Krizia evitava gli spazi comuni nel convitto dove viveva, perché era convinta di apparire stupida; Alberto che si percepiva goffo nei movimenti temeva di essere considerato stupido. Gliese si considerava stupida perché non riusciva a spiaccicar parola quand’era con gli altri. Alterio pensava che sarebbe sembrato stupido se avesse tentato di approcciarsi a Giulia. Adele e Curzio temono di apparire stupidi ogni qual volta devono parlare dinanzi a una platea.

Alessio Accalai – haunt

Molte di queste persone sentono, su di sé, gli occhi giudicanti degli altri. Immaginano gli altri impegnati a stabilire se la persona che stanno guardando hanno delle qualità negative.

Ma tutti questi “altri” non hanno proprio nulla da fare, che stare a giudicare, guarda caso, proprio questa persona timida? E perché proprio lei e non altri?
Il problema è che le persone timide si percepiscono diverse, particolari, purtroppo, spesso, non in chiave positiva. La propria diversità è vissuta, al tempo stesso, come colpa e/o come difetto.
Nel corso della loro vita, gli ansiosi sociali, inanellano tutta una serie d’insuccessi, spesso, anche consecutivi. Ciò accresce la disistima verso sé stessi e, di conseguenza, anche indecisione e insicurezza.

Nella realtà, gli insuccessi che vivono nell’interazione sociale, sono il risultato di un insieme di fattori che esulano dalle loro capacità personali, sono contingenze del momento, sono gli effetti dell’ inibizione ansiogena che limita o blocca le loro abilità espressive, sono ostacoli o difficoltà oggettive insite nelle caratteristiche delle situazioni stesse, sono anche il modo di interagire degli altri, i miti e i costumi sociali.
L’individuo timido scandaglia solo se stesso alla ricerca di quell’imperfezione che, senza rendersene conto, vuol comunque trovare. E si sa, chi ha deciso a priori che nell’uovo c’è il pelo, lo trova anche ricorrendo all’allucinazione.
La persona timida pensa di essere stupida, convinta di interpretare correttamente i fatti oggettivi delle situazioni in cui è stato attore. In realtà, pensa ciò perché teme di essere valutata tale o di apparire in tal modo, perché ha già storicamente definito se stessa, nei propri processi inconsci, come individuo stupido o, comunque, dotato di inabilità o incapacità che implicano la stupidità.
Una convinzione inconscia che, probabilmente, ha maturato già durante l’infanzia per effetto dell’interazione con le figure di riferimento (genitori, accudenti, precettori, eccetera) e che, generalmente, porta i nodi al pettine nell’ adolescenza.
Questo convincimento, che risiede nei meandri profondi della mente e della memoria, difficilmente si presenta in modo esplicito allo stato cosciente e, possiamo dire, mai alla consapevolezza del sé.
Tuttavia, la credenza di essere stupidi, o comunque inadeguati, affiora allo stato cosciente per vie traverse. Il mondo della percezione è il percorso privilegiato di questo affiorare: così, l’ansioso sociale si “sente” stupido, “teme” di essere o apparire stupido, “prevede” di essere oggetto della stupidità, riflette negli altri le proprie paure convincendosi di essere osservato, scrutato e valutato come soggetto stupido.
Percependosi come persona stupida, o variamente inadeguata, il soggetto timido monitora anche i propri comportamenti, e qui scatta anche la paura di comportarsi stupidamente. Nel farlo analizza, la propria camminata, le movenze, il vestire, e quant’altro, in attesa dell’inghippo che è convinto, dovrà per forza arrivare. 
La paura è già diventata pervasiva, monta l’ansia e, sull’onda di tali effetti, i pensieri automatici, che hanno dato il via a questo processo, si ripresentano con valutazioni e previsioni negative ancora più stringenti. L’inibizione ansiogena entra in gioco e inizia lo show della goffaggine, del blocco emotivo, dei silenzi angoscianti, delle frasi che dopo riterrà stupide, della difficoltà a cogliere il momento, delle fughe, degli evitamenti.
L’ansioso sociale registra tutto ciò. In verità, registra solo gli effetti, non gli elementi causali oggettivi. Fatto sta, che associa gli effetti alle sue presunte qualità negative. Pertanto, data la credenza di essere persona stupida, tutto ciò che gli capita, o che pensi gli possa capitare, per lui, è a causa della sua stupidità.
Il sentirsi persona stupida non implica necessariamente una credenza di base che definisce il sé come stupido. L’idea della stupidità di sé può anche essere una considerazione o implicazione di tipo logico, “derivata” da una credenza di base che definisce la propria persona come inabile all’interazione sociale, o incapace a far fronte, con efficacia, a situazioni che si verificano in ambiti sociali.
In virtù di ciò, il soggetto timido prevedendo o percependo la trasparenza della propria inadeguatezza può presagire un giudizio di stupidità da parte degli altri, o un comportamento proprio “stupido”, secondo quelli che egli ritiene siano i canoni di valutazione sociale. In breve, ci si percepisce stupidi perché ci si sente inadeguati.
 
 
 
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