Le credenze si esprimono attraverso i pensieri, ma le credenze disfunzionali producono pensieri e comportamenti disfunzionali, cioè poco adatti a fronteggiare gli eventi.

Una persona timida, nel momento in cui si trova a dover affrontare una situazione che le procura disagio, nelle sue varie forme espressive, vede pervadere la propria mente, da pensieri o  immagini mentali ispirati a pessimismo e negatività.

Nel suo dialogo interiore, il soggetto timido, valuta le proprie competenze, capacità, abilità, attraibilità, cioè i mezzi che è capace di mettere in campo. 

Avendo credenze che lo descrivono carente proprio in questi aspetti, le sue attività di previsione, sugli esiti delle sue ipotetiche azioni desiderate o considerate ideali, in risposta agli eventi cui deve far fronte, si dirigono verso valutazioni negative.

Abate Alberto – psiche 1995

Ciò accade perché il suo pensiero tende al pessimismo, a considerare i propri, come comportamenti inefficaci, destinati all’insuccesso certo e le cui conseguenze destinate a determinare il suo fallimento non soltanto relativo a quell’evento specifico, ma all’interezza della sua stessa persona.

L’insuccesso in una singola circostanza è posta come emblema della globalità di sé stessi. 

Il pessimismo caratterizzante i pensieri degli individui timidi sono il risultato di un processo cognitivo basato sulle informazioni che il sistema cognitivo riceve dalle credenze attivate, il problema è che questi schemi di memoria sono ipotesi interpretative, non di una realtà oggettiva ma emotiva.

Il mondo reale diventa così un campo minato. Il pensiero di chi soffre di ansia sociale è pessimista, vede sé stesso, gli altri e il mondo in termini negativi, il suo futuro senza speranza.

A questo stile del pensare, alcuni operatori contrappongono il pensare positivo, invitando a guardare sempre il bicchiere mezzo pieno, a prevedere gli eventi sempre in termini positivi, a pensare che volere è potere sempre e comunque, a considerare se stessi quasi come semi dei. Da un estremo si passa a un altro estremo. Poi, sistematicamente accade che, a seguito di un insuccesso, chi si è illuso che la vita sia solo tutto rose e fiori, precipita nel pessimismo più nero di prima.

Quello che conta, è riuscire a leggere gli eventi, a prevedere gli esiti del proprio comportamento, in modo più aderente alle dinamiche variegate della vita reale, ad acquisire coscienza e consapevolezza dell’esistenza di una pluralità di scenari possibili in cui può configurarsi la realtà, che non sempre si fallisce e non sempre si ha successo, che non sta scritto da nessuna parte che il passato debba ripetersi immutato anche nel presente e nel futuro, che ciascun individuo ha la capacità di autodeterminarsi, che un insuccesso non è il fallimento di un’intera vita.

Gli obiettivi si possono perseguire utilizzando due stili del pensare, quello razionale e quello funzionale.

Pensare in modo razionale significa cogliere la relatività del momento contingente, la moltitudine degli scenari possibili di conformazione della realtà, che le previsioni si possono fare in senso o in un altro, che i fatti  oggettivi non sono sensazioni, impressioni, emozioni. Pensare in modo razionale significa guardare i fatti nella loro oggettività senza ricorrere al giudizio, senza assegnare alle cose e agli eventi valore negativo o positivo, ma piuttosto guardare l’intera gamma delle possibilità. Il pensiero razionale mira in tutte le direzioni.

La timidezza costringe, gli individui che ne sono afflitti, a pensare in un’unica direzione, quella negativa. Ma esistono anche le direzioni positive e neutre. 

Il pensare funzionale opera in modo diverso. Il suo stile muove verso il perseguimento degli obiettivi. L’uso della praticità può essere più efficace di un pensiero inconfutabile ma poco fruttuoso. In certi casi, per fronteggiare circostanze difficili o avverse, il ragionamento funzionale può essere più adattativo e confacente alle necessità contingenti. 

Di fronte a certi comportamenti o modi di pensare abituali, può essere molto più utile domandarsi: “Ma a me cosa conviene fare per raggiungere il mio scopo, al di là delle teorie o della giustezza?”.

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