In tutte le forme di ansia sociale si manifesta una intenzione assai diffusa, nascondere il proprio disagio oppure le personali inadeguatezze che si ritiene di avere. Le persone timide non sfuggono a questa tendenza.

Antony Williams – Caroline I

Le ragioni per le quali ci si sforza di non apparire in quelle forme negative in cui si teme di corrispondervi muovono in tre direzioni principali:

  • L’immagine di sé agli occhi degli altri. Qua entra in gioco il bisogno di appartenenza sociale. Infatti, apparire in chiave negativa potrebbe compromettere il proprio status all’interno di un gruppo o di una comunità.
  • L’esplicitazione di sé, in chiave negativa, agli occhi di sé stessi. Benché l’individuo timido abbia credenze di base che definiscono sé stesso come persona inadeguata in uno o più ambiti sociali, difficilmente riconosce di avere tali caratteristiche allo stato cosciente. Per lo più egli si percepisce inadeguato. Le credenze di base, in realtà, tendono a manifestarsi alla coscienza in forma “derivata”, cioè sotto forma di pensieri previsionali automatici, attraverso l’emozione della paura di essere ciò che l’inconscio suggerisce, attraverso il timore dell’insuccesso.
  • La trasgressione riguardo al non corrispondere a valori fondamentali cui si fa riferimento. A tal riferimento, i sentimenti della vergogna e la marcata tendenza ad auto giudicarsi costituiscono degli elementi caratterizzanti.

Nelle varie forme di ansia sociale va affermandosi il perseguimento dell’antiscopo, ossia, il manifestarsi di pensieri e comportamenti che, nel tentativo di evitare una sofferenza che si ritiene pressoché certa, ricadono nella negazione a sé stessi degli scopi desiderati.

In pratica, il timore che scaturisce dall’idea previsionale che da un evento, una situazione o un comportamento possa provocare sofferenza a sé stessi, induce a non perseguire un proprio obiettivo onde evitare tale rischio. Ovviamente, il risultato è che per evitare una presunta probabile sofferenza si resta incagliati nella sofferenza in cui già si affoga.

I tentativi di nascondere le proprie paure, oppure le presunte inadeguatezze, in realtà, rendono più evidenti i disagi che si provano.

Innanzitutto, tutte le emozioni di base, come la tristezza, la malinconia, lo spirito depresso, l’infelicità, eccetera, sono insite della specie umana e si manifestano in modo automatico e autonomo, cioè, senza che vi sia l’intenzione cosciente di esplicitarla. 

Ciò significa che, ad esempio, una persona triste non sarà mai in grado di nascondere la propria tristezza, persino quando tenta di abbozzare qualche sorriso.

Poi c’è il mondo del comportamento, quello per intenderci, della postura e degli atteggiamenti. L’essere umano non comunica solo con le parole, lo fa persino se resta completamente immobile.

Ciò implica che il modo in cui ci comportiamo permette agli altri di individuare il nostro stato emotivo, e perfino il nostro stile di vita o la nostra cultura di riferimento.

Sebbene sto isolato in un cantuccio, vengo subito inquadrato come uno che ha grossi problemi a relazionarsi, lo stesso accade a chi se ne sta chiuso in casa. Se non mi riesce di prendere parte alle discussioni, sono subito inquadrato o in uno che non ha nulla da dire cioè una persona vuota, o in una persona estremamente timida.

Va anche detto che le persone afflitte dalle varie forme di ansia sociale non adottano un linguaggio di relazione interpersonale comune, il loro modo di relazionarsi verbalmente ha la caratteristica di essere povero nella diversificazione dell’espressione relazionale, di avere pochi schemi tattici del discorso, di essere poco incline alla duttilità della strategia comunicativa.

In definitiva possiamo dire che ogni condizione di disagio sociale è facilmente individuabile attraverso il comportamento che qui è intenso come ciò che si fa e quel che si dice.

Ogni tentativo di non apparire timidi è destinato al fallimento anzi, più si cerca di non apparire come tali, più si lascia trasparire la propria condizione.



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