Seconda Parte

 Nella circostanza del sentirsi oggetto delle chiacchiere, dei pensieri e dei giudizi altrui, l’idea d’inadeguatezza che la sottende, non si presenta alla coscienza delle persone timide in modo diretto e chiaro. 

Ugo Attardi – a teatro

Non c’è consapevolezza di questo transfert; esse credono per davvero di interpretare correttamente i pensieri che corrono nella mente degli altri, la direzione e l’intenzione dei loro sguardi, l’argomento di discussione tra persone che parlano tra loro. 

Spesso avvertono tutto ciò come un “sento che…”, “Ho l’impressione che…”, “Pare proprio che…”. In certi casi, ne sono persino certi.

Quei pensieri, quelle parole, quei sorrisi, quegli sguardi che la persona timida pensa di aver ben interpretato, costituiscono l’oggetto del comportamento e dell’attenzione rivolta all’azione di controllo. 

È proprio quest’ultima un indizio dell’attivazione di credenze di base disfunzionali e/o di stili metacognitivi. 

Ci sono anche altri “sintomi” indicativi del processo cognitivo inconscio e del transfert, sono le emozioni, gli stati ansiosi, la ruminazione.

Il timore di essere oggetto delle valutazioni altrui ha sempre un retroterra cognitivo.

Gli individui timidi focalizzano su sé stessi anche quando gli stimoli provengono dai comportamenti altrui: si tratta di un indirizzo quasi esclusivamente unidirezionale, ed  è il rapporto con le proprie esperienze interne. 

Tuttavia, allo stato cosciente, quello che gli ansiosi sociali percepiscono, sono le emozioni, i sintomi d’ansia e le interpretazioni finali degli eventi, questi ultimi, quando hanno già subito, nei livelli inconsci di elaborazione, il condizionamento di credenze di base, metacognizioni e assunzioni disfunzionali.

La lettura del pensiero s’impone alla loro coscienza con una parvenza di grande logicità anche perché fortemente sponsorizzata dagli stati emotivi e ansiogeni. 

Inoltre, la disposizione mentale verso il ragionamento emozionale favorisce la logica insita dell’inferenza arbitraria: basta che Tizio giri la testa verso la tua direzione per stabilire che ti sta guardando, oppure valutando o sparlando di te. E ciò indipendentemente dal contesto, dagli eventi di quel presente, dall’ambiente circostante.

C’è anche la componente culturale, cui ho già accennato. Alcune forme di distorsioni cognitive sono molto diffuse. Ciò favorisce l’apprendimento di massa. Laddove la distinzione tra stili cognitivi razionali e irrazionali non si sviluppa, l’apprendimento è inconsapevole del livello di efficacia di tali strumenti “logici”.  

Nell’ansia sociale in cui si tende al ragionamento e all’interpretazione emozionale, l’apprendimento inconsapevole delle distorsioni cognitive, agevola o asseconda, il loro uso “patologico”: quelle che sulla base delle esperienze attive e fruttuose di vita, possono anche rilevarsi strumenti utili di previsione e valutazione, si trasformano in costrutti logici e operativi automatici e ad alto contenuto ansiogeno.

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