Il tema dell’incapacità nella timidezza è una delle problematiche cruciali di questo disagio sociale.

Elena Vichi – sedimentato

L’idea d’inadeguatezza può essere riferita a vari domini delle attività umane all’interno di un contesto sociale, intendendo con esso, qualsiasi attività che prefiguri interazione, in modo diretto o indiretto, con un sistema sociale (ad esempio, ambito lavorativo e/o di studio, amicale, del tempo libero, delle relazioni di coppia, artistico, eccetera).

Possiamo individuare diversi indirizzi di cognizione; infatti, possono essere relative:

  •  A specifiche carenza di qualità,  intese come mancanza di bravura nell’esercizio di determinate funzioni o prestazioni. 
  • A carenza di bravura generalizzata, quindi, relativa all’intera persona.
  • A inadeguatezza nel fronteggiare, con efficacia, determinate situazioni sociali.
  • A inabilità nel relazionarsi agli altri.
  • A incompetenza derivante da presunta insufficienza di conoscenze possedute.
  • A inadeguatezza “innata” della persona stessa o derivante dal percepirsi “difettosa” per nascita.
  • A inferiorità agli altri.
  • A inadeguatezza nelle attività di comunicazione verbale.
  • A inadeguatezza derivante da manifestazioni di sintomi d’ansia.

Il problema dell’incapacità, dunque, è alimentato da un repertorio piuttosto ampio di definizione del sé.

Da queste premesse, risulta chiaro che il percepirsi incapace, è una condizione psicologica di chiara natura cognitiva.

Ad accentuare la percezione del sentirsi incapace, concorrono anche le interazioni sociali non riuscite e vissute come un fallimento dall’ansioso sociale.

Quando una persona timida inanella una sequenza d’insuccessi, conferma e rafforza le credenze negative che ha su sé stessa.

Il problema di competenza è alimentato da schemi cognitivi, cioè da un insieme di cognizioni che si dispongono su diversi livelli di coscienza o, per meglio dire, a diverse distanze dallo stato di coscienza. Questi schemi cognitivi sono costituiti da credenze che hanno tra loro un rapporto causale o conseguenziale. 

Infatti, ogni tassello giustifica e conferma la validità di ogni elemento dello schema stesso.

Le credenze di base, sono giustificate da pensieri e metapensieri che rendono, lo schema cognitivo, un sistema che, nelle valutazioni delle persone timide,  acquisisce una sua logica e una propria coerenza.

L’idea d’incapacità, che s’insinua nella mente dell’individuo timido, si manifesta, allo stato cosciente, in diversi modi.

  • Può presentarsi attraverso le emozioni, per esempio, aver paura di essere o apparire in un determinato modo.
  • Può veicolarsi per mezzo di un’emozione apparente, cioè come pensiero emotivo, ad esempio, il sentirsi in un certo modo.
  • Può manifestarsi come pensiero di tipo previsionale, ad esempio, “penseranno che non sia all’altezza”, “darò l’impressione di essere uno stupido”.
  • Può avere la forma d’immagini mentali come ad esempio immaginare volti di persone che ridono di lui.

Comunque sia, la cognizione d’incapacità è sempre strettamente collegata a emozioni di paura che possono essere rivolte all’esterno, come la paura del giudizio altrui, o orientate all’interno ma con riflessi verso l’esterno, come i timori dell’insuccesso, del fare brutte figure, dell’essere rifiutati, di apparire ciò che si teme di essere.

In genere, i timori propesi verso l’interno, tendono a descrivere la corrispondenza, più o meno esatta, con la credenza del sé che li sottende. Ad esempio se temo di essere giudicato una persona stupida, penso di essere stupido.

In conclusione, possiamo riassumere asserendo che il percepirsi incapace è attinente a credenze che definiscono il sé come inadeguato. Tali credenze, si manifestano a livello cosciente per mezzo di emozioni, percezioni e pensieri automatici con chiaro riferimento a un’idea d’incapacità. 

Tu cosa senti di essere?

 

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