Percepirsi asociale

Percepirsi asociale

Pubblicato da:

“Divento sempre più asociale”, “mi sento un asociale, non sono mai riuscita/o a integrarmi”, “l’apatia  mi rende asfittica/o”, “sono un asociale, infatti, sono uno sfigato”, “sono una persona che non socializza”, “sono sempre sola/o, davvero un asociale”, “non riesco a relazionarmi agli altri”.

Giampaolo Ghisetti – incomunicabilità

Sono alcuni dei modi di descrivere il percepirsi come persona asociale. Talvolta, le persone timide sono tacciate come tali, ciò accade anche per tanti individui afflitti da altre forme di ansia sociale.

Spesso, si fa confusione sull’uso stesso di questa parola.  L’asociale è, per definizione, un individuo insensibile ai problemi, alle occorrenze, ai bisogni che si manifestano nella vita sociale degli altri.

Si tratta di un’insensibilità che corrisponde a una precisa scelta volontaria del soggetto, una scelta non indotta da problemi d’interazione, ma da vero e proprio disinteresse personale verso gli altri, egli non è materialmente interessato. L’ansioso sociale, quindi anche la persona timida, ha esigenze completamente opposte all’asociale. Aspira ad avere una vita sociale, avverte un profondo bisogno di appartenenza, di essere e sentirsi parte della comunità e di poterne avvertire l’accettazione. Lo stato di emarginazione, di marginalizzazione, d’isolamento verso la vita sociale e di solitudine, è

Timidezza e condizionamento

Timidezza e condizionamento

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali
I condizionamenti sono forme di apprendimento che possiamo spiegare secondo due paradigmi principali: apprendimenti comportamentali e cognitivi. Una volta che un comportamento o una cognizione è appreso, tende a essere ripetuto e rinforzato. L’apprendimento comportamentale

Alessio Serpetti – Il Crepuscolo della ragione

Detto condizionamento operante, è stato teorizzato da Skinner sulla base dei suoi esperimenti.

Sostanzialmente, consiste nel concetto che un determinato comportamento viene ripetuto con maggior assiduità e costanza quando produce vantaggi, effetti benefici o convenienza, per contro, tende a essere evitato se produce danno o risulta non essere conveniente. La valutazione di convenienza o di vantaggio non ha una collocazione temporale ben precisa, essa dipende dallo stile valutativo del singolo soggetto.  C’è, però, da dire che nelle ansie sociali l’arco temporale di valutazione prende in considerazione gli effetti relativi al futuro immediato e a escludere, potremmo dire a priori, il medio e lungo periodo.

(altro…)

Timidezza e paura di dare l’impressione

Timidezza e paura di dare l’impressione

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide, Le emozioni
Ci sono aspetti cruciali che riscontriamo nei pensieri dell’ansioso sociale, il bisogno di appartenenza a un gruppo o a una comunità e il giudizio etico o morale che egli dà della propria persona.

Nicoletta Spinelli – La maschera 4

Mentre nel primo caso il problema dell’apparire si pone come antiscopo finalizzato a evitare di fare emergere o rendere visibili agli altri proprie presunte inadeguatezze, nel secondo è centrale il sentimento della vergogna per non essere corrispondente a un sé desiderato e idealizzato.

Tutti noi adottiamo dei coping (strategie comportamentali per fronteggiare le situazioni) per farci accettare, per ottenere riconoscimenti e ruoli sociali; tentiamo cioè di esaltare le nostre qualità positive cercando di apparire positivamente e appetibili. Nella normalità tali comportamenti sono finalizzati allo scopo di essere accettati o considerati ma, negli ansiosi sociali, nei timidi, sono finalizzati a evitare il giudizio negativo degli altri. Tale differenza può apparire insignificante, ma è invece sostanziale.  Infatti, nella normalità, lo scopo è l’accettazione, nell’ansia sociale lo scopo è l’antiscopo, cioè l’evitamento dell’apparire in modo negativo.  Per chiarire meglio questo concetto farò un esempio. Alberto, che vuole conquistare il cuore di Carla, si fa bello, cura il proprio aspetto, assume comportamenti ora da macho, ora gentili, cerc
La procrastinazione

La procrastinazione

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide
Molto comune tra le persone timide e gli ansiosi sociali, in generale, la procrastinazione si manifesta con molteplici funzioni strettamente correlate: è uno stile metacognitivo, una forma di evitamento cognitivo, un comportamento evitante.

Luigi Zizzari – procrastino

Come stile metacognitivo potremmo dire che nasce dall’assunzione che è meglio rinviare ogni decisione o scelta quando non c’è certezza di un risultato positivo oppure quando un buon esito può generare un vuoto di modelli cognitivi.

Qui l’intolleranza dell’incertezza può essere considerata come la chiave di lettura della strategia procrastinatrice, ma con diverse “venature”. Mentre la mancanza di certezza di un risultato positivo apre la strada ai pensieri catastrofici, il timore di un vuoto di modelli cognitivi attinge in modo più diretto a credenze di base inerenti l’idea d’inadeguatezza. Quest’ultimo aspetto è particolarmente sentito anche nei casi di resistenza al cambiamento che si verifica durante la psicoterapia. Se la mancanza di certezza risponde a una logica dicotomica e a un ristretto ventaglio di opzioni interpretative, il vuoto cognitivo pone, il soggetto ansioso, di fronte al problema di una forte carenza di abilità nel problem solving e al timore di una mancanza di riferimenti. Qualche esempio lo possiamo individuare in un pensiero del tipo: “se risolvo questo problema, dopo sarò costre
Timidezza e difficoltà di problem solving

Timidezza e difficoltà di problem solving

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide
Tra gli aspetti che producono maggior nocumento nella vita pratica dei timidi e degli altri ansiosi sociali c’è l’inconcludenza dei pensieri e dei comportamenti finalizzati al raggiungimento degli scopi.

Anna E Il Verdementa – Non guardare

Tale improduttività o inefficacia è da ricondurre alla mancata attivazione della modalità del problem solving.

Purtroppo, l’ansioso sociale mostra anche una mancanza di cognizione cosciente della sua difficoltà nel disporsi mentalmente in tale modalità produttiva. La dominanza del pensare negativo, che permea e caratterizza anche le principali attività metacognitive della ruminazione e del rimuginìo, distrae le capacità attentive e di elaborazione della conoscenza, indirizzando la mente verso il rammarico, l’autocritica negativa, la previsione negativa, la preoccupazione.   In breve, verso il restar bloccati in una condizione di stallo permanente che staziona il pensiero sull’idea dell’avere un problema senza provare la sua soluzione. Tra i comportamenti tipici che caratterizzano l’assenza o la carenza nel disporsi in modalità di problem solving possiamo indicare la procrastinazione, l’abbandono dell’attività, la programmazione di obiettivi oggettivamente non raggiungibili o di stampo prettamente generico, oppure di natura puramente idealistica. C’è da notare che quando un ansioso sociale o una persona timida programma degli
La paura dell’intimità

La paura dell’intimità

Pubblicato da: Categorie: Le emozioni

Quando una persona si percepisce inadeguata, ha paura. 

Elena Vichi – nascosta nel silenzio

Dato che alla percezione del sé sottende sempre una credenza, percepirsi inadeguati significa avere credenze del sé che definiscono se stessi come persone inadeguate. La paura dell’intimità o l’ansia da prestazione, non sfugge a questa legge. Un aspetto problematico di questo timore, che scaturisce dall’interazione sessuale, o dalla comunicazione interpersonale che sconfina nel personale, troppo personale, è che il percepirsi “difettosi”, oltre a essere alimentata da una credenza d’inadeguatezza, alimenta la formazione di una teoria “naif” sulle cause delle proprie difettosità.

Infatti, nella timidezza, come nelle altre forme di ansia sociale, il soggetto tende, e si sforza di farlo, di darsi una spiegazione sulle cause e sulla natura del proprio disagio.

Nel caso della paura dell’intimità, gli ansiosi sociali si trovano a viaggiare su una sorta di doppio binario cognitivo, uno che affonda direttamente nei livelli inconsci e che ha a che fare con le credenze originarie del disagio, l’altro che fa riferimento a processi di pensiero cosciente che sono l’espressione dello sforzo di comprensione. Coscienza e incoscienza si fronteggiano indicando, generalmente, cause e origini ben distinte, indirizzi metacognitivi e comportamentali all’insegna dell’incertezza e del

La paura di soffrire dentro

La paura di soffrire dentro

Pubblicato da: Categorie: Le emozioni
La sofferenza comporta emozioni forti che nessuno di noi vorrebbe mai provare. Dobbiamo, però, fare i conti con la condizione umana, gli eventi e le circostanze che si verificano nostro malgrado, talvolta, assolutamente estranei alla nostra persona.

Henry Fuseli. The Nightmare

Sull’inevitabilità della sofferenza sono già stati scritti fiumi di parole, sia nel campo scientifico, sia in quello artistico.

Essenziale, per far fronte alla sofferenza, è l’atteggiamento di accettazione. Nella vita reale, e in tutte le culture e le epoche storiche, i comportamenti messi in campo per evitare la sofferenza sono particolarmente graditi e praticati. C’è, però, una linea di confine oltre la quale i comportamenti di evitamento della sofferenza assumono carattere decisamente patologico. Nelle ansie sociali, l’evitamento della sofferenza, assume i connotati dell’antiscopo. Si evita il raggiungimento di scopi desiderati per evitare che il loro perseguimento possa comportare sofferenza.

(altro…)

Il rammarico della ruminazione nella timidezza

Il rammarico della ruminazione nella timidezza

Pubblicato da: Categorie: Le emozioni
Analogamente al rimuginìo, la ruminazione è un processo cognitivo che implica pensieri negativi ripetitivi e che, spesso, diventano incontrollabili. 

Rene Magritte – memorie di un viaggio

Anche in questo caso l’uomo rumina perché percepisce dei problemi fondati su eventi negativi passati o sulla condizione emotiva nel presente.

A differenza dal rimuginìo, la ruminazione, però, è rivolta al passato o al momento presente; quindi, differisce sia per contenuto che per struttura formale. È anche descritta come una categoria di pensieri coscienti e strumentali che ruotano intorno a un tema e che si presentano anche quando non esiste nessun stimolo ambientale. Nella timidezza e in altre forme di ansia sociale, la ruminazione è, in primo luogo, ripetizione, quasi ossessiva, del ricordo; in secondo luogo, è valutativa delle esperienze trascorse e del sé o degli altri.

(altro…)

La nebulosità del rimuginìo nella timidezza

La nebulosità del rimuginìo nella timidezza

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

L’individuo rimugina quando pensa di avere un problema da risolvere nel futuro. Quando quest’attività cognitiva si protrae nel tempo e acquisisce carattere ossessivo e incontrollabile, diventa disfunzionale.

Claudia Venuto – trittico obsession

Il rimuginìo si caratterizza per essere un processo cognitivo che consiste in una continua ripetizione di pensieri e, questi, si esprimono nella forma prevalentemente verbale.  I pensieri del rimuginìo patologico ineriscono all’idea dell’altissima probabilità che si verifichi l’evento temuto, dell’insostenibilità e terribilità di tal evento.

Il rimuginìo è sempre riferito al futuro, diversamente dalla ruminazione che è un processo cognitivo analogo ma che si riferisce al passato o al presente. Nella timidezza, e nelle altre forme di ansia sociale, questo processo cognitivo implica pensieri negativi sostanzialmente previsionali che si manifestano sotto forma di dialogo interiore. Negli ansiosi sociali, l’idea di terribilità e catastroficità, che accompagna l’attività rimuginante, suscita l’associazione con l’idea della morte, della fine, della chiusura del sipario, della resa dei conti, il confine oltre il quale c’è il precipizio. Ciò comporta che non esiste un “the day after”, anzi, data la gravità dell’evento temuto, questo, non è neanche ben chiaro al rimuginatore. Il rimuginìo è un’attività pe

Quando un ansioso sociale dice “non mi piaccio”

Quando un ansioso sociale dice “non mi piaccio”

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide, modi di percepirsi

Gli ansiosi sociali,  in quanto tali, inanellano serie consecutive d’insuccessi.

Elisabetta Fontana – Buio dell’anima

Gli incidenti di percorso capitano a tutti, l’errore è a portata di mano per qualsiasi persona. Tuttavia, l’incidenza e la frequenza degli insuccessi sono decisamente superiori negli ansiosi sociali. La causa di ciò è dovuta al fatto che essi adottano comportamenti disfunzionali che, a loro volta, sono il risultato di processi cognitivi inquinati da credenze inadeguate, emozioni di paura, sintomi d’ansia, metacredenze.

L’insieme di questi fattori “inquinanti” costituisce un mix che danno vita al circolo vizioso che alimenta l’ansia sociale.

Spesso gli insuccessi cui vanno incontro gli individui timidi, sono semplicemente dovuti a fattori contingenti. Il problema si pone nel momento in cui l’ansioso sociale, nella valutazione dell’esperienza, attiva determinate modalità cognitive: 

Personalizza l’insuccesso conferendo a sé stesso come persona, e alle proprie capacità, la colpa dell’esperienza negativa;  Per la valutazione dell’evento, adotta l’astrazione selettiva, per cui vengono ignorati sistematicamente tutti gli elementi contingenti e/o indipendenti dal comportamento del soggetto;  Non prende, nella dovuta considerazione, l’influenza dell’inibizione ansiogena; Valuta in chiave negativa i fattori neutri e, talvolt