comunicazione verbale. A inadeguatezza derivante da manifestazioni di sintomi d’ansia.

Il problema dell’incapacità, dunque, è alimentato da un repertorio piuttosto ampio di definizione del sé. Da queste premesse, risulta chiaro che il percepirs