Ho spesso sentito descrivere, da persone timide, il proprio comportamento come “indossare una maschera”, “recitare” un ruolo non proprio; una descrizione che rende bene l’idea dello stato emotivo che vivono gli ansiosi sociali e anche lo spirito che li spinge a comportamenti di protezione. La loro recita è forzosa e quasi sempre incontrollata.
Infatti, se l’attore di teatro recita un ruolo facendo una scelta volontaria e quindi cosciente, egli è capace di controllare e modulare la propria recitazione; l’ansioso sociale quella maschera la subisce.
La recitazione della persona timida non è fluente, è impacciata, risponde a impulsi automatici.
Una ragione di ciò, sta nel fatto che i processi cognitivi e il comportamento dell’ansioso sociale, operano avendo come obiettivo l’antiscopo, cioè quello di evitare che avvenga ciò che si teme.
La loro attenzione si concentra ed è finalizzata all’obiettivo di evitare anziché al fare.
A conti fatti, piuttosto che perseguire gli scopi inerenti la propria realizzazione sociale, paradossalmente, e senza che se ne rendano conto, le persone timide, si pongono, come obiettivo, che il proprio scopo di socialità non avvenga.
L’individuo timido indirizza la propria attenzione su ciò che giudica terribile e assolutamente da evitare, e in questo tragico tentativo si allontana dall’ affermazione di sé.
Come saprai, l’insieme degli scopi costituisce il sistema motivazionale dell’individuo.
Lo scopo, in sé, è la cognizione di uno stato delle cose che si desidera o intende raggiungere.
Si può dire che la funzione dello scopo è di orientare i processi mentali e i comportamenti per il raggiungimento dell’obiettivo.
Gli scopi possono avere una polarità positiva o negativa.
Nella prima si assumono valori e significati che permettono di dare un senso ai vari livelli o gradi di realizzazione degli scopi.
Nella polarità negativa ciò che conta è il non avvenire, la certezza che l’evitamento di ciò che si teme sia del tutto compiuto; il valore della certezza esclude livelli intermedi di raggiungimenti dello scopo.
Le due polarità s’inibiscono reciprocamente.
Faccio un esempio: poniamo che Tizio sia una persona timida e che abbia il terrore di essere rifiutato e di subire il giudizio altrui, poniamo anche che ami Caia e che, quindi, il suo desiderio è di conquistare il suo amore.
Quando Tizio deve approcciarsi a Caia, nel tentativo di relazionarsi con lei, viene subissato dalle sue paure del rifiuto, di fallire e di diventare oggetto di giudizio da parte degli altri.
La sua mente è pervasa da un flusso di pensieri automatici negativi che da una parte definiscono Tizio come persona incapace e dall’altra fanno previsioni di fallimento, di rifiuti, di sberleffi, di maliziosi sogghigni, dei giudizi di incompetenza e incapacità.
Avendo, Tizio, il terrore di questi rischi prefigurati dai suoi pensieri previsionali, si trova di fronte al bisogno, che ben presto si trasforma in una necessità, di dover evitare, assolutamente, il rifiuto di lei e il fallimento sociale di lui stesso.
A questo punto lo scopo di conquistare Caia viene subissato da uno scopo opposto, evitare di essere rifiutato da Caia.
La polarità positiva dello scopo (conquistare Caia) è negata dall’antiscopo, cioè la polarità negativa dello scopo che è quella di evitare di conquistare Caia.
I soggetti timidi sono spesso coscienti che i propri comportamenti, da ansiosi, danneggiano sé stessi, tuttavia non riescono ad agire diversamente, perché nelle situazioni ansiogene, la loro mente è dominata da processi cognitivi e metacognitivi negativi.
Difficilmente hanno consapevolezza del fatto che assumono, come scopo, la sua stessa negazione: l’antiscopo.
E tu, hai fatto caso al tuo antiscopo?