Scopo e antiscopo nelle ansie sociali

Scopo e antiscopo nelle ansie sociali

Pubblicato da: Categorie: I comportamenti degli ansiosi sociali e delle persone timide, I problemi delle persone timide

Ho spesso sentito descrivere, da persone timide, il proprio comportamento come “indossare una maschera”, “recitare” un ruolo non proprio; una descrizione che rende bene l’idea dello stato emotivo che vivono gli ansiosi sociali e anche lo spirito che li spinge a comportamenti di protezione. La loro recita è forzosa e quasi sempre incontrollata. 

Domenico Dell’Osso – L affermazione è il punto di partenza il primo passo che apre la via al cambiamento

Infatti, se l’attore di teatro recita un ruolo facendo una scelta volontaria e quindi cosciente, egli è capace di controllare e modulare la propria recitazione; l’ansioso sociale quella maschera la subisce.  La recitazione della persona timida non è fluente, è impacciata, risponde a impulsi automatici.

Una ragione di ciò, sta nel fatto che i processi cognitivi e il comportamento dell’ansioso sociale, operano avendo come obiettivo l’antiscopo, cioè quello di evitare che avvenga ciò che si teme. 

La loro attenzione si concentra ed è finalizzata all’obiettivo di evitare anziché al fare. A conti fatti, piuttosto che perseguire gli scopi inerenti la propria realizzazione sociale, paradossalmente, e senza che se ne rendano conto, le persone timide, si pongono, come obiettivo, che il proprio scopo di socialità non avvenga. L’individuo timido indirizza la propria attenzione su ciò che giudica terribile e as

Timidezza e auto sabotaggio

Timidezza e auto sabotaggio

Pubblicato da: Categorie: I comportamenti degli ansiosi sociali e delle persone timide

Nella timidezza l’auto sabotaggio si verifica in tutti i comportamenti e i pensieri non funzionali al raggiungimento dei nostri obiettivi. Tutti questi pensieri disfunzionali e i comportamenti conseguenti, al momento, possono apparire logici, oppure come immanenza dell’inevitabilità. 

George Grosz – Suicide

Spesso il prendere coscienza della disfunzionalità e del loro essere auto sabotaggio, avviene a posteriori, quando il dado è tratto e se ne vedono le conseguenze negative. In tali contesti possono susseguire due tipologie di pensieri, ambedue confermanti le credenze negative sottostanti. Una prima tipologia si può manifestare nella spietata autocritica con la sottolineatura delle proprie inadeguatezze, caratterizzate da frasi tipo, “non sono buono a niente”, “non faccio altro che combinare casini”, “ancora una volta ho dimostrato quello che sono, una nullità”, “faccio sempre stronzate”.  Nella seconda tipologia possiamo intravvedere i cosiddetti “pensieri razionalizzanti”, che tendono a giustificare i comportamenti che si sono avuti, in genere di evitamento, e che si verificano sempre a posteriori di una data situazione.  Faccio un esempio: Caio ha, come credenza di base, quella di non ritenersi amabile, ha sviluppato un pensiero doverizzante, secondo il quale, nella vita bisogna sempre essere accettati da tutti. Entra in un negozio per acquistare un pantalon

La circolarità della timidezza

La circolarità della timidezza

Pubblicato da: Categorie: Il sistema cognitivo

La timidezza si auto alimenta e auto perpetua e ciò è vero per tutte le forme di ansia sociale.  Il tempo, inteso come sequenza di ripetizione di attivazione delle credenze, dei pensieri automatici negativi , dei comportamenti di difesa (evitamento, elusione, fuga, fuga in avanti, estraniazione), dei sintomi d’ansia, costituisce il fattore di radicamento della timidezza stessa. La timidezza emerge con l’attivazione delle credenze di base disfunzionali, da queste, parte una sequenza di processi, cognitivi e fisici, a cascata.  Ciascuno dei segmenti di tale processo è causale di quello che segue ma, al tempo stesso, è parte della dinamica che conduce alla sua stessa ripetizione. Ciò avviene anche per via del fenomeno del rinforzo.  I comportamenti di affrontamento delle situazioni ansiogene messi in atto, producendo un temporaneo alleviamento, o l’evitamento del rischio paventato attraverso i pensieri predittivi, confermano la validità di tutte le premesse cognitive che hanno dato luogo a quegli stessi comportamenti.

Le credenze di base disfunzionali vengono confermate nel loro valore; i sensi e i significati contenuti nelle assunzioni delle credenze intermedie vengono riaffermate; i pensieri automatici negativi sono rinvigoriti nella loro validità e nella loro automaticità; i comportamenti adottati sono ulteriormente radicati nel loro essere prassi operativa.

La ragione di tutto ciò, pur nella sua complessità, è piuttosto semplice,

Quando l’evitamento della sofferenza diventa disfunzionale

Quando l’evitamento della sofferenza diventa disfunzionale

Pubblicato da: Categorie: I comportamenti degli ansiosi sociali e delle persone timide, Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Nella cultura umana è fortemente radicata l’idea che il raggiungimento della felicità sia maggiormente disponibile evitando la sofferenza. Un tale concetto ha una sua validità nella misura in cui l’evitamento della sofferenza non dia luogo a una cognizione dogmatica e a comportamenti, da essa discendente, che determinano una sorta del “non vivere”.

Carrie Ann Baade – mare di lacrime

Portata alle sue estreme conseguenze, quest’idea conduce a un’implicita negazione della sofferenza come fattore intrinseco e propria della vita umana.  Pensare che la vita sia possibile senza patemi è come negare il principio della gravità mentre un elefante sta precipitando sulla nostra testa. Conseguenza dell’idea d’evitamento della sofferenza è l’assunzione di pensieri e comportamenti di controllo nei confronti delle esperienze.

Tali assunzioni, sono talmente considerate desiderabili, che l’attuazione di strategie di controllo attraverso pensieri e comportamenti, orientati all’evitamento della sofferenza, sono apprese e incoraggiate negli ambienti sociali e sono ampiamente divulgate nella letteratura passata e presente, nelle arti visive e persino nelle pratiche farmacologiche.

Possiamo osservare che, nella timidezza e in altre forme di ansia sociale, le strategie di controllo per l’evitamento della sofferenza, trovano applicazione assidua e sistemica. È una delle r

La commistione tra fatti, pensieri ed emozioni

La commistione tra fatti, pensieri ed emozioni

Pubblicato da: Categorie: Le emozioni, Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Già Epitteto, nel primo secolo d.C., affermava che le persone sono turbate dall’interpretazione che danno alle cose, piuttosto che dalle cose stesse. Un concetto ripreso più tardi anche dall’imperatore e filosofo Marco Aurelio. Cosa contiene di così importante, questa semplice affermazione? 

Bortolossi Walter – cerchio vortice

Da una parte ci sono i fatti puri, semplici e concreti, dall’altra c’è il nostro modo di intendere quei fatti.  Noi assegniamo sensi e significati agli eventi, alle situazioni, ai comportamenti altrui e, a questi ultimi, anche le intenzioni.  Tali attribuzioni di significati, sensi e intenzioni non sono soltanto determinate dalla nostra storia individuale, dalle nostre conoscenze e dalle nostre esperienze; dipendono anche dal nostro stato del momento in termini di umore, emozioni e sentimenti. Variano da persona a persona, ma in uno stesso individuo possono cambiare da momento a momento.

Le persone che soffrono di ansia sociale tendono a trasformare le proprie sensazioni, timori, supposizioni, impressioni, emozioni, in significati e dati oggettivi della realtà esterna.  (altro…)

Timidezza e corteggiamento, un problema con l’altro sesso

Timidezza e corteggiamento, un problema con l’altro sesso

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide

Gran parte degli individui timidi fanno i conti, nel fare o ricevere il corteggiamento, con questo loro tratto caratteriale. Questo problema si verifica, sia quando l’approccio ha, come obiettivo, il presentarsi per determinare il primo momento di contatto, sia nelle fasi in cui bisogna attuare quei comportamenti finalizzati all’essere accettati come partner.

Lawrence Alma Tadema – tra speranza e paura

I problemi di base sofferti dalle persone timide, in tali situazioni, sono principalmente quelli dell’accettazione e della competenza.  La tipologia dei pensieri automatici negativi e dei comportamenti di affrontamento, variano in funzione del ruolo sociale ricoperto in questa particolare tipologia di relazionamento a due, a seconda delle credenze che sottendono a tali problemi, e in ragione del genere sessuale. Le credenze di base che, si attivano in questi casi, sono quelle negative su di sé. Queste possono essere raggruppate in tre categorie: 

L’inadeguatezza (“non sono all’altezza”, “sono un imbranato/a”, “sono un debole”, “sono un fallito/a”, “sono un perdente”).  La non amabilità (“sono noioso/a”, “non ho niente da offrire”, “non sono un tipo piacevole”, “sono difettoso/a”).  Il non essere degni di valore (“non sono capace di amare”, “sono inutile”, “sono inaccettabile”, “sono cattivo/a”). 

Si noti che mentre nelle p

L’ansioso sociale come osservatore emotivo di sé stesso

L’ansioso sociale come osservatore emotivo di sé stesso

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Nelle forme di ansia sociale si registra un’elevata focalizzazione su sé stessi. Queste auto focalizzazioni, costituenti l’attività preminente che si svolge nel dialogo interiore, si manifestano sia sotto forma d’immagini mentali, sia come immaginazione scenica in movimento, sia nella forma verbale.

Francesco Clemente – giardino interiore

La ragione principale è probabilmente dovuta dal fatto che gli individui timidi si sentono diversi rispetto agli altri. Una tale percezione di diversità non può che fare riferimento a credenze di base disfunzionali che delineano una definizione di sé come soggetto, a vario grado e titolo, inabile nelle attività di relazione interpersonale, incapace a far fronte con efficacia a eventi e situazioni che possono prefigurare giudizio negativo altrui, essere in una condizione d’inferiorità culturale o sociale, non essere in grado di reggere la competizione, non essere persona amabile, non essere sufficientemente interessante o attraente come persona.

Il percepire sé stessi negativamente è una caratteristica fondante della condizione di persona timida, nella fobia sociale, nel disturbo evitante della personalità, e in altre forme di ansia sociale. (altro…)

Quando si vede falsità e ipocrisia intorno a sé – II parte

Quando si vede falsità e ipocrisia intorno a sé – II parte

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide
alla prima parte seconda parte

Quando, in un individuo timido, il timore diventa quasi un’ossessione, qualsiasi cosa dicano o facciano gli altri, egli lo interpreta come indirizzata alla sua persona, e non è percepita in modo generico: gli occhi, le parole e i pensieri degli altri, hanno caratteristiche ben precise, sono sfottò, sono derisioni, sono disprezzi, sono cattiverie.

Joan Mirò – osservatori

Nel momento in cui gli ansiosi sociali assumono queste logiche interpretative, anche i loro comportamenti (ciò che si dice e ciò che si fa) risentono di tale modalità percettiva, determinando un ulteriore distacco tra sé e il mondo sociale. Gli altri, che certo non hanno il potere di leggere nel pensiero altrui, sono, in un certo senso, incentivati a distanziarsi da essi. Le persone timide, loro malgrado, si escludono da sole perché sono in balia dei pensieri automatici negativi, che pervadono – sinistre – la loro mente, e delle loro paure.

Pensieri e timori che, oltre a rinforzare le credenze disfunzionali, conducono a comportamenti disadattivi.

Quando gli schemi cognitivi e i comportamenti, così delineatesi, producono i disadattamenti sociali e conseguenze derivanti, di colpo, gli altri appaiono come individui orientati a fare del male, a godere delle sofferenze altrui. I loro linguaggi e comportamenti, persino se benevoli, sono interpretati come falsità e ipocr

L’imbarazzo

L’imbarazzo

Pubblicato da: Categorie: Le emozioni

Mentre la vergogna è un’emozione che esprime la consapevolezza della propria inadeguatezza, presunta o vera che sia, l’imbarazzo è un’emozione che significa un disagio a seguito di un proprio comportamento, attuato sotto gli occhi di altri, e considerato dal soggetto stesso come inaccettabile o inopportuno.

Enrico Baj – Adamo ed Eva

Essendo l’imbarazzo, una funzione collegata ai contesti sociali, esso si manifesta solo e soltanto alla presenza degli altri. Il comportamento può essere percepito come infrazione alle regole solo se esiste un contesto sociale in cui essa si manifesta. La funzione strutturale dell’imbarazzo, che è un’attività simpatica del sistema nervoso autonomo, è quella di segnalare una trasgressione di norme sociali, indipendentemente se queste siano reali o temute.

Le persone timide, avendo i problemi di base dell’accettazione sociale e/o della competenza, sono caratterizzati da una marcata tendenza alla focalizzazione su sé stessi, quindi dirigono spesso l’attenzione sui loro comportamenti in pubblico. 

Questa propensione auto focalizzatrice induce il soggetto timido ad assumere il preminente ruolo di giudice severo, oltre che di osservatore, dei propri comportamenti, pertanto li compara a quelle che egli ritiene siano norme sociali o pensa che gli altri le considerino tali. Giacché gli individui timidi hanno sempre la sensazione di sent

I pensieri nell’ansia sociale e della timidezza

I pensieri nell’ansia sociale e della timidezza

Pubblicato da: Categorie: Il sistema cognitivo

La nostra memoria, sia le nostre elaborazioni dei dati di conoscenza, si manifestano attraverso il pensiero.

Umberto Boccioni – Stato mentale 3

Il pensiero non si estrinseca solo nella forma verbale, che sicuramente è la più comune, esso si esprime anche in forma di immagini mentali fisse o dinamiche o in forma di atto di coscienza.  Qualunque sia la forma in cui si esprime, la sua direttività dipende, in massima parte, dal problema di base che insiste nel soggetto, e cioè l’ accettazione, la competenza e il controllo. La sua funzione è, invece, legata sostanzialmente alla gerarchia tra i diversi livelli in cui si colloca il pensiero. Le sue caratteristiche, infine, si determinano in ragione della funzione e della direttività. I pensieri espressione delle credenze di base, si esprimono in forma sintetica, perentoria, dichiarativa, incondizionata, descrittive delle proprie prerogative, o di quelle degli altri (per esempio, “sono un perdente”, “sono un essere inferiore”, “sono un debole”, “sono stupido”). Se andiamo ad analizzare i pensieri espressione delle credenze intermedie, vediamo che si esprimono in diverse forme. Ci sono i pensieri regolanti che stabiliscono norme e doveri comportamentali, regole cui bisogna attenersi per operare nel rispetto delle credenze di base (ad esempio, “devo essere il migliore”, “devo fare le cose in modo perfetto”, “non devo c