La comunicazione costituisce, senz’altro, l’ostacolo principale a una funzionale interazione interpersonale per tutti gli ansiosi sociali. La difficoltà di comunicazione, in effetti, impedisce alle persone timide di costruire relazioni in qualsiasi ambito sociale.
Nel descrivere il problema di non riuscire a comunicare con efficacia, le persone timide sembrano non saper uscire da una certa indeterminatezza, tendono a bloccare il proprio pensiero descrittivo alla sola manifestazione esplicita dell’ansietà.
“Non riesco mai ad esprimere ciò che penso”; “non sono in grado di esprimere dei concetti che magari ho ben chiari in mente”; “non riesco ad esprimere i miei sentimenti”; “quando spiego una mia idea, viene fuori un discorso ingarbugliato”; “nella mia testa ho moltissime idee però non riesco a farle uscire fuori dalla mia testa”; “mi inceppo e mi escono parole senza senso quando voglio dire bene qualcosa”; “ci sono molte volte in cui magari parlo proprio male”; “mi capita di saper bene ciò che voglio dire, di fissarlo in mente, ma di non saperlo dire magari con parole adatte”; “faccio fatica a parlare con la gente, quando lo faccio, parlo bisbigliando e spesso non si capisce quello che dico”; “farfuglio parole incomprensibili”.
Mentre la natura cognitiva della timidezza non è colta o appare poco evidente allo stesso soggetto timido, le conseguenze del comportamento e, in parte, esso stesso, (inteso come ciò che si fa e come quel che si dice) essendo l’esplicitazione finale della condizione dell’ansioso
sociale, risaltano subito allo stato cosciente.
sociale, risaltano subito allo stato cosciente.
La persona timida, infatti, è spesso ben cosciente delle inibizioni a cui soccombe e delle ripercussioni che subisce nella propria vita sociale.
Purtroppo, a tale livello di coscienza non corrisponde una adeguata consapevolezza delle cause e della genesi dell’intero processo cognitivo e comportamentale. Generalmente cade nella trappola di auto difesa indotta dal sistema cognitivo. Infatti, l’ansioso sociale assegna il ruolo causale a quegli stessi schemi cognitivi disfunzionali che sono alla base della propria condizione ansiosa.
“Non so cosa penso”; “è come se non riuscissi a dar forma ai miei pensieri”; “non so da dove iniziare, quali parole scegliere”; “quando ho un blocco durante una conversazione, da quel punto in poi, mi agito, mi sento un’idiota”; “nel momento in cui comincio una conversazione,
inconsciamente, già so che mi bloccherò, che non riuscirò ad esprimermi”; “alcune volte non riesco proprio a fare bei discorsi e mi sento stupida”; “sono incapace di parlare”; “mi sento proprio un deficiente”.
inconsciamente, già so che mi bloccherò, che non riuscirò ad esprimermi”; “alcune volte non riesco proprio a fare bei discorsi e mi sento stupida”; “sono incapace di parlare”; “mi sento proprio un deficiente”.
Eppure, proprio da questi tentativi naif di descrivere le cause, possono emergere quelle cognizioni e metacognizioni che potrebbero aprire una finestra nella comprensione della disfunzionalità cognitiva che regge, e alimenta, la condizione di essere timidi o soggetti ad altre forme di ansia sociale.
Un aspetto abbastanza caratteristico, nella difficoltà a esprimersi verbalmente, è il timore di giudizio altrui. La persona timida ha paura di apparire sciocca, incompetente, incapace, deficiente, ignorante, intellettualmente inferiore, vuota: in breve di trasmettere agli altri l’immagine di sé come di persona inadeguata.
Rispetto a questi timori, le persone timide reagiscono in due modi principali: con il comportamento evitante con il quale fanno scena muta, evitando del tutto la situazione o estraniandosi; oppure con una spinta in avanti, cioè affrontando la situazione ma con evidente imbarazzo e inibizione.
Proprio l’inibizione ansiogena gioca un ruolo determinante nelle performance comunicative degli ansiosi sociali. Infatti, essa è capace di produrre blocchi nel recupero mnemonico dell’informazione e nella formulazione dei costrutti linguistici.
Ma perché si ha timore del giudizio degli altri?
La spiegazione è da ricercare in due direzioni principali: nel bisogno di appartenenza sociale e, quindi, di essere accettati; nelle credenze di base che definiscono il sé come entità inadeguata.
A questi faattori causali di base, ad esempio, vi si possono aggiungere quelli dell’apprendimento dei modelli comunicativi e dell’esercizio alla comunicazione.
Proprio il comportamento evitante e l’inibizione ansiogena impediscono all’individuo timido di esercitare le abilità sociali che possiede oppure di apprenderle. D’altro canto, va anche notato, che un ansioso sociale si trova sovente in tale condizione proprio per la mancanza di apprendimento di modelli di relazionamento sociale.
Tuttavia, il mancato apprendimento non implica affatto una incapacità, ma anzi, apre la strada alla possibilità. Ciò che non si è appreso, lo si può sempre apprendere.
Per cominciare a esprimersi
Manuale di comunicazione