In molte forme di timidezza la sessualità è motivo d’ansia perché tocca diversi tipi di timore: di una cattiva prestazione, di un’inadeguatezza fisica, di un’inabilità comportamentale, di un’incapacità al soddisfacimento del/la partner, di un blocco fisiologico.

Egon Schiele – l abbraccio

La timidezza è un disagio sociale di natura cognitiva ed esiste solo in virtù dell’interazione interpersonale. Fuori da quest’ambito non esiste.

È proprio questa sua natura cognitiva a generare i problemi che stanno alla base dell’ansia da prestazione, dell’ansia da relazione o dell’ansia da rapporto sessuale.
A farla da padrone è l’idea d’inadeguatezza che la persona timida ha di sé stessa e, in certi casi, di una generica idea d’indisponibilità dell’altro/a.
Il senso d’inadeguatezza può riguardare vari ambiti, l’incapacità a gestire efficacemente situazioni, la difettosità costitutiva della propria persona, l’idea di non essere sufficientemente amabile o meritevole di amore, l’idea di non corrispondere agli standard che l’individuo
timido ritiene essere quelli socialmente riconosciuti o che adotta come propri. 

Senso d’inadeguatezza che appare particolarmente rimarcata se, al contempo, nella mente del soggetto timido insistono anche credenze negative riguardanti l’altro e il mondo sociale. In quest’ultimo caso, il mondo fuori da sé, è più che altro definito come inospitale, non inclusivo, fino anche a essere percepito come superficiale e materiale.
L’idea d’inadeguatezza implica paure collegate: la paura del rifiuto, dell’insuccesso, del fallimento, dell’umiliazione derivante da questi, il timore di sbagliare, di rendere evidente agli altri le proprie imperfezioni, difettosità, incapacità, inabilità.
Chiaramente, il pensiero che questi timori si possano verificare, comportano la previsione di conseguenze catastrofiche che comportano la solitudine, l’esclusione, l’umiliazione, la cessazione di appartenenza sociale.
Ecco dunque che la sessualità, benché fortemente desiderata, appare anche come portatrice di minacce, di rischi carichi di sofferenze che appaiono e sono considerate non sopportabili.
L’insopportabilità della sofferenza, qualunque ne siano le cause, è il fattore che determina la scelta tra il perseguimento dello scopo o dell’antiscopo.
È possibile che gli schemi cognitivi disfunzionali e le paure conseguenti, determinino pensieri automatici negativi che individuano nella personale corporeità le cause e le ragioni delle proprie preoccupazioni. 
L’idea di un’insufficienza fisica è piuttosto comune nelle persone timide. Va tenuto conto che, diversamente dalle cognizioni profonde, il corpo è l’elemento che maggiormente si presenta ai sensi e al pensiero cosciente, e quindi finisce con l’essere l’oggetto elettivo dell’indagine che la persona timida svolge alla ricerca delle cause della propria sofferenza.
L’idea dell’imperfezione corporea è anche favorita dalla veicolazione di modelli, etici ed estetici, maggiormente favoriti dalla comunicazione sociale.
Nei processi cognitivi della timidezza, così come accade per le altre forme di ansia sociale, non vengono presi in considerazione tutti quegli elementi conoscitivi e oggettivi, provenienti dall’esterno, che riducono drasticamente il valore, la portata e l’influenza che gli standard ideali ottengono nella vita reale.
“E se non gli/le piacessi?”; “Magari penserà che non sono sufficientemente dotato”; “penserà che sono frigida”; “e se vengo subito? Che figura che faccio!”; “Potrebbe pensare che sono troppo facile”; “e se m’imbrano?”; “Potrebbe pensare che non è proprio cosa mia”; “e se si accorge che non ho esperienza? Che figura ci faccio?”; “Potrei non essere all’altezza”; “potrebbe pensare che sono troppo grassa/o [magro/a]”; “si accorgerà che sono deforme”; “forse non mi ama abbastanza”; “potrebbe pensare che non l’amo abbastanza”; “non so come cominciare”; “come mi comporto, se succede un inghippo?”; “E se le cose vanno proprio male?”.
Ma le paure e le preoccupazioni, legate alla sessualità, non si fermano qui. 
I pensieri previsionali negativi sono capaci di setacciare ogni minimo indizio di una propria inadeguatezza, persino quando non esiste. Al tempo stesso, questi pensieri, possono centrare l’attenzione sulle possibili reazioni negative dell’altro/a, su possibili disinteressi, soprattutto, sui giudizi negativi che potrebbe esperire.
Ciò spinge gli individui timidi anche a comportamenti di controllo che vanno sia in direzione di sé stessi, sia diretta a monitorare i comportamenti e le espressioni dell’altro/a, alla ricerca dell’imperfezione imperdonabile.
 
 
 
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