L’ansia, funzione e problematicità – 2° parte

L’ansia, funzione e problematicità – 2° parte

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Seconda Parte Alla prima parte

Un aspetto che va considerato, è che l’evoluzione sociale e tecnologica dell’uomo ha reso l’ansia un fenomeno problematico. Se in epoche primitive l’ansia, come fenomeno insito nelle specie animali, poteva rappresentare il confine tra la vita e la morte in determinate situazioni, con la formazione delle città, delle civiltà, dell’organizzazione articolata della società, con l’evoluzione tecnologica e con lo svilupparsi della complessità delle relazioni umane, l’ansia viene ad essere, per qualche verso inadeguata, per altri ancora fortemente adattativa. Tale problematicità risulta evidente proprio nelle forme di ansia sociale, in cui le paure e le intensità dell’ansia non sono giustificate dalla reale pericolosità cui si riferiscono.  L’ansia può scaturire anche da una minaccia che non costituisce un pericolo reale, ma è il risultato di valutazioni esagerate o errate prodotte dai processi cognitivi. 

Joan Miro – La finestra di avviso

In questi casi, come osserva Beck, l’esperienza dell’ansia non ha modo di essere bloccata. Ciò è quanto si verifica nelle manifestazioni delle varie forme dell’ansia sociale. 

Nella timidezza, nell’ansia da prestazione o di parlare in pubblico, nell’ansia da esame, ad esempio, il senso di vulnerabilità, le previsioni negative degli esiti e delle loro conseguenze, assumono sempre il caratter

L’ansia, funzione e problematicità – 1° parte

L’ansia, funzione e problematicità – 1° parte

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Prima Parte

Quando parliamo di sofferenze che hanno in comune la caratteristica di manifestarsi attraverso i sintomi dell’ansia fisiologica, ci riferiamo alla categoria dell’ansia sociale che acquisisce tale denominazione proprio per questa peculiarità.

Ma cos’è l’ansia? 

Joan Mirò – il lacerato

Per rispondere a questa domanda farò una breve premessa riguardante qualche aspetto neurologico. Ogni organismo è strutturato per mantenere in equilibrio (omeostasi) le proprie caratteristiche al variare delle condizioni esterne. Questa strutturazione è garantita dal sistema nervoso autonomo che si suddivide in sistema simpatico e parasimpatico. Questi due sottosistemi interagiscono tra loro in modo complementare. Il sistema simpatico costituisce una risposta “somatica” alle situazioni di stress o emergenza, quello parasimpatico -al contrario  – punta a conservare le risorse dell’organismo e a ristabilire l’omeostasi.  (altro…)

La paura – Seconda parte

La paura – Seconda parte

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Seconda parte alla prima parte

Essendo un fenomeno di origine cognitiva, la paura non è prodotto dall’evento in sé, ma dall’attribuzione di significato che gli viene conferito e dalla valutazione previsionale di ciò che ne può scaturire. È proprio in questo che possiamo misurare, la differenza tra un ansioso sociale e una persona normale, nell’importanza che l’individuo attribuisce all’evento, indipendentemente dalla sua natura.  Maggiore è l’importanza attribuita al significato dell’evento, maggiore è l’intensità della percezione di pericolo, maggiore è il livello di paura, maggiore è anche l’intensità dell’ansia che ne consegue.

alvador Dalì – l’eco del vuoto

Percepire un pericolo come certo o imminente implica indirizzare l’attenzione cognitiva sulle conseguenze negative delineate dall’attività previsionale. Nelle varie forme di ansia sociale in cui il fulcro della sofferenza è collegata al mondo delle relazioni con gli altri, i valori primari sono quelli dell’essere ammirati, amati, desiderabili, accettati. Pertanto, gli eventi che assumono grande importanza, nella definizione del livello di rischio, sono quelli in cui entrano in gioco il pericolo del rifiuto, dell’essere ridicolizzati, dell’andare incontro alla disapprovazione altrui, dell’insuccesso, dell’apparire sciocchi, incapaci, deboli, di produrre reazioni negative altrui.

La paura – Prima parte

La paura – Prima parte

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Prima parte

Da un punto di vista fisiologico, la paura è attivata dall’amigdala che, come sappiamo, è una struttura specializzata nelle emozioni.  L’amigdala è una sorta di archivio di memoria delle emozioni e del significato degli eventi a esse collegate, è il nucleo valutativo degli stimoli in entrata e dunque delle esperienze emotive. Ma è anche una centrale d’allarme, è come se, a ogni percezione, si chiedesse: “si tratta di qualcosa di pericoloso?”, “Nella mia memoria risulta che sia qualcosa di cui temere?”, “È qualcosa di spiacevole o che detesto?”. Se a queste domande la risposta è affermativa, l’amigdala invia l’allarme in varie direzioni nel cervello, stimola la secrezione di ormoni per innescare una reazione di difesa, attiva varie altre parti e apparati del corpo.  Ma veniamo al punto di vista che ci interessa più da vicino, quello cognitivo. 

Albrecht Durer – uomo disperato

Quando siamo sottoposti a uno stimolo, interno o esterno, materiale o immateriale, la nostra mente lo acquisisce come elemento di conoscenza, se il processo cognitivo lo valuta come fattore di rischio concreto, di pericolo al dominio personale, subentra la paura. Essendo attinente al dominio personale, il pericolo percepito è quello arrecato alla propria persona, che può essere materiale o immateriale, diretto o indiretto, fisico, economico, affettivo, eccetera. Anche se apparti

Timidezza e bisogno di controllo

Timidezza e bisogno di controllo

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

Come avrete notato, da alcuni mesi, sto trattando di aspetti specifici e particolari, tipici delle forme di ansia sociale e dei disturbi dell’umore. Tutti questi aspetti, come quello di cui tratterò oggi, sono operativi nei comportamenti e sono impliciti in gran parte dei pensieri. In comune hanno il fatto di non raggiungere uno stadio di consapevolezza e nemmeno di coscienza, in parole povere, i soggetti ansiosi, e quindi anche le persone timide, non hanno la benché minima idea che nella loro mente vi siano di queste dinamiche mentali, né si rendono conto che i loro comportamenti obbediscono alle leggi di tali dinamiche.

Giorgio Celiberti – uccello nella gabbia

Le persone afflitte dall’ansia sociale non fanno altro che tentare di proteggersi da quelle che considerano le conseguenze nefaste di ciò che sono convinti di essere, o delle carenze che ritengono di avere.

Le credenze disfunzionali, e cioè, quelle che ho più volte definito come interpretazioni emotive della realtà, condizionano a tal punto la vita pratica dei soggetti timidi e degli ansiosi sociali, da rendere la loro esistenza, una sorta d’incubo romanzato. 

Queste inducono a percepire gli eventi, in qualità di soggetto sociale, come una selva piena d’insidie: pericoli, rischi, considerati o vissuti emotivamente come futuro prossimo e remoto certo e inesorabile. Le attività cognitive previsionali delle pe

Timidezza e motivazione

Timidezza e motivazione

Pubblicato da: Categorie: Funzionamento fisico della psiche e della mente, I problemi delle persone timide

La motivazione è un processo in cui si organizza una configurazione di esperienze e azioni finalizzate a un determinato scopo e in relazione a date condizioni interne o ambientali.

Esse hanno a che fare con le ragioni per le quali una persona pone in essere determinati comportamenti per raggiungere l’oggetto del proprio obiettivo. Non entrerò nel merito delle varie teorie sulla motivazione poiché ciò esula dagli intenti di quest’articolo, a noi interessa la relazione tra ansia sociale e motivazione.

Marc Chagall – pittore alla luna

Gli scopi possono essere orientati verso l’ottenere o evitare un determinato risultato, possono anche essere abbandonati qualora i mezzi disponibili non permettono il loro raggiungimento. Questi due fattori sono presenti frequentemente nel comportamento dell’ansioso sociale.

Le persone timide sono permeate da pensieri che soggiacciono a determinate credenze disfunzionali, le quali fanno riferimento a idee negative riguardanti sé stessi, gli altri, il mondo inteso come consesso sociale.

Ciò significa che la timidezza induce a percepire sé stessi come soggetti gravemente carenti in determinate abilità sociali, capacità di far fronte efficacemente a certe situazioni, in amabilità o attraibilità o accettabilità come soggetto fisico o come persona; a percepire gli altri come soggetti gravemente carenti o fortemente dotati  negli stessi

Timidezza e condizionamento

Timidezza e condizionamento

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide

Ciò che produce i comportamenti timidi, sono i pensieri che vengono in mente nelle situazioni in cui ci si sente esposti al giudizio negativo degli altri, o ci si percepisce non adeguati, a vario titolo, a far fronte agli stimoli insiti in quelle circostanze.  Tali condizioni mentali sono poi rafforzate dall’insorgere dell’ansia fisiologica o da emozioni come la paura, la vergogna, l’imbarazzo. Tutti questi fenomeni hanno in comune il fatto di essere associati al rischio, al pericolo.

Rene Magritte – I sei elementi

La timidezza scaturisce dall’ interpretazione emotiva e non oggettiva, non solo degli eventi, ma anche nel percepire sé stessi e gli altri. La realtà è dunque letta, sulla base d’informazioni viziate dall’assunzione di dati di conoscenza acquisite in condizioni emotive, che falsano o deviano l’interpretazione delle esperienze. La persona timida ha alle spalle una storia di ripetizione di associazioni che generano comportamenti condizionati: (altro…)

Cos’è l’ansia sociale

Cos’è l’ansia sociale

Pubblicato da: Categorie: Le comorbilità, Tipologie delle ansie sociali e cosa sono

Timidezza, fobia sociale e disturbo evitante della personalità hanno caratteristiche che sfumano spesso l’una nell’altra, sia per la tipologia delle paure, sia per la tipologia dei comportamenti che vengono posti in essere.

Paul Gauguin- les miserables

Benché queste forme di sofferenza differiscano tra loro per intensità, quantità e qualità dei fenomeni comportamentali e cognitivi che li caratterizzano, sono sovente considerate sinonimo l’uno dell’altro, soprattutto per quanto riguarda la timidezza e la fobia sociale. Queste forme di sofferenza presentano, un comune gruppo di elementi cognitivi centrali, come la paura del giudizio altrui e la sottovalutazione dei propri mezzi in termini di capacità, abilità e attraibilità. Nel DSM IV (manuale diagnostico dei disturbi mentali e della loro catalogazione) la dizione “disturbo d’ansia sociale” è utilizzata come alias di “fobia sociale”, ma il fatto che forme di disagio, come timidezza, fobia e disturbo evitante della personalità, abbiano in comune diversi fattori, spiega perché molti autori e ricercatori ricorrono alla locuzione “ansia sociale” come indicazione di una categoria più ampia, all’interno della quale, queste, possono essere distinte per mezzo di quegli aspetti che le diversificano.

Andrè e Legeron, ad esempio, considerano la categoria dell’ansia sociale come un continuum che va dalla semplice normalit

Paura del rifiuto e timore del fallimento

Paura del rifiuto e timore del fallimento

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Molti modi dell’agire delle persone timide pregiudicano le loro possibilità di relazione interpersonale, in primo luogo gli evitamenti, ma anche comportamenti impacciati o di fuga. Nella determinazione finale di tali comportamenti concorre, da un lato il subentrare dell’ansia, dall’altro la manifestazione delle emozioni, di cui la paura ne è l’espressione principale: fondamentalmente del rifiuto e del fallimento.

S. Dalì – segnali di angoscia

Nel mondo dei pensieri degli individui timidi, i timori del rifiuto e del fallimento tendono a intrecciarsi e a essere vicendevolmente, l’uno, conseguenza dell’altro: si può essere rifiutati perché si è falliti, e si può fallire perché rifiutati. 

Ciò implica che ci sono due modalità attraverso cui il soggetto timido si rapporta all’esterno: la focalizzazione prevalente introversa e quella prevalente estroversa. Se il timore del fallimento muove principalmente in direzione delle percezioni negative di sé, la paura del rifiuto si riferisce in primo luogo a come gli altri ci percepiscono. Con la paura del fallimento, l’individuo si auto pone in balia di sé stesso, delle proprie inabilità o incapacità e gli altri appaiono come enti operanti di seconda istanza; nel timore del rifiuto, la logica si capovolge, l’altro diventa l’elemento centrale da cui discendono valutazione e giudizi

L’inibizione ansiogena nella timidezza e nell’ansia sociale

L’inibizione ansiogena nella timidezza e nell’ansia sociale

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Benché le ansie sociali, e quindi anche la timidezza, siano disagi di natura cognitiva, la loro percezione e/o riconoscimento avviene per mezzo dei fenomeni che le esternalizzano, cioè dai comportamenti, attuati da chi ne è afflitto, intendendo per comportamento, tutto ciò che si fa e si dice. Tuttavia l’ansioso sociale ne acquisisce coscienza anche per i flussi emotivi interni che vive e per i sintomi d’ansia non percettibili esternamente.

Alberto Sughi – andarsene

In questo quadro di riconoscibilità della manifestazione di tali forme di disagi s’inseriscono buona parte delle inibizioni ansiogene. Ma cos’è l’inibizione ansiogena?

La possiamo definire come un fenomeno di origine cognitiva, generato da una valutazione di pericolo che determina emozioni negative, che si manifesta con forme di blocco mentale, censura, limitazione o impaccio nei comportamenti.

È anche descrivibile come una manifestazione d’ansia a seguito dell’insorgenza della paura.  Da un punto di vista neurologico, vede coinvolto principalmente il sistema limbico, con l’amigdala che attiva le emozioni e l’ipotalamo che prepara l’organismo alla fuga. In termini pratici, agisce come fattore di ostacolo al normale svolgimento delle attività cognitive di elaborazione, impedimento o freno di flussi alla coscienza di conoscenza e memoria, di disturbo dei processi affettivi, d’intralcio alle