Essere asociale nell’ansia sociale

Essere asociale nell’ansia sociale

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide
Spesso utilizziamo il termine “asociale” in modo improprio, nel senso che tale parola afferisce a un individuo insensibile ai fatti, ai problemi e alla vita sociale, non interessato per nulla alla socialità.

Lucia Schettino – La caduta delle mie forze

La persona afflitta da ansia sociale aspira a una socialità piena, soffre per il senso di non appartenenza o nel percepire sé stessa come appartenente in modo precario. Il suo problema, sta nella difficoltà che incontra nell’interagire con gli altri. 

I suoi tentativi di relazionarsi si risolvono, generalmente, in un insuccesso dovuto all’adozione di comportamenti non funzionali al relazionamento sociale, oppure al condizionamento dovuto all’ inibizione ansiogena. In questo modo, la persona timida, accumula sequenze anche consecutive d’insuccessi, e ciò produce sentimenti negativi, dolore per la non appartenenza, l’idea di un sé come fallito o incapace, l’idea degli altri come indisponibili e respingenti. Dunque, da una parte si convince di non essere abile o capace, che si traduce con un giudizio negativo su sé stessa all’insegna del concetto del fallimento; per un’altra parte percepisce gli altri come distanti e non ben disposti; per altra parte ancora egli vive, nella sua emotività, lo scoramento, il senso di impotenza, l’ineluttabilità della propria condizione, la solitudine.

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Percepirsi asociale

Percepirsi asociale

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“Divento sempre più asociale”, “mi sento un asociale, non sono mai riuscita/o a integrarmi”, “l’apatia  mi rende asfittica/o”, “sono un asociale, infatti, sono uno sfigato”, “sono una persona che non socializza”, “sono sempre sola/o, davvero un asociale”, “non riesco a relazionarmi agli altri”.

Giampaolo Ghisetti – incomunicabilità

Sono alcuni dei modi di descrivere il percepirsi come persona asociale. Talvolta, le persone timide sono tacciate come tali, ciò accade anche per tanti individui afflitti da altre forme di ansia sociale.

Spesso, si fa confusione sull’uso stesso di questa parola.  L’asociale è, per definizione, un individuo insensibile ai problemi, alle occorrenze, ai bisogni che si manifestano nella vita sociale degli altri.

Si tratta di un’insensibilità che corrisponde a una precisa scelta volontaria del soggetto, una scelta non indotta da problemi d’interazione, ma da vero e proprio disinteresse personale verso gli altri, egli non è materialmente interessato. L’ansioso sociale, quindi anche la persona timida, ha esigenze completamente opposte all’asociale. Aspira ad avere una vita sociale, avverte un profondo bisogno di appartenenza, di essere e sentirsi parte della comunità e di poterne avvertire l’accettazione. Lo stato di emarginazione, di marginalizzazione, d’isolamento verso la vita sociale e di solitudine, è

Timidezza e asocialità

Timidezza e asocialità

Pubblicato da: Categorie: I problemi delle persone timide

Il coping, cioè, la strategia cognitiva e comportamentale utilizzata da una persona per far fronte ai problemi derivanti dal relazionamento sociale, cui fanno maggior ricorso le persone timide e gli afflitti dalle altre forme di ansie sociali, è il comportamento evitante. 

Aba Novak Vilmos – composizione eremiti

La mancanza o carenza di una vita sociale, ne è una delle conseguenze più invalidanti per la gestione delle relazioni interpersonali. In realtà, per definizione, il vero asociale è una persona totalmente insensibile ai problemi e alla vita degli altri. Al contrario il timido non fa vita sociale perché è bloccato dai suoi problemi a relazionarsi con gli altri.

Nella timidezza, la non socialità non ha una valenza culturale, ideologica o classista; è un comportamento sociale, generato da risposte emotive e ansiogene, a situazioni che inducono valutazioni cognitive, elaborate sulla base di pensieri previsionali e credenze disfunzionali negative.

Il soggetto timido che viene a trovarsi imbottigliato in questa condizione che è, al tempo stesso, sociale, cognitiva ed emotiva, è un individuo profondamente demotivato. Egli vive il ripetersi degli insuccessi, nei suoi tentativi di relazionarsi agli altri con efficacia, o come fallimento radicale della propria persona, oppure come risultato del cinismo o indisponibilità che esprime la società umana. Nel primo caso, l’id

Quando il timido dice: sono asociale

Quando il timido dice: sono asociale

Pubblicato da: Categorie: Modelli cognitivi e metacognizioni nel pensare degli ansiosi sociali

La sopravvalutazione del rischio, la paura e l’ansia che ne conseguono e i comportamenti che ne derivano, conducono l’ansioso sociale a un atteggiamento fortemente critico verso sé stesso, a un giudizio di auto svalutazione di determinate abilità o capacità.

Amy Kollar Anderson – vision

L’individuo timido misura le proprie competenze sociali soprattutto sulla base dei propri insuccessi che, per la maggior parte dei casi, derivano dai propri comportamenti di sicurezza, da quelli evitanti, di auto estraniazione, di rinuncia, di fuga. 

Riassumiamo sinteticamente la dinamica. Di fronte a una situazione ansiogena, il suo processo cognitivo, attinge dati di conoscenza da propri modelli interpretativi della realtà che sappiamo essere disfunzionali e, le cui definizioni del sé, relativamente a quella specifica tipologia di eventi, delineano configurazioni orientate verso i concetti di inabilità o incapacità. Questo produce previsioni orientate a una valutazione negativa degli effetti e delle successive conseguenze. La percezione del rischio acquisisce maggior valore probabilistico fino anche a diventare una certezza. La mente è pervasa dai pensieri automatici negativi. L’ansia, che svolge la sua funzione istitutiva, che è fondamentalmente inibente, prende il sopravvento. L’accresciuta valutazione del rischio e l’incalzare dell’ansia, inducono i soggetti timidi a mettere in atto